[personal profile] odetjoy
COWT13, Week 1
M2: Tananai


Todoroki Enji era un genitore ansioso.
Era una realtà con cui era riuscito a fare i conti - per modo di dire - molto tardi, durante l’adolescenza del suo quartogenito che, tanto per facilitare le cose, era avvenuta in parallelo con il più grande conflitto tra Hero e Villain della storia.
Forse era una sorta di effetto compensatorio per le sue mancanze passate o semplice stupidità, magari stava diventando pazzo o, come piaceva sostenere a Touya, era la demenza senile che avanzava, ma Todoroki Enji non poteva dichiarare chiusa la giornata senza sapere con esattezza dove fossero e cosa stessero facendo i suoi figli.
Rei era straordinariamente collaborativa nel tranquillizzarlo, mandandogli un messaggio ogni volta che Fuyumi e Natsuo rientravano a casa dai rispettivi impegni. Col maggiore e il minore, rispettivamente un agente segreto e un giovane Hero debuttante, la storia era completamente diversa.
Enji avrebbe voluto essere semplicemente felice di averli ancora entrambi a casa, con lui, essere orgoglioso di loro e dimostrarlo, ma la verità era che se Touya e Shouto erano in missione, ogni ambulanza che sfrecciava per la strada a sirene spiegate poteva essere per loro. E la colpa era sua, solo sua, perché i suoi figli non si erano messi da soli su quella strada di grandi imprese e pericoli mortali dietro ogni angolo, no, ce li avevi spinti lui - con particolare forza - e ora ne pagava le conseguenze.
Quando Enji era venuto a conoscenza della gravidanza di Touya, superato il trauma iniziale, aveva quasi - quasi - tirato un sospiro di sollievo: la situazione delicata gli concedeva almeno un anno di fronte in cui avrebbe avuto il suo primogenito sotto gli occhi, mentre Shouto, che era leggermente più gestibile, avrebbe continuato a lavorare alle sue dipendenze.
In prima battuta, Enji aveva visto solo il lato positivo - avere Touya a casa, al sicuro, con lui e abbastanza tempo a disposizione per provare a parlare di uno strappo troppo difficile da ricucire - poi la pancia aveva cominciato a vedersi e la realtà lo aveva colpito impietosa.
“Il nostro bambino sta per avere un bambino,” si disperò al telefono, sul marciapiede di fronte alla vetrata della pizzeria in cui aveva portato i ragazzi a mangiare, mentre l’emoji a cuore dell’insegna del SexyShop dall’altra parte della strada lo derideva bellamente.
La risata sobria di Rei lo raggiunse attraverso la cornetta.
“Sì, Enji, me lo ricordo.”
Bene, perfetto, lo prendeva in giro anche lei.
“E tu riesci a dormire sonni tranquilli?” Domandò il Number One. Per lui non era neanche pensabile.
“La tranquillità è una pretesa un po’ superba con dei figli come i nostri,” rispose la sua ex moglie. “E la gravidanza è un momento delicato, so cosa sta vivendo Touya, cosa lo aspetta e questo non può non darmi pensiero.”
Enji infilò la mano libera, quella sana, nella tasca del cappotto.
“Ma sembri accettarlo con tanta serenità…”
La sua era pura invidia. Se fosse riuscito a mettere in fila le sue emozioni in modo da tramutarle in parole, forse non avrebbe versato in uno stato tanto miserabile.
“Perché tu non ci riesci?” Gli domandò Rei, paziente.
Enji lanciò un’occhiata alla pizzeria alle sue spalle: il tavolo dei ragazzi era proprio accanto alla vetrata e Touya era quello seduto più vicino all’ingresso. Trafficava col cellulare - di Shouto, perché a lui non era permesso averne uno - forse per capire che cosa stesse trattenendo Hawks dal raggiungerli. Il Number One avrebbe pagato tutto l’oro del mondo per sapere che cosa gli passasse per la testa ma, occhio e croce, non sembrava afflitto da nemmeno metà dei suoi pensieri.
“Enji?”
Nel sentire la sua ex moglie pronunciare il suo nome, l’Hero si riscosse.
“Sì?”
“Che cos’è che ti spaventa tanto?”
Tutto.
“Appena ieri, Touya aveva cinque anni,” disse Enji, senza pensare. Perché quando il suo primogenito sorrideva - non a lui, mai a lui - non poteva fare a meno di rivedere quel bambino che gli mostrava il pugno avvolto dal fuoco, tutto orgoglioso. Quanto odiava se stesso per non essere riuscito a vedere la perfezione di quei momenti, per aver distrutto quell’innocenza, riducendola in cenere e ombra. Non possedeva ricordi simili con nessun altro dei suoi figli, nemmeno con Shouto.
