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M3: Vampiri

Vi era una strana quiete tutt’intorno al Tempio, mentre il cielo veniva rischiarato dall’aurora. La foresta, ignara di quanto accaduto durante la notte, innalzò il suo canto al mattino. Era la sola cosa a spezzare il silenzio e regalava a tutto un’atmosfera quasi fiabesca.
Hawks avvertiva nell’animo una pace che non riusciva a spiegarsi, non di fronte a un luogo che era stato teatro di tanto dolore. Mosse un passo e i soldati fecero lo stesso. Rivolse loro un cenno per ora dinare di rimanere dov’erano e continuò da solo.
In lontananza, avvertì il rombo di un tuono: un temporale stava arrivando dalle montagne, alla luce dell’alba e al canto della natura non restavano che pochi minuti.
Il soldato dalle Ali Possenti avanzò all’interno del Tempio. Era solo un’enorme carcassa ormai, annerita dall’incendio che l’aveva accesa senza pietà nel buio della notte. Le vetrate erano esplose per il calore e i raggi del sole entravano a trafiggere le tenebre di quel covo di malvagità.
La luce accarezzava anche Touya, inginocchiato di fronte all’altare spezzato a metà, pietrificato nell’atto di abbracciare qualcosa che non c’era più.
Hawks arrivò in fondo alla navata, ma non osò fare un passo di più. Non si azzardò nemmeno a pronunciare il nome del Vampiro. Restò, come lui, immobile ad ascoltare il silenzio.
La cenere che circondava Touya, che sporcava il suo viso, i suoi vestiti e rendeva le punte dei suoi capelli candidi un po’ più grigie raccontava una storia che Hawks non voleva conoscere. Eppure era tutta lì, nelle mani vuote e sporche di Touya, dove prima c’era Shouto.
Di nuovo il rombo di un tuono, le nuvole si addensarono sopra di loro, oltre il tetto sfondato dell’edificio. La luce diminuì.
Hawks non sapeva come fare un passo oltre la soglia di quel tragico evento, non sapeva come convincere Touya a farlo con lui. Non malediceva il destino per essere il primo a conoscere l’epilogo di quella guerra, lo faceva perché non era così che avrebbe dovuto concludersi.
“Touya…” Pronunciò il suo nome, ma neanche un suono uscì dalle sue labbra.
Hawks ingoiò a vuoto e riprovò.
“Touya-“
“Dì all’Iquisizione che mi sono assicurato che non rimanesse niente,” lo interruppe il Vampiro, con una calma che era quasi inquietante. Si sollevò in piedi e la polvere si mosse nell’aria intorno a lui, avvolgendolo, quasi volesse abbracciarlo.
Touya aveva le spalle dritte, teneva la testa alta. Guardava ciò che era rimasto di suo fratello disperdersi nell’aria pregna dell’odore di pioggia.
“Non lo hanno toccato da vivo e non oseranno sfiorarlo neanche da morto.”
Non vi era nessuna cadenza imperativa nella voce del giovane ricoperto di cenere, piuttosto tanta stanchezza, ma quando quegli occhi turchesi incontrano i suoi, Hawks seppe che non sarebbe mai andato contro la volontà di quella creatura. Non contava che fosse un Vampiro o il primogenito dei Todoroki.
Hawks guardava Touya e non lo riconosceva. Chiunque fosse stato prima di quell’alba - il fanciullo ferito, abbandonato, reietto - era morto abbracciando Shouto.
Quel che Hawks aveva davanti in quel momento era la sintesi perfetta del sogno e dell’incubo, di tutto ciò che possiede bellezza e di qualunque cosa contenga oscurità.
Quando chinò la testa in segno di assenso e rispetto, non si accorse di accompagnare il gesto con un: “ai vostri ordini, mio Re.”
Mentre le rime gocce di pioggia li bagnavano, Touya li consegnò un ultimo messaggio.
“Dì a mio padre e mia madre che mio fratello se n’è andato sorridendo.”




Todoroki Shouto è morto come muoiono i demoni: avvolto tra le fiamme purificatrici della sua famiglia. Non vi è stato un periodo di prigionia e nessun processo per lui. Chi lo amava si è battuto per evitargli una simile tribolazione, finalizzata solo a concretizzare le fantasie sadiche dei torturatori del clero. Shouto è morto in pace, sorridendo. La fine è giunta per lui sotto forma dell’abbraccio di un fratello. Qualcuno sostiene persino che non abbia provato alcun dolore, mentre le fiamme blu di Todoroki Touya lo riducevano in cenere.
