La maledizione del sangue
Apr. 4th, 2023 12:33 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
M5: l’inizio della fine
Izuku non conosceva il fanciullo che era riflesso nella specchiera.
C’era qualcosa di sconosciuto nel verde di quegli occhi - troppo cupi per essere i suoi - c’era qualcosa di sbagliato nelle linee che disegnavano il suo viso - troppo dure per i suoi lineamenti dolci. Le lentiggini erano ancora al loro posto, offrendo alla sua immagine un’ultima pennellata d’innocenza. Stonavano così tanto con tutto il resto: gli abiti regali, i capelli pettinati quanto bastava perché la corona dorata fosse ben poggiata sulla sua testa.
Izuku Midoriya era stato un bastardo per tutta la vita, e a riprova di ciò aveva da sempre portato il cognome di sua madre, anche quando suo padre era caduto e metà dei popoli e dei grandi signori lo avevano reso Principe per dare inizio a una guerra civile contro il vero erede del Re Demone. Non si era mai considerato all’altezza dei suoi nobili natali e, per una volta, non per mancanza di fiducia in se stesso ma perché se Izuku aveva mai provato risentimento, era stato proprio per il sangue maledetto degli Shigaraki che scorreva nelle sue vene.
Non aveva potuto scegliere di essere il figlio illegittimo di Hisashi Shigaraki, ma era stata una sua volontà divenire erede di Toshinari Yagi e del potere di One For All. Quello del Protettore della Pace, dei regni e di tutti i popoli era il ruolo che aveva scelto di cucirsi addosso e ci aveva creduto, ci aveva creduto davvero, anche quando la guerra lo aveva fatto Principe per un bene superiore, innalzandolo al livello di Katsuki e Shouto.
Era riuscito ad aggrapparsi all’ingenuità dei suoi anni per un po’, convinto che non vi fossero bandiere in quella guerra all’infuori di quelle del bene o del male. Ma il lusso di vedere solo in bianco e nero lo aveva perso nel momento in cui i mostri e gli eroi che lo avevano spaventato e rassicurato durante la sua infanzia si era tramutati in persone.
Tenko, con cui aveva condiviso la vita nello stesso modo in cui aveva fatto con Katsuki, era divenuto sua nemesi e nemico e quando il mondo intorno a lui gli aveva urlato di sconfiggerlo, Izuku aveva compiuto il miracolo e lo aveva salvato. Ma la favola finiva lì.
Non era l’eroe di una bella storia quello che Izuku vedeva riflesso nello specchio, ma un Re. Perché il sangue degli Shigaraki poteva essere una maledizione che non si era scelto, ma le responsabilità che esso implicava erano altrettanto innegabili. Izuku non poteva porsi al di sopra di ogni bandiera e rendersi incarnazione di un eroe ideale, senza catene. Sfuggire alla sua eredità non avrebbe fatto del bene a nessuno.
La corona degli Shigaraki apparteneva a lui quanto a Tenko e se c’era un modo per porre definitivamente fine al dominio di quel padre Demone che li aveva condannati entrambi era proprio indossandola insieme.
La porta del salone si aprì, distraendolo dalla contemplazione critica del suo riflesso e dai suoi pensieri. Izuku ebbe appena il tempo d’incontrare gli occhi di Tenko, prima che quest’ultimo si voltasse e tornasse sui passi.
“Tenko!” Lo chiamò il fanciullo, andandogli immediatamente dietro.
Il maggiore fu sordo al suo richiamo e proseguì a passo spedite lungo il corridoio.
“Tenko, aspetta!”
“Non voglio parlarti, Izuku!”
“Allora lascia parlare me!”
Sebbene quegli abiti regali non lo agevolassero affatto nei movimenti, Izuku riuscì a fare uno scatto in avanti bloccando la strada a quello che il mondo aveva identificato come la sua nemesi. Non lo era.
“Non possiamo…” Izuku s’interruppe per riprendere fiato. “Non possiamo continuare a scappare.”
Tenko lo squadrò da capo a piedi.
“Mi sembra evidente che tu abbia smesso, alla fine,” disse, sarcastico. “Alla fine, il fascino del potere ha corrotto anche il tuo cuore gentile.”
“Parli di questa?” Izuku si tolse la corona dorata dalla testa. “Non so che farmene!” Esclamò, gettandola per terra, neanche fosse un ferro vecchio senza valore.
Tenko abbassò lo sguardo per guardarla rotolare sul pavimento, fino alla parete.
“E so che lo stesso vale anche per te,” aggiunse Izuku con voce più gentile.
Il maggiore riporto gli occhi sui suoi: erano di nuovo grigi e i capelli stavano tornando del loro nero naturale. Più Tenko prendeva le distanze dall’oscurità del Re Demone, più tornava a essere il ragazzino che era cresciuto insieme a Izuku.
“Non hai mai voluto il potere, non davvero,” disse il sedicenne, avvicinandosi di un paio di passi. “Volevi solo che sofferenza finisse e hai pensato che non vi fosse altra via d’uscita che non fosse distruggere ogni cosa, compreso te.”
“Ho ucciso il tuo promesso sposo,” gli ricordò Tenko, gelido. “Che cosa ci fai qui?”
Izuku non allontanò lo sguardo dal suo viso nemmeno allora.
