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CowT12 Week 5
M3: Cambiamento/Stasi (Stasi)
Kunikida Doppo non odiava i cambiamenti.
Quello che gli faceva saltare i nervi era l'imprevedibilità e, suo malgrado, si era ritrovato ad avere come partner l’incarnazione perfetta di quel concetto.
“Dazai, una parola.”
Era raro che si ritrovassero da soli in ufficio. Di solito, Dazai Osamu era l’ultimo ad arrivare e il primo ad andarsene. Kunikida faceva tutto il contrario.
“Parla,” gli concesse il suo partner, interrompendo l’ennesima rilettura del suo libro di suicidi. “Ci siamo solo noi due qui.”
Kunikida si aggiustò gli occhiali sul naso con aria drammatica, spostò la propria poltrona in modo che potessero guardarsi negli occhi. “Qui le cose devono cambiare.”
Non fu la scelta di parole giusta: Kunikida Doppo agognava l’equilibrio, la calma, le cose che rimanevano come erano… Fino a che lui non decideva che potevano divenire altro.
Dazai sbatté le palpebre un paio di volte. “Ancora?” Domandò, incerto. “Nell’ultimo anno è successo di tutto. Prima Atsushi, poi Kyouka e adesso Ryuu. Se adottiamo qualcun altro, ci toccherà affittare il piano di sotto!”
La vena sulla tempia destra di Kunikida prese a pulsare pericolosamente. “Adottiamo?”
Dazai scrollò le spalle. “Siamo una grande fami-“
“Chi è che esce dall’ufficio per annegarsi e finisce per raccogliere un orfano sulla riva del fiume?”
“Atsushi è stato una doppia vittoria. Abbiamo fatto un ottimo acquisto e risolto un caso nel giro di una cena.”
“E ha seguito subito il tuo esempio!”
“Hai il coraggio di lamentarti di Kyouka?”
“E di quell’altro ne vogliamo parlare?”
Dazai alzò le mani. “Ryuu è arrivato da solo, sulle sue gambe.”
Kunikida assottigliò gli occhi. “Ma non hai mai preso in considerazione l’idea di restituirlo, vero?”
“Perché avrei dovuto?” Dazai scrollò le spalle. “Ho aspettato per mesi che bussasse a quella porta e che Atsushi fosse qui per aprirgli.”
“E, come volevasi dimostrare, è accaduto tutto per colpa tua!”
Kunikida non si aspettava una conclusione differente. Era così da più di due anni: Dazai Osamu era entrato nella sua super organizzata, prevedibile e statica vita e l’aveva resa una serie di caotici eventi.
“Colpa…” Dazai fece un gesto con la mano come a dire che stava esagerando. “Avevo speranza, ma non potevo certo legarli insieme.”
Kunikida inarcò le sopracciglia. “Chi?”
“Cosa, chi?”
“Non fare il finto tonto o ti prendo a sberle!”
Dazai non replicò subito. Lo fissò attentamente, poi piegò le labbra in uno di quei ghignetti derisori che ispiravano violenza. “Ma davvero non lo hai capito?”
Kunikida appoggiò la spalle allo schienale della poltrona e incrociò le braccia contro il petto. “Capito, cosa?” Il rischio che lo stesse prendendo in giro era alto, ma l’espressione sul viso del suo partner non era quella giusta. C’era qualcosa di più e lui non l’aveva afferrata. “Io so solo che oggi Akutagawa si è messo al suo posto con un pacchetto di patatine: una la mangiava e una la tirava ad Atsushi senza motivo.”
Dazai aggrottò la fronte. “Le patatine erano di Ranpo?”