Ma non vi è nessun altro, oltre al primogenito di Enji e Rei, che possa raccontare la storia.
E, di quella notte, Touya non ha mai parlato, con la sola esclusione delle parole rivolte a Hawks nel Tempio bruciato.
Così è finita la guerra, con il rogo di un fanciullo innocente e maledetto e lo scioglimento della Setta del Re Demone. I fuggitivi sono stati catturati e a loro è stata riservata una sorte ben peggiore di quella del giovane Shouto. Sacrificando suo fratello per il bene comune, Touya ha guadagnato la redenzione per se stesso e la sua Congrega di reietti, divenendo il capofamiglia dei Todoroki al posto di suo padre.
Pur onorando il Patto di Alleanza tra tutte le creature terrene, non ha mai giurato lealtà all’Inquisizione.




In primavera, dopo due stagioni passate a raccogliere le macerie, la notizia dell’arrivo di un bambino diede inizio alla rinascita.
La Regina Madre tornò a sorridere e il Re Padre cominciò a farsi vedere di nuovo in pubblico.
“Penserò io a quello che c’è da fare,” disse quest’ultimo, rassicurando il suo primogenito su come l’intera famiglia considerasse quella gravidanza preziosa. “Ho guidato una Corte di Vampiri per quasi trent’anni, posso farlo per altre due o tre stagioni.”
“Non sono malato,” ribatté Touya, sebbene fosse seduto contro i grandi cuscini del suo letto. Suo figlio aveva annunciato la sua esistenza al mondo facendo prendere a tutti un grande spavento e ora i curatori raccomandavano riposo e poche preoccupazioni, almeno fino ai primi calci.
Suo padre azzardò una carezza tra i suoi capelli.
Fu la sorpresa a impedire a Touya di ritrarsi.
“Non far preoccupare tua madre,” lo pregò, con un sorriso triste che costrinse il più giovane a voltare lo sguardo. “Temevo che non l’avrei vista sorridere mai più e nemmeno tua sorella.”
Anche Touya aveva le sue condizioni.
“Voglio che siano quelli della mia Congrega a occuparsi delle mie faccende,” disse.
Himiko e Jin ne sarebbero stati felicissimi, Shuichi neanche un po’, ma nessuno avrebbe gioito quanto Tenko. No, Touya non agoniava la loro compagnia, ma si fidava di loro più di qualsiasi estraneo della Corte che suo padre avrebbe potuto propinargli. E poi c’era Atsuhiro, che avrebbe continuato a essere i suoi occhi e le sue orecchie, mentre la gravidanza lo teneva lontano dalla prima linea.
Potevano essere in tempo di pace, ma le trame di Corte non erano da sottovalutare alla stregua di un campo di battaglia e l’arrivo di un bambino era sia un momento di forza che di estrema fragilità. Abbassare la guardia anche all’interno della sua casa sarebbe stato letale per Touya, specie con il suo passato.
Suo padre non si ribellò in alcun modo alla sua decisione, ci tenne solo a puntualizzare un paio di dettagli: “hai una famiglia che ti sostiene ed è pronta a prendersi cura di te. Non tagliarci fuori.”
Touya alzò gli occhi al cielo.
“Anche se volessi…” Lasciò la frase sospesa.
Enji si accontentò e fece per andarsene.
“Non mi chiedi chi è l’altro genitore?” Domandò Touya, confuso e sorpreso, al contempo. “Immagino che la Corte vorrà delle risposte, il bambino è nel mio grembo e questo lo rende un Todoroki senza ombra di dubbio ma, per le nostre leggi, non è un figlio legittimo.”
Enji lo guardò come se non avesse pensato alla questione fino a quel momento, o forse lo aveva fatto e aveva deciso che non aveva alcuna importanza.
“Lo hai già detto tu,” disse, grattandosi il retro del collo con imbarazzo. “Sarai tu a partorire questo bambino. La sua appartenenza a questa famiglia non può essere messa in discussione dal modo in cui è stato concepito. Quando e se vorrai raccontarci tutta la storia, io e tua madre saremo felici di ascoltarti.”




A giudizio di Touya, non c’era molto da raccontare e, in tutta sincerità, era certo che i suoi genitori avessero già intuito tutto quello che c’era da sapere. Si comportavano con discrezione solo perché concedergli il suo spazio.