“Kacchan sta bene,” disse. “Sai benissimo che sta bene. Non usare quella carta per farti odiare, non servirà.”
Le labbra di Tenko si piegarono in un sorriso derisorio.
“E lui cosa ne pensa della tua ostinazione nel volermi salvare?”
Izuku non rispose.
“Oh…” Tenko intuì che il Principe dei Draghi non doveva essere molto felice di sapere la sua Anima Gemella lì, con lui. “Il tuo uomo non approva, vero? Non che possa biasimarlo. La tua insistenza è quasi folle.”
“Non ho bisogno d’insistere su qualcosa che ho già ottenuto,” ribatté Izuku. “La guerra civile è finita, tu sei vivo e libero dall’influenza del Re Demone.”
“Ma non sono tuo alleato.”
“Perché sei uno stupido!” Sbottò Izuku, senza paura. “Chi ci ha fatto del male è ancora là fuori e presto ci attaccherà.” Si avvicinò di un passo ancora. “E tu cosa vuoi fare, Tenko? Vuoi passare il resto dei tuoi giorni chiuso in questo castello, a fingerti pazzo, dandogliela vinta?”
“E chi ti dice che finga?” Tenko poteva star tornando il vecchio se stesso, ma questo non gli impediva di essere inquietante quando voleva. “La pazzia è una strana forma di libertà, sai? Una volta che lo capisce, perché disturbarsi a dare retta alla ragione?”
Izuku si azzardò a toccarlo, stringendogli il lembo del mantello nero.
“Perché non ti sei mai arreso,” disse, fermo. “Perché ti sei liberato da solo del controllo del Re Demone e questo… Questo deve avere qualche significato.”
Tenko contrasse la mascella.
“Lo odio almeno quanto lo odi tu,” disse. “Non è un segreto, non lo è mai stato. Nemmeno per lui. È sull’odio che ho basato tutta la mia rivoluzione, esattamente come quel bastardo traditore di un Todoroki.”
“Touya non ti ha tradito,” ribatté Izuku. “Ti ha salvato la vita. Senza di lui e i vostri amici, non saremmo riusciti a fare molto.”
“E ora dov’è?” Era la prima volta che Tenko s’interessava del destino del suo vecchio compagno. “Lo hanno recluso a Tartarus o suo padre lo ha rinchiuso in qualche torre remota non so dove? Quando ha cominciato a dare segni di squilibrio mentale, ha fatto lo stesso con sua moglie, no?”
“Touya è tornato a casa.”
“Oh, arresti domiciliari, comodo.”
Izuku scosse la testa.
“Enji è stato ferito gravemente nell’ultima battaglia,” raccontò Izuku. “Non si è ancora ripreso, i curatori non si sbilanciano su come potrebbe finire.”
Tenko inarcò il sopracciglio destro.
“E dov’è Touya?”
“Con Shouto, a fare quello che deve,” concluse Izuku.
Ci fu un lungo minuto in cui il maggiore si limitò a fissarlo, allibito.
“Non ci posso credere…” Sibilò Tenko, superando il sedicenne per continuare la sua marcia furiosa lungo il corridoio.
“Il Re Demone ha toccato Shouto!” Esclamò Izuku, seguendolo. “Che altro avrebbe dovuto fare?”
“Sì, Izuku, intratteniamo una conversazione su quanto protettivo e amorevole sia Touya Todoroki come fratello!”
“Touya è uno dei condottieri che ha vinto la guerra. Il suo popolo lo ha acclamato come un eroe… Ti vuoi fermare?”
Tenko lo fece, ma solo per ridergli in faccia.
“Un eroe?” Ripeté. “Aspetta che uccida suo padre nel sonno o che dichiari il minore dei fratelli come suo sposo e poi potremo parlare delle sue imprese eroiche.”
Izuku reclinò la testa da un lato.
“Che cosa t’infastidisce, Tenko?” Domandò, con una nota di cattiveria che solo in pochi sapevano appartenergli. “Che Touya stia continuando a scrivere la sua storia, mentre tu te ne stai rinchiuso in questo castello?”
“Vai all’inferno, Izuku!”
“Ci siamo già stati all’inferno!” Ribatté il fanciullo. “Ci siamo nati all’inferno…” Aggiunse, a voce più bassa.
Tenko non replicò. Restò a guardarlo mentre tornava sui suoi passi e recuperava la corona da terra. Izuku non la indossò, si limitò a tenerla tra le mani.
“C’è stato un tempo in cui credevo che nessuno potesse comprenderti quanto me,” confessò, guardando l’oggetto dorato tra le sue mani. “Siamo cresciuti insieme, non ho un ricordo in cui non si sei tu. È stato superbo da parte mia pensare che bastasse.” Si umettò le labbra e cercò di nuovo gli occhi grigi dell’altro. “Io non ho sofferto quello che hai sofferto tu. E mi dispiace… Mi dispiace infinitamente, Tenko.”
“Non so cosa farmene del tuo dispiacere o di qualunque altro sentimento tu dica di provare per me.”
“Lo so.” Izuku gli andò vicino. “Però so anche un’altra cosa: la sua fine comincia nel momento in cui smettiamo di farci la guerra per combattere insieme.”