Enji non era nemmeno sicuro che Shouto gli avesse mai sorriso da bambino.
Ed eccoli lì, i suoi ragazzi, ventisei e diciotto anni, seduti l’uno accanto all’altro in una pizzeria del centro, circondati dagli affetti che si erano creati - compreso quello che li legava l’uno all’altro - mentre lui stava avendo una crisi di panico sul marciapiede.
Appena ieri, Touya era morto. Fu quello che Enji non disse. Appena ieri, Touya era Dabi.
Quando Rei parlò di nuovo, l’Hero percepì il sorriso nella sua voce e la stessa amarezza che appesantiva il suo cuore: “Touya è diventato grande, Enji,” mormorò. “Fino a poco tempo fa, pensavamo che questo ci fosse stato strappato per sempre. Guardalo…”
Enji lo fece: Touya stava ancora digitando un messaggio sul display del cellulare ma quando Shouto allungò la mano sotto il tavolo per accarezzargli la pancia, si sorrisero l’un l’altro per un breve istante.
“Non pensi sia bellissimo?” Domandò Rei nel suo orecchio.
Enji distolse immediatamente lo sguardo per non dover affrontare una crisi di pianto nel bel mezzo della strada. Si schiarì la voce con un colpo di tosse.
“Porta quella pancia con una naturalezza…” Bofonchiò, quando fu di nuovo in grado di parlare.
“Si vede appena,” ridacchiò Rei.
“Io la vedo eccome,” ribatté Enji. “Non posso fare a meno di guardarla.” Una pausa. “C’è un bambino lì dentro, Rei.”
Punto a capo. E il delirio ricominciava, ma la sua ex moglie ormai rideva bonariamente della sua stupidità.
“Ci vorrà tempo per abituarsi all’idea,” gli concesse Rei. “Siamo solo all’inizio, forse nemmeno Touya e Hawks si rendono conto di quello che sta succedendo, ma è facile che felicità e paura si sovrappongano durante una gravidanza e anche dopo, quando ti ritrovi un bambino tra le braccia che dipende da te e non hai idea di cosa fare. Siamo gli unici genitori che hanno, dobbiamo rimanere saldi, per loro.”
Più che saldo, Enji si sentiva sull’orlo di un precipizio, ma era troppo orgoglioso per ribadirlo. L'obiettivo, in fin dei conti era sempre lo stesso: doveva - e voleva - esserci per Touya, anche se suo figlio lo avrebbe odiato per il resto della vita.
“Papà?”
Fu proprio il suo primogenito ad affacciarsi per accertarsi di cosa stesse facendo.
“Stai parlando con Keigo?” Indagò.
Enji sapeva di essere paranoico ma, prima di rispondere, lo squadrò da capo a piedi per valutare se la felpa nera che aveva addosso fosse sufficiente a coprire la pancia. Oggettivamente lo era, eppure il Number One continuava a vedere cosa ci era nascosto sotto.
“Papà?” Lo richiamò Touya, insofferente,
Enji sussultò.
“Sì?”
“Stai parlando con Keigo?”
“No, con tua madre.”
“Ah…” Commentò suo figlio, deluso. “Rientra, almeno ordiniamo. Stiamo tutti morendo di fame.”
Perché Touya non poteva avere un figlio con un bravo ragazzo qualunque, no, doveva mettere su famiglia con l’Hero Number Two del paese, addestrato dal governo stesso, coinvolto in faccende di cui Enji non poteva sapere i dettagli per la sua sicurezza e quella nazionale. In conclusione, non solo si preoccupava per Touya e per Shouto, ma si dava pensiero anche per Hawks. Poi c’erano i giorni in cui Deku e Dynamight decidevano di provare a morire sul posto di lavoro e…
Enji scosse la testa: era troppo stanco per riflettere su tutti i possibili futuri tragici dei ragazzi.
“Rei?”
“Sei più tranquillo ora?”
Decise di essere onesto: “farò finta di esserlo.”
“Hai portato i ragazzi fuori?”
“Io e AllMight abbiamo deciso di offrire a tutti una pizza.”
Faceva già ridere così, senza ulteriori spiegazioni.
“Divertitevi, allora.”
Tra un pensiero paranoico e l’altro, pensò Enji.
“Grazie, Rei.”
“Quando hai bisogno, chiama.”