Ma l’inizio della storia del suo bambino non era diversa da molte altre. Un letto di muschio verde sotto le grandi radici di una quercia secolare era stato il rifugio in cui l’atto si era consumato. Un figlio cresciuto dal clero, con le ali di un angelo ma dello stesso colore delle fiamme dell’inferno era stato il compagno di Touya in quel dolce peccato. Su quel giaciglio naturale, si erano conosciuti carnalmente più volte e altrettante si erano detti basta, ma non avevano mai smesso.
Mentre il giovane uomo dalle ali scarlatte riversava il suo seme in lui, Touya beveva il suo sangue in un connubio di piacere che solo chi osava toccare il sacrilego aveva il privilegio di conoscere.
Anche se nessuno dei due si era mai fermato a riflettere sulle implicazioni morali della loro relazione. La prima volta che erano caduti entrambi l’uno tra le braccia dell’altro, l’oscurità li aveva già corrotti entrambi e nessuno dei due era in cerca di redenzione.
Eppure, da loro una luce era nata.
“Dovrei presentarmi al cospetto di tuo padre,” disse Hawks, mentre entrambi giacevano in quella loro alcova segreta, vestiti solo della loro pelle, riscaldata dal piacere appena consumato. “Dovrei chiedere la tua mano, fare le cose come è giusto che vengano fatte.”
Touya guardava le dita del padre di suo figlio tracciare dei ghirigori invisibili sulla pelle del suo grembo - era ormai evidente che contenesse una vita - e pensavo che non voleva niente di meno di quello che stringeva in quel momento, su quel morbido letto di muschio.
“Non devi chiedere la mia mano a nessuno,” ribatté fermo, ma senza veleno. “Non sono una proprietà di mio padre, appartengo solo a me stesso.”
Hawks gli sorrise come se non si fosse aspettato niente di meno. Gli baciò la guancia, poi affondò il naso tra i capelli bianchi e chiuse gli occhi, aspirandone il profumo.
“Voglio essere il padre di tuo figlio, Touya.”
Per il Vampiro, questo era evidente dal modo amorevole in cui gli toccava la pancia.
“E vuoi essere solo il padre di mio figlio?” Domandò il Principe Todoroki.
Si guardarono. C’era stato un tempo in cui erano stati grado di mentirsi guardandosi negli occhi, ma era lontana quanto un’altra vita.
Touya sollevò la mano per scostare la frangia bionda che era ricaduta sugli occhi dorati durante l’amore.
“Allora presentati al cospetto di mio padre, ma non avrai bisogno di chiedergli niente,” disse. “Quello che desideri è già tuo perché sono io a concedertelo.”
Hawks ridacchiò.
“Fammi indovinare… Tu non appartieni a nessuno, ma io appartengo a te.”
Non sembrava affatto infastidito dall’idea.
“La libertà è letale per i rapaci che crescono in cattività,” mormorò Touya, contro le sue labbra.
Un bacio. Un giuramento suggellato.
Il Vampiro si fece indietro per primo, nascondendo il viso contro il collo dell’amante per soffocare una risata.
“Che cosa c’è?” Domandò Hawks.
Touya gli prese la mano e lo invitò a distendere le dita e a premere il palmo a destra dell’ombelico.
“Senti come scalcia,” disse.
Il sorriso che sbocciò sulle labbra di Hawks fu tra i più luminosi che Touya avesse mai visto sul suo viso, paragonabile solo a quello che gli aveva rivolto quando gli aveva confessato di aspettare il loro bambino.
“Non m’importa che tu appartenga a me,” disse il Vampiro, serio di colpo. “Ma appartieni a tuo figlio, Hawks.”
Entrambi erano stati abbandonati dai loro padri. Finché avesse avuto respiro, Touya non avrebbe permesso a quella tragedia di ripetersi con la creatura che gli cresceva dentro.
Gli occhi dorati di Hawks non tradirono alcuna esitazione.
“Arriverà il giorno in cui penserà di non aver più bisogno di averci al suo fianco,” disse. “E noi lo ascolteremo, facendo un passo indietro. Uno solo. Non uno di più.”
Touya non credeva ai giuramenti, ma al padre di suo figlio decise di credere.




Nessuno di loro fu in grado di prevedere quello che accadde.
Solo Enji scelse d’interrogare gli astrologi per porre rimedio allo stato d’ansia in cui l’avvicinarsi del lieto evento lo stava gettando. Non gli fu di molto aiuto.