Tenko trattenne il respiro per un istante, ma fu bravo a non darlo a vedere.
“Non ha mai voluto un erede, non nel modo in cui lo intende qualsiasi altro Re,” continuò Izuku. “Il suo stesso sangue si è già ribellato a lui una volta. Se ha amato qualcuno, quel qualcuno è stato Yoichi. Nel suo modo oscuro e malato, certo, ma era un sentimento vero. Un sentimento che lo ha ferito per sempre. Non si è più permesso di provarne altri. Non siamo mai stati figli per lui.”
Tenko inspirò profondamente dal naso.
“Non ho bisogno che sia tu a dirmi questo,” disse. “Non ho mai cercato il suo amore e nemmeno tu.”
“Ma ho cercato il tuo,” disse Izuku, con le lacrime agli occhi. “Io ho avuto mia madre, ho avuto AllMight,” ingoiò aria dalla bocca. “Ho avuto Kacchan. Ma avevo anche te… Ti avevo, anche se tu non mi volevi. Ti ho voluto bene… Ti voglio bene, Tenko.”
Ma l’altro non lo guardava più, gli occhi grigi fissi su una delle finestre che dava sulle montagne.
“E quando Touya ha scelto Shouto ed è tornato a casa, ho pensato che…” Izuku strinse le labbra e si asciugò alcune lacrime galeotte con il dorso della mano. “Non so come, non so quando e non so se sia grazie a Shouto, ma lui è riuscito a vedere qualcosa oltre le tenebre dell’odio…”
“E quanto vuoi che duri?” Domandò Tenko, realista suo malgrado. “La sua luce è un legame incestuoso che condannerà per sempre lui e il resto della sua famiglia.”
“Ma ha scelto Shouto lo stesso.”
“Certo, così può rovinare la sua Casata per sempre. Il suo piano originale non è cambiato, ha solo mutato forma… Bastardo…”
“Tenko…” Izuku gli afferrò il polso e gli occhi grigi tornarono sui suoi. “Touya e Shouto sono liberi. Questo non significa che sia facile, ma sono liberi. Possiamo esserlo anche noi.”
Se non fosse stato tanto stanco, Tenko lo avrebbe spinto via con forza e con altrettanta lo avrebbe rifiutato a parole. Sarebbe stato un guizzo d’orgoglio e rabbia fine a se stesso. Alla fine della storia i fatti erano chiari: Touya era andato avanti e aveva vinto tutto, Tenko continuava a crogiolarsi nella propria oscurità, sconfitto, senza andare da nessuna parte.
“Sei destinato a grandi cose, Izuku,” disse, senza risparmiarsi una nota di disprezzo. “Sposerai Bakugou Katsuki in quanto Principe della Casata Shigaraki. Questo porterà all’unione di due delle tre grandi famiglie discendenti dagli Antichi Draghi. Non c’è futuro per i Todoroki e non sono io a dirlo, questo è il desiderio di Touya e Shouto. I figli tuoi e di Katsuki domineranno il mondo. Perché rimanere legato a me e perdere tutto?”
Izuku sbuffò, come se stesse per ribadire un concetto per l’ennesima volta.
“Perché io non devo scegliere tra te e Katsuki!” Esclamò, esasperato. “Il sangue degli Shigaraki è una maledizione solo finché diamo a lui il potere di renderlo tale, ma è lo stesso sangue che lega me e te. Rendiamolo qualcosa di diverso, Tenko.”
“E quale sarebbe il mio obiettivo?”
“Sceglilo,” rispose Izuku. “Ora puoi farlo.”
Tenko abbassò lo sguardo sulle dita del sedicenne, ancora strette intorno al suo polso, poi alzò lo sguardo sulla corona che reggeva con la mancina.
“Non voglio essere il suo erede,” disse. “Non so altro, per ora.”
“Non lo saremo,” promise Izuku. “La storia della Casata degli Shigaraki ricomincerà con noi. Te lo prometto.”
Tenko rivide Touya settimane dopo, alla Corte dei Todoroki, di fronte all’ingresso della sala del trono. Non appena il maggiore dei Principi Shigaraki aveva accettato di divenire alleato della Resistenza contro il Re Demone, il grande meccanismo della diplomazia aveva cominciato a muoversi. Le Tre Casate del Drago dovevano rinnovare i patti di lealtà reciproci e il miglior modo per farlo era una serie di eventi che rinfrancasse gli animi dalle brutture della guerra, sottolineando il sentimento di amicizia che univa i Todoroki, i Bakugou e gli Shigaraki.
L’unione di queste due ultime dinastie attraverso il matrimonio di Katsuki e Izuku sarebbe stata la conclusione perfetta di quel capitolo di storia delle Terre del Drago.
Dopo la miracolosa guarigione di Re Enji, il Castello dei Todoroki si era presentato come il teatro migliore per dare inizio a quella stagione di festeggiamenti.
In quanto guidatori della rivoluzione che aveva portato alla guerra civile, Touya e Tenko sarebbero stati annunciati alle corti ed entrati nella sala del trono insieme.
Quando quest’ultimo giunse di fronte al grande portone chiuse, il giovane Todoroki era già lì, occupato ad aggiustarsi il polsino del completo nero. Fece difficoltà a riconoscerlo e a giudicare dal modo in cui Touya lo guardò, dovette valere lo stesso anche per lui.