Rei era una spalla in tutto ciò che riguardava i ragazzi e il Number One non si sarebbe mai permesso di chiederle qualcosa di più, anche se Touya non rendeva le cose facili a nessuno dei due.
Entrando in pizzeria, fu accolto dalle lamentele rabbiose di Katsuki, accompagnate da quelle più contenute di Touya. Izuku gli fece piacere di quietare il suo amico d’infanzia, mentre Tenko beveva la sua acqua come se non lo avesse neppure visto.
“Smettetela di fare casino e decidete cosa ordinare,” disse Enji, prendendo posto accanto all’unico uomo che, insieme a lui, alzava notevolmente l’età media di tutto il tavolo.
“Un’emergenza?” Domandò AllMight gentilmente.
Sapeva bene che i turni di un Hero erano solo una bella bugia per illudersi di avere una routine e più si era in alto in classifica, meno era facile avere una vita. Enji non si era mai fermato a rifletterci, ma l’uomo mingherlino che gli era accanto era l’unico Hero in vita, insieme a lui, a conoscere il peso del titolo di Number One.
“No,” rispose Endeavor. “Era mia moglie.”
Ex-Moglie. Doveva ancora farci l’abitudine.
“Ti hanno fatto impazzire?” Aggiunse, come se tutti e cinque i ragazzi seduti al tavolo fossero roba sua e la loro condotta fosse una sua responsabilità.
“Oh, no, i tuoi ragazzi sono molto tranquilli e quando è in compagnia, Tenko parla a stento,” rispose AllMight. “È il giovane Bakugou a portare scompiglio con i suoi malumori, di solito e il giovane Midoriya, per cercare di calmarlo, contribuisce alla confusione, ma è un terreno su cui so come muovermi.”
Già, si ricordò Enji, i due impiastri freschi di diploma che aveva assunto insieme a suo figlio si potevano definire entrambi eredi di AllMight. A volte lo dimenticava, forse perché li aveva avuti sotto gli occhi dal loro primo anno di liceo.
“So che ci siamo già visti dopo la notizia del futuro lieto evento, ma non abbiamo avuto modo di parlarne,” disse l’ex Number One, azzardando un’amichevole pacca sulla spalla del suo successo. “Congratulazioni.”
Istintivamente, Enji guardò Touya, che stava di nuovo cercando tracce di Hawks nell’archivio messaggi del cellulare di Shouto.
“Grazie,” rispose, senza nessuna particolare informazione.
“Il giovane Touya sembra stare bene,” aggiunse AllMight.
Enji non poteva dirgli che viveva nel terrore che Touya non stesse affatto bene, ma non glielo dicesse.
“Pensi che si veda?” Domandò, invece.
L’uomo al suo fianco lo guardò con perplessità.
“Prego?”
“La pancia ha cominciato a vedersi nell’ultima settimana,” spiegò Enji, cercando di celare l’imbarazzo. “Vorrei capire se un occhio esterno è in grado di notare qualcosa.”
“Ammetto che quando si è alzato per chiamarti, nulla mi è saltato all’occhio,” disse AllMight.
“Bene.”
“Quando dovrebbe nascere?”
“Ad agosto.”
“I ragazzi mi hanno detto che già sapete il sesso.”
“Sì,” confermò Enji. “È un maschio.”
La notizia lo aveva gelato senza un reale motivo. L’idea astratta di un bambino che cresceva nella pancia del suo primogenito era già traumatica di per sé, sapere che era un maschietto aveva dato a tutto maggiore concretezza. Era stato lo stesso per Hawks, ma la sua reazione non era stata quella di uno stupido pezzo di ghiaccio. No, il Number Two si era emozionato ed Enji poteva giurare di non averlo mai visto così.
Ordinarono e non appena il cameriere si fu allontanato, il Number One scorse i nomi delle pizze scritte sul menù-tovaglietta per controllare gli ingredienti di quella ordinata dal suo primogenito. C’erano alimenti pericolosi per la gravidanza e la sua ansia gli ordinava di assicurarsi che Touya non si fosse distratto nella scelta.
Gli venne un dubbio.
“Scusami,” disse, rivolgendosi ad AllMight, poi tirò fuori il cellulare dalla tasca. Questa volta, certo che sarebbe stato una conversazione veloce, non si alzò.
Rei rispose dopo tre squilli.
“Enji?”
“Rei, hai idea se Touya possa mangiare piccante?”
“Se ne ha voglia, sì, basta che sia tutto cotto. Ma, Enji, io sono certa che Touya sappia benissimo cosa può mangiare e cosa no.