“Il bambino potrebbe arrivare alla fine dell’anno o all’inizio di quello nuovo,” si giustificò l’Astrologo Maggiore, in evidente imbarazzo. “Per noi che camminiamo su queste terra sono solo pochi giorni di distanza, ma per gli astri…”
Per un po’ si sperò nella notte di Capodanno, considerata una data di nascita che prometteva una vita di fortuna e gloria.
Tutti furono colti da una certa inquietudine quando Touya cominciò a lamentare dei dolori nel primo pomeriggio del decimo giorno di gennaio.
“Potrebbe nascere entro sera e allora non significherebbe niente,” disse Rei a suo marito, mentre impilava le une sulle altre tutte le lenzuola pulite che riusciva a trovare sul tavolo al centro dell’anticamera del loro primogenito.
Enji la guardava fisso. Nella stanza adiacente, Touya non si lamentava ma se avesse urlato a squarciagola, avrebbe provato meno angoscia.
“Se nascerà domani…” Rei si fermò, lisciando la stoffa bianco con le mani una volta di troppo. Alla fine, forzò un sorriso. “Andrà tutto bene,” disse, alla fine. “Gennaio è un mese che ci ha sempre portato fortuna.”
Per un veloce istante, Fuyumi comparve sulla porta della camera da letto per chiamare la madre. Rei fece per andare, ma Enji la bloccò per un braccio.
“Dimmi che cosa posso fare,” la pregò. “Non ce la faccio a rimanere qui fermo ad aspettare.”
Rei fu svelta a dargli istruzioni: “vai a cercare Hawks e portalo qui. Nostro figlio sta facendo il sostenuto, ma è spaventato e quando arriverà il momento, non sarà la nostra mano che vorrà stringere.”
Enji raggiunse la porta a passo di marcia, si fermò con un piede nel corridoio. “Mi hai appena detto di togliermi dai piedi,” concluse.
Rei gli sorrise, cortese.
Enji annuì tra sé e sé.
“Mi tolgo dai piedi.”




Hawks non arrivò in tempo per assistere alla nascita di suo figlio.
Touya maledisse il suo nome e lo chiamò come una preghiera disperata, mentre la voce di sua madre lo guidava con dolcezza lungo tutto il processo.
Il bambino emise il suo primo vagito pochi minuti dopo la mezzanotte, riempiendo il cuore di Touya di un’emozione a cui non seppe dare un nome. Era sollievo, ma anche gratitudine. Le lacrime pungevano agli angoli degli occhi e gli chiudevano la gola in una sensazione che aveva dimenticato nei giorni della sua fanciullezza.
Poi si accorse del silenzio.
Il suo bambino piangeva con vigore, ma nessuno parlava.
Tornò in sé in fretta, combattendo la sfinimento, aggrappandosi alle coperte sporche di sangue e chissà cos’altro. Le macchie più scure erano tra le sue gambe, sull’orlo della camicia da notte. Il senso di vuoto che avvertì superò quello fisico.
Dov’era suo figlio? Perché non glielo facevano tenere in braccio?
Mentre lottava contro l’incoscienza, Touya si accorse che era sua madre a stringere la creatura che aveva generato. L’orrore che vide riflesso nei suoi occhi grigi gli fermò il cuore.
“Mamma…” Chiamò, con voce tremante.
Il bambino era un mezzosangue, certo e la natura sapeva essere crudele con chi si azzardava a sfidarla, certo. Ma…
“Mamma!” Touya provò a urlare, ma non aveva voce.
“Lasciatelo a me.”
Non fu Natsuo a intervenire, né Fuyumi. Come la Regina Madre, i suoi fratelli osservavano la scena impietriti dall’orrore.
“Datelo a me, mia signora.”
Fu Tenko a farsi avanti per prendere in custodia il neonato e Himiko gli fu subito accanto per aiutarlo a sorreggerlo in modo da non fargli male.
Non appena fu libera da quel fragile fardello, Rei incontrò lo sguardo di suo figlio. I suoi occhi grigi erano pieni di lacrime.
“Scusami, Touya,” disse, tremando, mentre si alzava e prendeva le distanze. “Mi dispiace tanto.”
Natsuo e Fuyumi corsero da lei, a darle conforto.
Touya rimase lì, seduto in una pozza del suo stesso sangue, con il ventre vuoto e il petto straziato da un dolore a cui non sapeva trovare un perché.
Himiko fu la prima a porgergli una mano.
“Va tutto bene,” disse, sedendosi sul letto, accanto a lui, per nulla turbata dalle macchie di sangue. “Sta bene. State tutti e due bene.”
“Shhh…” Tenko cullò il neonato goffamente, chinandosi con cautela verso il Vampiro. “È un maschio,” disse.