Devono essere i capelli neri, pensò Tenko, affiancandolo senza dire una parola e mantenendo una distanza di sicurezza di più di un metro. Tenne gli occhi grigi fissi sulla grande porta chiusa, mentre Touya continuava a fissarlo.
“Pensi di continuare ancora per molto?” Domandò Tenko, esasperato.
Quando rispose all’insistenza di quegli occhi turchesi, Touya storse la bocca in un ghigno divertito.
“Ti hanno ripulito alla grande,” commentò.
“Tu, invece, sei guarito miracolosamente,” ribatté il giovane Shigaraki. Ustioni come quelle del primogenito dei Todoroki non sparivano in poche settimane senza l’intervento di una forza al di sopra dell’umana comprensione. “Ora capisco il motivo per cui il potere delle Anime Gemelle è tanto invidiato.”
Touya tornò serio e prese a guardare di fronte a sé.
Fu il turno di Tenko di ghignare.
“Ho toccato un nervo scoperto?”
“Ti sarei grato che se questo argomento non venisse toccato di fronte a tutte e tre le Casate del Drago,” disse Touya, simulando un sorrisetto dalle sfumature inquietanti. “Non vorrei far saltare i piani della Resistenza con la tua prematura dipartita.”
Tenko alzò gli occhi al cielo.
“Sentitelo, il suo fuoco blu non lo brucia più ed è più tracotante di prima.”
“Parliamo della tua di tracotanza,” propose Touya, lasciando perdere il polsino una volta per tutte. “Che cosa ti ha convinto?”
“La mia esasperazione di fronte all’immobilità,” rispose Tenko. “E tu che mi dici? A giudicare dal tuo bell’aspetto, Shouto non considera il vostro legame così maledetto.”
“No, Shouto no,” confermò Touya, ma non aggiunse altro.
Di fronte all’assenza di un’ulteriore elaborazione, Tenko studiò il suo profilo.
“Ti si è concesso e gli hai detto no?”
“Ti stanno male i capelli neri,” commentò Touya, di colpo.
“Sono i miei capelli naturali, lo sai benissimo.”
“Beh… I tuoi capelli naturali stanno meglio a me.”
Tenko sbuffò.
“E come va con tuo padre?” Domandò.
Quanto ci voleva perché li annunciassero e aprissero quella dannata porta.
“È felice di vederti vivo e in salute e finge di non sapere perché è così?”
“Più o meno,” rispose Touya. “Non ha affrontato il discorso con me. Fuggire è ancora il suo modo di affrontare i problemi preferito. La mia guarigione non l’ha certo convinto a concedermi la mano di Shouto.”
Tenko inarcò le sopracciglia.
“E davvero questo quello che vuoi?” Domandò, poco convinto. “Sia ben chiaro, indossi le maledizioni meglio di me, ma condannarti per amore, tu…”
Touya rise.
“Quale amore?” Domandò, ma non era né velenoso né sarcastico, solo amareggiato e rassegnato. “Il mio Shouto ha sedici anni come il tuo Izuku. Per loro i sentimenti sono totalizzanti, incondizionati. Non sanno di che cosa parlano…”
Tenko dovette dargli ragione.
“Questo è vero…” Guardò il Principe che aveva iniziato una rivoluzione insieme a lui solo per esprimere l’odio che provava verso il suo sangue. Non si erano mai sopportati, in realtà, ma erano più simili di quanto a Tenko facesse piacere ammettere. La sola differenza era che Touya poteva avere Shouto, ma lui non avrebbe mai avuto Izuku. Il destino lo aveva già promesso a un altro Principe. “Quindi Shouto ti ama?”
Touya ridacchiò.
“È un piccolo stolto…”
“E tu non ami lui.”
Touya sbuffò.
“Guardami, Tenko, sono io,” gli disse. “Sarei morto tra le mie stesse fiamme pur di compiere la mia vendetta contro mio padre. Mi credi davvero capace di amare? Ho preso quello che Shouto poteva darmi, nulla di più.”
“Ma non lo hai toccato.”
“Non è stato necessario.” Touya indicò il proprio viso. “Te l’ho già detto: l’amore totalizzante della fanciullezza è più forte di quello carnale.”
Tenko rise. Rise e a Touya non piacque.
“Mi stai deridendo?” Domandò il Principe Todoroki.
“Potevi condannare tuo fratello privandolo della virtù attraverso una fornicazione incestuosa,” disse Tenko. “Hai scelto di non farlo.”
Touya corrugò la fronte.
“Stai cercando di dirmi qualcosa, Principe Shigaraki?”
Tenko scosse la testa.
“No, per un po’ ho solo creduto che ti avessi superato,” ammise. “Ora so che sei ancora il solito perdente bugiardo che è tanto bravo a mentire a se stesso.”
Touya fece per ribattere ma dall’altra parte della grande porta vennero annunciati i loro nomi.
Prima che tutto cominciasse, Tenko aveva una cosa da dire.
“Non dormire sonni tranquilli,” lo avvertì. “Mi hai tradito, bastardo.”
Touya sollevò l’angolo destro della bocca.
“Ti ho salvato la vita, stronzo.”