“Probabile… Non cambiare argomento!” Aggiunse Kunikida furioso. “Da quando Akutagawa è arrivato qui, viviamo in un clima di guerra. Atsushi è sempre nervoso, quasi fuori controllo!“
Kunikida voleva premere il tasto indietro. Non pretendeva di tornare al tempo in cui la sua vita assomigliava ancora ai suoi piani, perché - suo enorme malgrado - non voleva cancellare Dazai e Atsushi dalla sua quotidianità. Alla fine della storia, Kyouka non era stata un gran terremoto, ma Atsushi sì. Quello che Kunikida Doppo non avrebbe mai detto ad alta voce era che la Tigre Mannara era valsa ogni minuto di caos. Aveva sconvolto i suoi piani? Senza ombra di dubbio, anche se mai quanto Dazai.
Ma ora Atsushi non era più Atsushi ed era tutta colpa di Akutagawa Ryuunosuke.
“E la cosa peggiore è che nessuno sembra vedere il problema, a parte me!” Aggiunse esasperato. “Quel mafioso ce lo sta rovinando, Dazai!”
“Uno, Ryuu non è più un mafioso. Due, qual è il vero problema? Che Atsushi non sia più il fedele micino che siede vicino a te, pronto a dirti di sì non appena apri bocca?” Dazai sospirò, come se quello ad avere diritto di essere esasperato fosse lui. “Nessuno vede il problema perché il problema non c’è!” Esclamò. “Atsushi è cresciuto e quando si ha diciotto anni, può capitare. Anzi, è ancora nell’età in cui è del tutto naturale e fisiologico.”
Kunikida scosse la testa. “Atsushi era già cresciuto, non ha bisogno di farlo ancora. Io non ho dato il permesso per questa cosa.”
Dazai lo guardò sinceramente divertito. “Allora… Diciamo che per te sarebbe ottimale se tutti rimanessimo come sia in eterno, così che tu possa prevedere il nostro comportamento e, di conseguenza, gestirci nel migliore nei modi, senza che questo vada contro la tua tabella di marcia.”
Il biondo si aggiustò gli occhiali sul naso. “Esattamente,” rispose. “Ma! C’è un ma! So di non poterlo pretendere da te o Ranpo e Yosano. Non sono irragionevole.”
Il maniaco suicida gli lanciò un’occhiata eloquente, che il partner ignorò volutamente. “Tuttavia, c’è Atsushi-“
“Che deve rimanere statico, fino a che tu non trovi lo stato mentale giusto per accettare che cresca.”
“Esatto!” Esclamò Kunikida, poi ci ripensò. “Se lo dici così, mi fai passare come un idiota.” E non c’era nulla di peggio di essere etichettato come idiota da quel grandissimo idiota di Dazai Osamu.
“Perchè è un’idiozia,” confermò il suo partner, con voce gentile e paziente. “Il ragazzino che abbiamo raccolto quel giorno al fiume non c’è più e va benissimo così!”
“Non va bene per niente!” Obiettò Kunikida. “È tutta colpa tua, che sei troppo permissivo, e Akutagawa-“
“E l’incarnazione del male!”
“Precisamente!”
Dazai sbuffò. “Quanto sei noioso e prevedibile, Kunikida. Forse è il caso che ti stacchi un po’ dalla tua adorata stasi e dai una possibilità al cambiamento anche tu!”
“Forse quando, invece delle patatine, voleranno bombe da un lato all’altro di questo ufficio, qualcuno qui dentro mi darà retta!”
“Kunikida…” Dazai si sporse in avanti, appoggiando una mano sulla spalla del collega. “Quei due sono innamorati, per questo Atsushi non sarà mai più quello che era prima di Ryuu. Dagli tempo e rimpiangerai i giorni in cui si tiravano patatine senza motivo.”
Kunikida non reagì immediatamente. “Eh?”
Dazai rise. Era inevitabile. “Eeeeh!”
“Da quando?” Kunikida si sentiva un idiota.
“Tranquillo.” Dazai si alzò in piedi. “Lo sappiamo più o meno tutti da qui alla Port Mafia, tranne loro due. Tu sei solo il terzo.”