Touya prese suo figlio tra le braccia. Il bambino smise di piangere e il suo cuore tornò a battere. Non era una deformità che aveva terrorizzato sua madre e i suoi fratelli, ma la bellezza di un fiore così raro che nella famiglia Todoroki era sbocciato solo una volta ed era divenuto cenere tra le mani di Touya.
Quelle stesse mani che ora afferravano il pugnetto minuscolo del neonato, che si aprì solo per allacciarsi intorno al suo indice. Una fiammella dorata si accese lì, dove si toccavano. Quel gesto bastò a convincere il bambino che era stretto tra le braccia più sicure del mondo e rese Touya suo per sempre.
Il giovane Re posò un bacio sopra l’occhio sinistro di suo figlio, dove un segno rosso lo deturpava. Non era una voglia. No, era una cicatrice lasciata dal morso del fuoco.
“Ciao, Shouto…” Mormorò Touya.




Hawks ed Enji giunsero alla corte quando il cielo cominciò a schirirsi.
Fu Rei ad accoglierli, a informarli che Touya aveva partorito un maschio sano e forte e che la nascita non aveva compromesso in alcun modo la sua salute. Fu sempre lei a impedire a Hawks di correre da loro e a informare il neo-padre e suo marito della reale natura dell’evento che si era verificato quella notte.
Quando Hawks salì negli appartamenti di Touya, il sole aveva appena tagliato l’orizzonte. Non bussò, nessuno lo annunciò.
Si affacciò dall’anticamera alla camera patronale e il primo che vide fu il giovane Re seduto al centro del letto, circondato dal suo entourage. Nemmeno Natsuo e Fuyumi erano rimasti con lui.
Himiko fu la prima ad accorgersi di lui e scese dal letto con un saltello, obbligando tutti gli altri ad assumere una posizione più composta. Nessuno fece colpi di testa, solo Tenko fece un passo in avanti, fermandosi accanto alla colonna del baldacchino.
Poteva minacciarlo in silenzio quanto gli pareva, Hawks non lo vedeva nemmeno.
I suoi occhi dorati erano tutti per quelli turchesi che rispondevano al suo sguardo senza indugio.
“Lasciateci,” ordinò Touya, con voce incolore.
Nessuno dell’entourage esitò, ma Tenko buttò lì un ”saremo appena fuori la porta,” e uscì per ultimo.
Il rumore della porta che si chiudeva per Hawks assomigliò a quello di una scure che veniva calata sul collo di un condannato. Touya non pareva affatto sorpreso dalla sua freddezza, ma era evidente che fosse comunque deluso.
La causa di tutta quella tragedia, intanto, dormiva serena tra le braccia del giovane Vampiro.
Hawks fece il giro del letto con passo lento, come se avesse paura.
Touya lo derise.
“Tranquillo, il suo fuoco non è ancora abbastanza forte da ridurre in cenere le tue belle ali,” disse canzonatorio, velenoso.
Hawks strinse i pugni.
“Non peggiorare le cose, Touya,” lo pregò.
“Non sei nella posizione di avanzare alcuna richiesta,” ribatté il Vampiro. “Non sei tu quello che sta sanguinando, tra noi due.”
Mentre Hawks correva a perdifiato per conoscere suo figlio, qualcuno aveva lavorato per rendergli l’esperienza piacevole esteticamente. Non vi era rimasta alcuna traccia del parto in quella camera da letto. Le lenzuola erano pulite, ogni cosa era ordine. Touya era bello come non era mai stato, con la camicia da notte pulita e i capelli perfettamente in ordine, come se quel bambino fosse scivolato fuori dal suo corpo senza provocare dolore e tribolazioni. Se quegli occhi gelidi non lo stessero avvertendo di restare lontano, Hawks lo avrebbe baciato.
Sì, lo avrebbe fatto nonostante tutto, perché l’impresa di dare alla luce una vita non era meno pericolosa o sanguinosa di un campo di battaglia. Quella doveva essere una vittoria, la loro vittoria.
Invece…
Hawks abbassò lo sguardo sul bambino che Touya stringeva come se fosse la cosa più preziosa al mondo. E lo era. In fondo al suo cuore, Hawks sentiva che lo era e non poteva vederlo in nessun altro modo. Eppure…
“Che cosa hai fatto?” Domandò con tono incolore.