L’ingresso della sala del trono si aprì.
Izuku non conosceva il fanciullo che era riflesso nella specchiera.
C’era qualcosa di sconosciuto nel verde di quegli occhi - troppo cupi per essere i suoi - c’era qualcosa di sbagliato nelle linee che disegnavano il suo viso - troppo dure per i suoi lineamenti dolci. Le lentiggini erano ancora al loro posto, offrendo alla sua immagine un’ultima pennellata d’innocenza. Stonavano così tanto con tutto il resto: gli abiti regali, i capelli pettinati quanto bastava perché la corona dorata fosse ben poggiata sulla sua testa.
Izuku Midoriya era stato un bastardo per tutta la vita, e a riprova di ciò aveva da sempre portato il cognome di sua madre, anche quando suo padre era caduto e metà dei popoli e dei grandi signori lo avevano reso Principe per dare inizio a una guerra civile contro il vero erede del Re Demone. Non si era mai considerato all’altezza dei suoi nobili natali e, per una volta, non per mancanza di fiducia in se stesso ma perché se Izuku aveva mai provato risentimento, era stato proprio per il sangue maledetto degli Shigaraki che scorreva nelle sue vene.
Non aveva potuto scegliere di essere il figlio illegittimo di Hisashi Shigaraki, ma era stata una sua volontà divenire erede di Toshinari Yagi e del potere di One For All. Quello del Protettore della Pace, dei regni e di tutti i popoli era il ruolo che aveva scelto di cucirsi addosso e ci aveva creduto, ci aveva creduto davvero, anche quando la guerra lo aveva fatto Principe per un bene superiore, innalzandolo al livello di Katsuki e Shouto.
Era riuscito ad aggrapparsi all’ingenuità dei suoi anni per un po’, convinto che non vi fossero bandiere in quella guerra all’infuori di quelle del bene o del male. Ma il lusso di vedere solo in bianco e nero lo aveva perso nel momento in cui i mostri e gli eroi che lo avevano spaventato e rassicurato durante la sua infanzia si era tramutati in persone.
Tenko, con cui aveva condiviso la vita nello stesso modo in cui aveva fatto con Katsuki, era divenuto sua nemesi e nemico e quando il mondo intorno a lui gli aveva urlato di sconfiggerlo, Izuku aveva compiuto il miracolo e lo aveva salvato. Ma la favola finiva lì.
Non era l’eroe di una bella storia quello che Izuku vedeva riflesso nello specchio, ma un Re. Perché il sangue degli Shigaraki poteva essere una maledizione che non si era scelto, ma le responsabilità che esso implicava erano altrettanto innegabili. Izuku non poteva porsi al di sopra di ogni bandiera e rendersi incarnazione di un eroe ideale, senza catene. Sfuggire alla sua eredità non avrebbe fatto del bene a nessuno.
La corona degli Shigaraki apparteneva a lui quanto a Tenko e se c’era un modo per porre definitivamente fine al dominio di quel padre Demone che li aveva condannati entrambi era proprio indossandola insieme.
La porta del salone si aprì, distraendolo dalla contemplazione critica del suo riflesso e dai suoi pensieri. Izuku ebbe appena il tempo d’incontrare gli occhi di Tenko, prima che quest’ultimo si voltasse e tornasse sui passi.
“Tenko!” Lo chiamò il fanciullo, andandogli immediatamente dietro.
Il maggiore fu sordo al suo richiamo e proseguì a passo spedite lungo il corridoio.
“Tenko, aspetta!”
“Non voglio parlarti, Izuku!”
“Allora lascia parlare me!”
Sebbene quegli abiti regali non lo agevolassero affatto nei movimenti, Izuku riuscì a fare uno scatto in avanti bloccando la strada a quello che il mondo aveva identificato come la sua nemesi. Non lo era.
“Non possiamo…” Izuku s’interruppe per riprendere fiato. “Non possiamo continuare a scappare.”
Tenko lo squadrò da capo a piedi.
“Mi sembra evidente che tu abbia smesso, alla fine,” disse, sarcastico. “Alla fine, il fascino del potere ha corrotto anche il tuo cuore gentile.”
“Parli di questa?” Izuku si tolse la corona dorata dalla testa. “Non so che farmene!” Esclamò, gettandola per terra, neanche fosse un ferro vecchio senza valore.
Tenko abbassò lo sguardo per guardarla rotolare sul pavimento, fino alla parete.
“E so che lo stesso vale anche per te,” aggiunse Izuku con voce più gentile.
Il maggiore riporto gli occhi sui suoi: erano di nuovo grigi e i capelli stavano tornando del loro nero naturale. Più Tenko prendeva le distanze dall’oscurità del Re Demone, più tornava a essere il ragazzino che era cresciuto insieme a Izuku.
“Non hai mai voluto il potere, non davvero,” disse il sedicenne, avvicinandosi di un paio di passi. “Volevi solo che sofferenza finisse e hai pensato che non vi fosse altra via d’uscita che non fosse distruggere ogni cosa, compreso te.”
“Ho ucciso il tuo promesso sposo,” gli ricordò Tenko, gelido. “Che cosa ci fai qui?”
Izuku non allontanò lo sguardo dal suo viso nemmeno allora.