“Lui sì, io no.”
E la sua mania del controllo gli imponeva di cercare certezze anche negli affari che non lo riguardavano.
“Oh, Enji, questo bambino non lo devi mica partorire tu-“
Rei lo prese in giro, poi tentò di tranquillizzarlo ma Enji si perse a metà del discorso: Hawks varcò l’ingresso della pizzeria con ancora la divisa da Hero addosso e Touya si decidete a restituire il cellulare al fratello minore.
Il suo primogenito fu contenuto, non disse niente, ma lo sguardo dei suoi occhi turchesi espresse quanto bastava.
“Mi hanno convocato per dei documenti urgenti per il tuo congedo parentale,” disse Hawks, tirando fuori tre fogli dalla tasca interna della giacca. “Due firme e poi mangiamo la pizza.”
Touya alzò gli occhi al cielo, afferrando la penna che il compagno gli offriva.
Appena il tempo di scrivere Todoroki sul primo spazio in bianco che Shouto s’intromise: “quello non è un documento per il congedo parentale.”
La mano di Touya smise di scrivere immediatamente, guardò suo fratello e poi si disturbò a leggere cosa stava firmando.
Enji vide i suoi occhi turchesi animarsi di una luce che non conosceva.
Touya abbandonò la penna sul tavolo e quando cercò lo sguardo di Hawks, era palesemente senza parole. Shouto, accanto a lui, versava nel medesimo stato.
Enji non capiva che cosa stesse succedendo. Continuava a sentire la voce di Rei nel suo orecchio, ma non riusciva a capire neanche una parola.
In quell’atmosfera attonita, Dynamight allungò il collo per capire che cosa ci fosse scritto su quei fogli di tanto sconvolgente. Tenko cercò di fare la stessa cosa, ma in modo più discreto. Quando Deku se ne accorse e li rimproverò tutti e due, era già troppo tardi.
Ci fu un breve coro di: “Ma che cazz-“
Interrotto da Hawks che si rivolgeva a Touya con fare solenne.
“Dì di sì.”
Touya si decise ad aprire la bocca, ma gli uscì solo una risata nervosa.
“Non me lo hai chiesto neanche,” obiettò.
“Vuoi che te lo chieda come comanda la tradizione? Va bene.”
Non appena Hawks appoggiò un ginocchio a terra, Enji ebbe una vaga idea di quello che stava accadendo davanti ai suoi occhi e si sentì morire.
“Todoroki Touya.” Hawks prese la mano di suo figlio come se fosse sua e ne avesse il diritto. “Vorresti essere mio complice in questa pazzia e sposarmi?”
Era quello il momento in cui Enji, in quanto padre, si alzava e tuonava un io mi oppongo? Saperlo non gli sarebbe servito a niente, perché non riusciva a respirare, figurarsi a parlare.
Preso dall’emozione della scena, AllMight mise da parte le formalità e gli strinse un braccio. Deku ebbe la stessa reazione, aggrappandosi a Katsuki a destra e a Tenko a sinistra.
Mentre tutti i presenti nella pizzeria avevano abbandonato la loro cena per essere testimoni della scena, tra qualcuno che gridava ”ma è Hawks!” e qualcun altro che ribatteva ”ma quello è il figlio di Endeavor!”, come se Enji non fosse lì di persona, ad appena un metro, Touya si decise a dischiudere le labbra per rispondere…
“Avete il Sexy Shop dietro,” disse Tenko, sollevando l’indice per indicare l’insegna che, oltre la vetrata, faceva da cornice superiore alla scena romantica. “Number Two, stai facendo la proposta di matrimonio con il SexyShop sullo sfon-“
Un bicchiere volò in direzione di Tenko, lo colpì sul naso e poi andò in mille pezzi sul pavimento.
L’atmosfera era stata distrutta e Touya, per carattere, non concedeva il perdono a nessuno.
“Ma tu perché non sei morto quando dovevi morire?” Sibilò.
“Potrei dire la stessa cosa di te!” Ribatté Tenko, con voce nasale, mentre si copriva il naso leso.
Deku si aggrappò al braccio di Tenko e AllMight corse in suo soccorso, mentre Shouto e Hawks cercavano di tenere Touya seduto.
Dynamight era l’unico personaggio in scena apparentemente felice: “rissa!” Esclamò, battendo le mani sul tavolo.
“Enji!”
La voce allarmata di Rei riscosse Endeavor dal suo stato catatonico.
“Enji, sei ancora lì? Che sta succedendo?”
“…Ti richiamo.”

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