M3: Cambiamento/Stasi (Stasi)
Kunikida Doppo non odiava i cambiamenti.
Quello che gli faceva saltare i nervi era l'imprevedibilità e, suo malgrado, si era ritrovato ad avere come partner l’incarnazione perfetta di quel concetto.
“Dazai, una parola.”
Era raro che si ritrovassero da soli in ufficio. Di solito, Dazai Osamu era l’ultimo ad arrivare e il primo ad andarsene. Kunikida faceva tutto il contrario.
“Parla,” gli concesse il suo partner, interrompendo l’ennesima rilettura del suo libro di suicidi. “Ci siamo solo noi due qui.”
Kunikida si aggiustò gli occhiali sul naso con aria drammatica, spostò la propria poltrona in modo che potessero guardarsi negli occhi. “Qui le cose devono cambiare.”
Non fu la scelta di parole giusta: Kunikida Doppo agognava l’equilibrio, la calma, le cose che rimanevano come erano… Fino a che lui non decideva che potevano divenire altro.
Dazai sbatté le palpebre un paio di volte. “Ancora?” Domandò, incerto. “Nell’ultimo anno è successo di tutto. Prima Atsushi, poi Kyouka e adesso Ryuu. Se adottiamo qualcun altro, ci toccherà affittare il piano di sotto!”
La vena sulla tempia destra di Kunikida prese a pulsare pericolosamente. “Adottiamo?”
Dazai scrollò le spalle. “Siamo una grande fami-“
“Chi è che esce dall’ufficio per annegarsi e finisce per raccogliere un orfano sulla riva del fiume?”
“Atsushi è stato una doppia vittoria. Abbiamo fatto un ottimo acquisto e risolto un caso nel giro di una cena.”
“E ha seguito subito il tuo esempio!”
“Hai il coraggio di lamentarti di Kyouka?”
“E di quell’altro ne vogliamo parlare?”
Dazai alzò le mani. “Ryuu è arrivato da solo, sulle sue gambe.”
Kunikida assottigliò gli occhi. “Ma non hai mai preso in considerazione l’idea di restituirlo, vero?”
“Perché avrei dovuto?” Dazai scrollò le spalle. “Ho aspettato per mesi che bussasse a quella porta e che Atsushi fosse qui per aprirgli.”
“E, come volevasi dimostrare, è accaduto tutto per colpa tua!”
Kunikida non si aspettava una conclusione differente. Era così da più di due anni: Dazai Osamu era entrato nella sua super organizzata, prevedibile e statica vita e l’aveva resa una serie di caotici eventi.
“Colpa…” Dazai fece un gesto con la mano come a dire che stava esagerando. “Avevo speranza, ma non potevo certo legarli insieme.”
Kunikida inarcò le sopracciglia. “Chi?”
“Cosa, chi?”
“Non fare il finto tonto o ti prendo a sberle!”
Dazai non replicò subito. Lo fissò attentamente, poi piegò le labbra in uno di quei ghignetti derisori che ispiravano violenza. “Ma davvero non lo hai capito?”
Kunikida appoggiò la spalle allo schienale della poltrona e incrociò le braccia contro il petto. “Capito, cosa?” Il rischio che lo stesse prendendo in giro era alto, ma l’espressione sul viso del suo partner non era quella giusta. C’era qualcosa di più e lui non l’aveva afferrata. “Io so solo che oggi Akutagawa si è messo al suo posto con un pacchetto di patatine: una la mangiava e una la tirava ad Atsushi senza motivo.”
Dazai aggrottò la fronte. “Le patatine erano di Ranpo?”