“Kacchan sta bene,” disse. “Sai benissimo che sta bene. Non usare quella carta per farti odiare, non servirà.”
Le labbra di Tenko si piegarono in un sorriso derisorio.
“E lui cosa ne pensa della tua ostinazione nel volermi salvare?”
Izuku non rispose.
“Oh…” Tenko intuì che il Principe dei Draghi non doveva essere molto felice di sapere la sua Anima Gemella lì, con lui. “Il tuo uomo non approva, vero? Non che possa biasimarlo. La tua insistenza è quasi folle.”
“Non ho bisogno d’insistere su qualcosa che ho già ottenuto,” ribatté Izuku. “La guerra civile è finita, tu sei vivo e libero dall’influenza del Re Demone.”
“Ma non sono tuo alleato.”
“Perché sei uno stupido!” Sbottò Izuku, senza paura. “Chi ci ha fatto del male è ancora là fuori e presto ci attaccherà.” Si avvicinò di un passo ancora. “E tu cosa vuoi fare, Tenko? Vuoi passare il resto dei tuoi giorni chiuso in questo castello, a fingerti pazzo, dandogliela vinta?”
“E chi ti dice che finga?” Tenko poteva star tornando il vecchio se stesso, ma questo non gli impediva di essere inquietante quando voleva. “La pazzia è una strana forma di libertà, sai? Una volta che lo capisce, perché disturbarsi a dare retta alla ragione?”
Izuku si azzardò a toccarlo, stringendogli il lembo del mantello nero.
“Perché non ti sei mai arreso,” disse, fermo. “Perché ti sei liberato da solo del controllo del Re Demone e questo… Questo deve avere qualche significato.”
Tenko contrasse la mascella.
“Lo odio almeno quanto lo odi tu,” disse. “Non è un segreto, non lo è mai stato. Nemmeno per lui. È sull’odio che ho basato tutta la mia rivoluzione, esattamente come quel bastardo traditore di un Todoroki.”
“Touya non ti ha tradito,” ribatté Izuku. “Ti ha salvato la vita. Senza di lui e i vostri amici, non saremmo riusciti a fare molto.”
“E ora dov’è?” Era la prima volta che Tenko s’interessava del destino del suo vecchio compagno. “Lo hanno recluso a Tartarus o suo padre lo ha rinchiuso in qualche torre remota non so dove? Quando ha cominciato a dare segni di squilibrio mentale, ha fatto lo stesso con sua moglie, no?”
“Touya è tornato a casa.”
“Oh, arresti domiciliari, comodo.”
Izuku scosse la testa.
“Enji è stato ferito gravemente nell’ultima battaglia,” raccontò Izuku. “Non si è ancora ripreso, i curatori non si sbilanciano su come potrebbe finire.”
Tenko inarcò il sopracciglio destro.
“E dov’è Touya?”
“Con Shouto, a fare quello che deve,” concluse Izuku.
Ci fu un lungo minuto in cui il maggiore si limitò a fissarlo, allibito.
“Non ci posso credere…” Sibilò Tenko, superando il sedicenne per continuare la sua marcia furiosa lungo il corridoio.
“Il Re Demone ha toccato Shouto!” Esclamò Izuku, seguendolo. “Che altro avrebbe dovuto fare?”
“Sì, Izuku, intratteniamo una conversazione su quanto protettivo e amorevole sia Touya Todoroki come fratello!”
“Touya è uno dei condottieri che ha vinto la guerra. Il suo popolo lo ha acclamato come un eroe… Ti vuoi fermare?”
Tenko lo fece, ma solo per ridergli in faccia.
“Un eroe?” Ripeté. “Aspetta che uccida suo padre nel sonno o che dichiari il minore dei fratelli come suo sposo e poi potremo parlare delle sue imprese eroiche.”
Izuku reclinò la testa da un lato.
“Che cosa t’infastidisce, Tenko?” Domandò, con una nota di cattiveria che solo in pochi sapevano appartenergli. “Che Touya stia continuando a scrivere la sua storia, mentre tu te ne stai rinchiuso in questo castello?”
“Vai all’inferno, Izuku!”
“Ci siamo già stati all’inferno!” Ribatté il fanciullo. “Ci siamo nati all’inferno…” Aggiunse, a voce più bassa.
Tenko non replicò. Restò a guardarlo mentre tornava sui suoi passi e recuperava la corona da terra. Izuku non la indossò, si limitò a tenerla tra le mani.
“C’è stato un tempo in cui credevo che nessuno potesse comprenderti quanto me,” confessò, guardando l’oggetto dorato tra le sue mani. “Siamo cresciuti insieme, non ho un ricordo in cui non si sei tu. È stato superbo da parte mia pensare che bastasse.” Si umettò le labbra e cercò di nuovo gli occhi grigi dell’altro. “Io non ho sofferto quello che hai sofferto tu. E mi dispiace… Mi dispiace infinitamente, Tenko.”
“Non so cosa farmene del tuo dispiacere o di qualunque altro sentimento tu dica di provare per me.”
“Lo so.” Izuku gli andò vicino. “Però so anche un’altra cosa: la sua fine comincia nel momento in cui smettiamo di farci la guerra per combattere insieme.”
Tenko trattenne il respiro per un istante, ma fu bravo a non darlo a vedere.