“Quello che hai fatto tu,” rispose Touya, “su di un morbido letto di muschio verde, nascosto tra le radici di una quercia secolare-“
“Touya-“
“È accaduto quello che accade dall’alba dei tempi, Keigo,” insistette Touya. “Abbiamo concepito un figlio, l’ho portato in grembo e poi l’ho messo al mondo.”
Hawks non aveva ragione di non credergli, ma quello che aveva davanti agli occhi gli raccontava una storia diversa, una che non conosceva.
“Questo è un caso di reincarnazione, Touya,” disse, funereo, guardando il bambino addormentato. Aveva la testa piena di capelli, metà rossi e metà bianchi e sapeva che se avesse avuto gli occhi aperti, uno sarebbe stato grigio come il cielo in tempesta e l’altro dello stesso turchese di quelli di Touya.
Infine, c’era il morso del fuoco.
“Nessun bambino normale nasce con un’ustione del genere.”
Touya si aggiustò il fagottino contro il petto.
“Ti sembra che stia negando?” Domandò. “Che non veda quello che vedi anche tu?”
“E come fai a restare così calmo?”
“Calmo…” Ripeté Touya, prendendo una delle manine minuscole tra le dita. “Mia madre lo ha guardato come se fosse un mostro e i miei fratelli anche. Se mio padre non è salito a conoscere suo nipote, non fatico a immaginare la sua posizione a riguardo.”
“Touya…” Hawks si sedette sul bordo del letto. “Questo non è nostro figlio.”
Era questo che la sua mente gli ripeteva, ma non corrispondeva a ciò che il suo cuore gli suggeriva.
Il Vampiro storse la bocca in una smorfia.
“Già…” Sospirò. “Facile prendere le distanze per te. Non lo hai portato in grembo, non lo hai partorito-“
“Touya, non oso immaginare quanto sia difficile-“
“Ah, no?” Touya era estremamente lucido nelle sue risposte al veleno. “E con chi lo avrei fatto questo figlio?”
Hawks inspirò aria dalla bocca, gli occhi fissi in quelli del Vampiro.
“Touya, questo non è-“
“Lo vuoi tenere?”
Il giovane dalle ali scarlatte sentì il respiro morirgli in gola.
Touya non si era aspettato niente di meno.
“No, che non vuoi… Se lo facessi, poi ti accorgeresti di amarlo e dovresti tener fede al giuramento che mi hai fatto mentre lo portavo in grembo.”
I raggi gelidi di quel mattino d’inverno scivolarono nella stanza, illuminandola lentamente. Per un attimo, a Hawks ricordò il giorno in cui aveva trovato Touya nel Tempio, pietrificato in un abbraccio che Shouto non poteva più ricambiare.
Era la stessa scena.
La luce che trafiggeva l’oscurità, Hawks impotente di fronte alla potenza del destino e Touya che stringeva ciò che rimaneva di Shouto. Con un dettaglio affatto ininfluente: quello era un inizio, non una fine.
Scosso da un leggero tremore, Hawks si costrinse ad abbassare lo sguardo sulla piccola creatura addormentata. Si era appena affacciata alla vita, come poteva essere qualcosa di diverso da fragile e innocente?
“È un demone reincarnato,” disse e ogni parole fu una stilettata nel petto.
“È il rapace dell’Inquisizione a parlare,” disse Touya, fermo. “Keigo, guardami… Guardalo, è nostro figlio!”
Hawks scosse la testa.
“Non sappiamo ancora con esattezza come accadano certe cose,” disse. “La maggior parte delle volte, le reincarnazioni avvengono tramite rituali ma…”
“Ma lui è perfetto,” concluse Touya. “Lui è perfetto perché è nato. Solo questo, nato. Non è colpevole di questo, come non lo eravamo noi.”
Hawks strinse gli occhi, si alzò dal letto e prese le distanze.
“Non è la stessa cosa,” disse, vedendo il sole fare capolino da dietro le montagne.
“Capisco perché tu la veda così, ma-“
“Hai fatto un giuramento, Keigo.”
“Tu odiavi tuo fratello.” Hawks si aggrappò a quella realtà perché non sapeva a che cos’altro farlo, anche se sapeva che era solo una sfumature di un legame complesso, stroncato troppo in fretta.
“E l’ho ucciso con le mie fiamme perché mi ha pregato di farlo!” Urlò Touya.
Hawks non poté evitare i suoi occhi ancora a lungo. Se lo aveva già visto piangere, non ne aveva memoria. Aveva sollevato il bambino contro la spalla, la guancia appoggiata tra i capelli bicolori.
“E non ho alcuna intenzione di farlo un’altra volta.”

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