“Probabile… Non cambiare argomento!” Aggiunse Kunikida furioso. “Da quando Akutagawa è arrivato qui, viviamo in un clima di guerra. Atsushi è sempre nervoso, quasi fuori controllo!“
Kunikida voleva premere il tasto indietro. Non pretendeva di tornare al tempo in cui la sua vita assomigliava ancora ai suoi piani, perché - suo enorme malgrado - non voleva cancellare Dazai e Atsushi dalla sua quotidianità. Alla fine della storia, Kyouka non era stata un gran terremoto, ma Atsushi sì. Quello che Kunikida Doppo non avrebbe mai detto ad alta voce era che la Tigre Mannara era valsa ogni minuto di caos. Aveva sconvolto i suoi piani? Senza ombra di dubbio, anche se mai quanto Dazai.
Ma ora Atsushi non era più Atsushi ed era tutta colpa di Akutagawa Ryuunosuke.
“E la cosa peggiore è che nessuno sembra vedere il problema, a parte me!” Aggiunse esasperato. “Quel mafioso ce lo sta rovinando, Dazai!”
“Uno, Ryuu non è più un mafioso. Due, qual è il vero problema? Che Atsushi non sia più il fedele micino che siede vicino a te, pronto a dirti di sì non appena apri bocca?” Dazai sospirò, come se quello ad avere diritto di essere esasperato fosse lui. “Nessuno vede il problema perché il problema non c’è!” Esclamò. “Atsushi è cresciuto e quando si ha diciotto anni, può capitare. Anzi, è ancora nell’età in cui è del tutto naturale e fisiologico.”
Kunikida scosse la testa. “Atsushi era già cresciuto, non ha bisogno di farlo ancora. Io non ho dato il permesso per questa cosa.”
Dazai lo guardò sinceramente divertito. “Allora… Diciamo che per te sarebbe ottimale se tutti rimanessimo come sia in eterno, così che tu possa prevedere il nostro comportamento e, di conseguenza, gestirci nel migliore nei modi, senza che questo vada contro la tua tabella di marcia.”
Il biondo si aggiustò gli occhiali sul naso. “Esattamente,” rispose. “Ma! C’è un ma! So di non poterlo pretendere da te o Ranpo e Yosano. Non sono irragionevole.”
Il maniaco suicida gli lanciò un’occhiata eloquente, che il partner ignorò volutamente. “Tuttavia, c’è Atsushi-“
“Che deve rimanere statico, fino a che tu non trovi lo stato mentale giusto per accettare che cresca.”
“Esatto!” Esclamò Kunikida, poi ci ripensò. “Se lo dici così, mi fai passare come un idiota.” E non c’era nulla di peggio di essere etichettato come idiota da quel grandissimo idiota di Dazai Osamu.
“Perchè è un’idiozia,” confermò il suo partner, con voce gentile e paziente. “Il ragazzino che abbiamo raccolto quel giorno al fiume non c’è più e va benissimo così!”
“Non va bene per niente!” Obiettò Kunikida. “È tutta colpa tua, che sei troppo permissivo, e Akutagawa-“
“E l’incarnazione del male!”
“Precisamente!”
Dazai sbuffò. “Quanto sei noioso e prevedibile, Kunikida. Forse è il caso che ti stacchi un po’ dalla tua adorata stasi e dai una possibilità al cambiamento anche tu!”
“Forse quando, invece delle patatine, voleranno bombe da un lato all’altro di questo ufficio, qualcuno qui dentro mi darà retta!”
“Kunikida…” Dazai si sporse in avanti, appoggiando una mano sulla spalla del collega. “Quei due sono innamorati, per questo Atsushi non sarà mai più quello che era prima di Ryuu. Dagli tempo e rimpiangerai i giorni in cui si tiravano patatine senza motivo.”
Kunikida non reagì immediatamente. “Eh?”
Dazai rise. Era inevitabile. “Eeeeh!”
“Da quando?” Kunikida si sentiva un idiota.
“Tranquillo.” Dazai si alzò in piedi. “Lo sappiamo più o meno tutti da qui alla Port Mafia, tranne loro due. Tu sei solo il terzo.”