“Non ha mai voluto un erede, non nel modo in cui lo intende qualsiasi altro Re,” continuò Izuku. “Il suo stesso sangue si è già ribellato a lui una volta. Se ha amato qualcuno, quel qualcuno è stato Yoichi. Nel suo modo oscuro e malato, certo, ma era un sentimento vero. Un sentimento che lo ha ferito per sempre. Non si è più permesso di provarne altri. Non siamo mai stati figli per lui.”
Tenko inspirò profondamente dal naso.
“Non ho bisogno che sia tu a dirmi questo,” disse. “Non ho mai cercato il suo amore e nemmeno tu.”
“Ma ho cercato il tuo,” disse Izuku, con le lacrime agli occhi. “Io ho avuto mia madre, ho avuto AllMight,” ingoiò aria dalla bocca. “Ho avuto Kacchan. Ma avevo anche te… Ti avevo, anche se tu non mi volevi. Ti ho voluto bene… Ti voglio bene, Tenko.”
Ma l’altro non lo guardava più, gli occhi grigi fissi su una delle finestre che dava sulle montagne.
“E quando Touya ha scelto Shouto ed è tornato a casa, ho pensato che…” Izuku strinse le labbra e si asciugò alcune lacrime galeotte con il dorso della mano. “Non so come, non so quando e non so se sia grazie a Shouto, ma lui è riuscito a vedere qualcosa oltre le tenebre dell’odio…”
“E quanto vuoi che duri?” Domandò Tenko, realista suo malgrado. “La sua luce è un legame incestuoso che condannerà per sempre lui e il resto della sua famiglia.”
“Ma ha scelto Shouto lo stesso.”
“Certo, così può rovinare la sua Casata per sempre. Il suo piano originale non è cambiato, ha solo mutato forma… Bastardo…”
“Tenko…” Izuku gli afferrò il polso e gli occhi grigi tornarono sui suoi. “Touya e Shouto sono liberi. Questo non significa che sia facile, ma sono liberi. Possiamo esserlo anche noi.”
Se non fosse stato tanto stanco, Tenko lo avrebbe spinto via con forza e con altrettanta lo avrebbe rifiutato a parole. Sarebbe stato un guizzo d’orgoglio e rabbia fine a se stesso. Alla fine della storia i fatti erano chiari: Touya era andato avanti e aveva vinto tutto, Tenko continuava a crogiolarsi nella propria oscurità, sconfitto, senza andare da nessuna parte.
“Sei destinato a grandi cose, Izuku,” disse, senza risparmiarsi una nota di disprezzo. “Sposerai Bakugou Katsuki in quanto Principe della Casata Shigaraki. Questo porterà all’unione di due delle tre grandi famiglie discendenti dagli Antichi Draghi. Non c’è futuro per i Todoroki e non sono io a dirlo, questo è il desiderio di Touya e Shouto. I figli tuoi e di Katsuki domineranno il mondo. Perché rimanere legato a me e perdere tutto?”
Izuku sbuffò, come se stesse per ribadire un concetto per l’ennesima volta.
“Perché io non devo scegliere tra te e Katsuki!” Esclamò, esasperato. “Il sangue degli Shigaraki è una maledizione solo finché diamo a lui il potere di renderlo tale, ma è lo stesso sangue che lega me e te. Rendiamolo qualcosa di diverso, Tenko.”
“E quale sarebbe il mio obiettivo?”
“Sceglilo,” rispose Izuku. “Ora puoi farlo.”
Tenko abbassò lo sguardo sulle dita del sedicenne, ancora strette intorno al suo polso, poi alzò lo sguardo sulla corona che reggeva con la mancina.
“Non voglio essere il suo erede,” disse. “Non so altro, per ora.”
“Non lo saremo,” promise Izuku. “La storia della Casata degli Shigaraki ricomincerà con noi. Te lo prometto.”
Tenko rivide Touya settimane dopo, alla Corte dei Todoroki, di fronte all’ingresso della sala del trono. Non appena il maggiore dei Principi Shigaraki aveva accettato di divenire alleato della Resistenza contro il Re Demone, il grande meccanismo della diplomazia aveva cominciato a muoversi. Le Tre Casate del Drago dovevano rinnovare i patti di lealtà reciproci e il miglior modo per farlo era una serie di eventi che rinfrancasse gli animi dalle brutture della guerra, sottolineando il sentimento di amicizia che univa i Todoroki, i Bakugou e gli Shigaraki.
L’unione di queste due ultime dinastie attraverso il matrimonio di Katsuki e Izuku sarebbe stata la conclusione perfetta di quel capitolo di storia delle Terre del Drago.
Dopo la miracolosa guarigione di Re Enji, il Castello dei Todoroki si era presentato come il teatro migliore per dare inizio a quella stagione di festeggiamenti.
In quanto guidatori della rivoluzione che aveva portato alla guerra civile, Touya e Tenko sarebbero stati annunciati alle corti ed entrati nella sala del trono insieme.
Quando quest’ultimo giunse di fronte al grande portone chiuse, il giovane Todoroki era già lì, occupato ad aggiustarsi il polsino del completo nero. Fece difficoltà a riconoscerlo e a giudicare dal modo in cui Touya lo guardò, dovette valere lo stesso anche per lui.
Devono essere i capelli neri, pensò Tenko, affiancandolo senza dire una parola e mantenendo una distanza di sicurezza di più di un metro. Tenne gli occhi grigi fissi sulla grande porta chiusa, mentre Touya continuava a fissarlo.
“Pensi di continuare ancora per molto?” Domandò Tenko, esasperato.
Quando rispose all’insistenza di quegli occhi turchesi, Touya storse la bocca in un ghigno divertito.
“Ti hanno ripulito alla grande,” commentò.
“Tu, invece, sei guarito miracolosamente,” ribatté il giovane Shigaraki. Ustioni come quelle del primogenito dei Todoroki non sparivano in poche settimane senza l’intervento di una forza al di sopra dell’umana comprensione. “Ora capisco il motivo per cui il potere delle Anime Gemelle è tanto invidiato.”
Touya tornò serio e prese a guardare di fronte a sé.
Fu il turno di Tenko di ghignare.
“Ho toccato un nervo scoperto?”
“Ti sarei grato che se questo argomento non venisse toccato di fronte a tutte e tre le Casate del Drago,” disse Touya, simulando un sorrisetto dalle sfumature inquietanti. “Non vorrei far saltare i piani della Resistenza con la tua prematura dipartita.”
Tenko alzò gli occhi al cielo.
“Sentitelo, il suo fuoco blu non lo brucia più ed è più tracotante di prima.”
“Parliamo della tua di tracotanza,” propose Touya, lasciando perdere il polsino una volta per tutte. “Che cosa ti ha convinto?”
“La mia esasperazione di fronte all’immobilità,” rispose Tenko. “E tu che mi dici? A giudicare dal tuo bell’aspetto, Shouto non considera il vostro legame così maledetto.”
“No, Shouto no,” confermò Touya, ma non aggiunse altro.
Di fronte all’assenza di un’ulteriore elaborazione, Tenko studiò il suo profilo.
“Ti si è concesso e gli hai detto no?”
“Ti stanno male i capelli neri,” commentò Touya, di colpo.
“Sono i miei capelli naturali, lo sai benissimo.”
“Beh… I tuoi capelli naturali stanno meglio a me.”
Tenko sbuffò.
“E come va con tuo padre?” Domandò.
Quanto ci voleva perché li annunciassero e aprissero quella dannata porta.
“È felice di vederti vivo e in salute e finge di non sapere perché è così?”
“Più o meno,” rispose Touya. “Non ha affrontato il discorso con me. Fuggire è ancora il suo modo di affrontare i problemi preferito. La mia guarigione non l’ha certo convinto a concedermi la mano di Shouto.”
Tenko inarcò le sopracciglia.
“E davvero questo quello che vuoi?” Domandò, poco convinto. “Sia ben chiaro, indossi le maledizioni meglio di me, ma condannarti per amore, tu…”
Touya rise.
“Quale amore?” Domandò, ma non era né velenoso né sarcastico, solo amareggiato e rassegnato. “Il mio Shouto ha sedici anni come il tuo Izuku. Per loro i sentimenti sono totalizzanti, incondizionati. Non sanno di che cosa parlano…”
Tenko dovette dargli ragione.
“Questo è vero…” Guardò il Principe che aveva iniziato una rivoluzione insieme a lui solo per esprimere l’odio che provava verso il suo sangue. Non si erano mai sopportati, in realtà, ma erano più simili di quanto a Tenko facesse piacere ammettere. La sola differenza era che Touya poteva avere Shouto, ma lui non avrebbe mai avuto Izuku. Il destino lo aveva già promesso a un altro Principe. “Quindi Shouto ti ama?”
Touya ridacchiò.
“È un piccolo stolto…”
“E tu non ami lui.”
Touya sbuffò.
“Guardami, Tenko, sono io,” gli disse. “Sarei morto tra le mie stesse fiamme pur di compiere la mia vendetta contro mio padre. Mi credi davvero capace di amare? Ho preso quello che Shouto poteva darmi, nulla di più.”
“Ma non lo hai toccato.”
“Non è stato necessario.” Touya indicò il proprio viso. “Te l’ho già detto: l’amore totalizzante della fanciullezza è più forte di quello carnale.”
Tenko rise. Rise e a Touya non piacque.
“Mi stai deridendo?” Domandò il Principe Todoroki.
“Potevi condannare tuo fratello privandolo della virtù attraverso una fornicazione incestuosa,” disse Tenko. “Hai scelto di non farlo.”
Touya corrugò la fronte.
“Stai cercando di dirmi qualcosa, Principe Shigaraki?”
Tenko scosse la testa.
“No, per un po’ ho solo creduto che ti avessi superato,” ammise. “Ora so che sei ancora il solito perdente bugiardo che è tanto bravo a mentire a se stesso.”
Touya fece per ribattere ma dall’altra parte della grande porta vennero annunciati i loro nomi.
Prima che tutto cominciasse, Tenko aveva una cosa da dire.
“Non dormire sonni tranquilli,” lo avvertì. “Mi hai tradito, bastardo.”
Touya sollevò l’angolo destro della bocca.
“Ti ho salvato la vita, stronzo.”
L’ingresso della sala del trono si aprì.