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CowT#9, Settimana 7: M11 "Amanti"


La prima volta che lo incontrasti non fu davvero la prima volta, ma non lo sapevi ancora. Lo vidi prima che lui vedesse te e lo guardasti a lungo dall'angolo opposto di quella sala ricevimenti inondata dal sole. Tutti lo guardavano, lui e la sua famiglia. Beh… Era la famiglia reale ma non era quello il punto.
Durante la tua breve carriera militare ti era già capitato di vedere il re e la principessa erede al trono, sua nipote. Non eri nessuno per rivolgere loro la parola ma erano volti che non potevi non ricordare.
Lui sapevi di non averlo mai visto prima, eppure qualcosa nella tua testa ti ripeteva con insistenza che ti sbagliavi, che quel fanciullo dai capelli corvini già la conoscevi. Non ricambiò a il tuo sguardo. A dire il vero, pareva stesse cercando di evitare quello di chiunque e non per timidezza ma per disprezzo. Non gli piaceva essere al centro di quel ricevimento, non gli piacevano tutte le occhiate, le attenzioni. Ti bastò uno sguardo per capirlo, come se avere accesso ai suoi pensieri per te fosse naturale.
Un uomo molto più alto di lui gli stringeva la spalla, parlandogli a bassa voce e con espressione meno allegra della sua. Non stava ponendo particolare attenzione nemmeno a lui. Tutto lo annoiava, lo disgustava, forse anche il sole primaverile fuori da quelle grandi finestre.
Sorridesti tre te e te, prendendo un sorso dal calice di vino che ti avevano messo in mano appena entrato nel salone. Era stata una decisione del Comandante portarti. Eri il più bravo, il più capace di reggere la pressione di quel mondo fatto di uomini potenti ma incapaci. Sapevi di essere lì per fare bella figura, per vendere a quella gente un’immagine positiva della giovane milizia.
Nessun addestramento ti aveva preparato a un simile compito ma non era nella tua natura tirarti indietro. Forse ti sentivi perso, fuori luogo ma riuscivi a nasconderlo bene con tutta la compostezza che per i tuoi diciassette anni poteva solo definirsi assurda.
Era questo sembrava più grande a renderti diverso dagli altri.
Nell’incantarti di fronte a quel nobile fanciullo dai capelli corvini, però, divenni di nuovo solo un adolescente troppo giovane per i suoi doveri. Quegli occhi di ghiaccio ti attirarono, ti distrassero.
Feci un passo in avanti, un nobile ti tagliò la strada a finisti col rovesciare il tuo vino sulla sua camicia.
“Mi dispiace,” dissi prontamente, con educazione impeccabile.
“Guarda dove metti i piedi, moccioso!”
“Sono desolato.”
Quell’uomo, però, smise di preoccuparti non appena alzasti di nuovo lo sguardo. Non ti accorsi del Comandante che ti guardava come se avessi appena commesso il più atroce dei crimini, non te ne importò. Per la prima volta da quando eri divenuto un soldato, del tuo dovere nei confronti della tua gente e della tua nazione non poteva importarti di meno.
Il fanciullo dai capelli corvini aveva sollevato gli occhi nella tua direzione e sorrideva. Era un’espressione appena percettibile, gli angoli della sua bocca si erano alzati di poco e non sembrava essersene neanche accorto. La noia nei suoi occhi di ghiaccio si era tramutata in un divertimento silenzioso, discreto.
Ti derideva per la tua goffaggine? Il pensiero ti mise in imbarazzo e rivolsi subito la tua attenzione altrove, sentendoti ridicolo per la tua condotta infantile, sebbene non avessi fatto nulla.
“Vieni, Levi.”
Quel nome giunse alle tue orecchie per caso, in mezzo al brusio che riempiva la sala affollata. Non seppi spiegarti come quel suono ti arrivò tanto chiaro, familiare nello stesso strano modo in cui lo era il viso di quel fanciullo. L’uomo alto che non aveva mai lasciato il suo fianco gli aveva circondato le spalle e lo stava guidando verso un altro salone.
Il giovane dai capelli corvini si liberò di quella sorta di abbraccio con una scrollata di spalle. L’uomo lo guardò annoiato ma non lo rimproverò e lo precedette nella stanza accanto.
Non ti mossi, i tuoi occhi azzurri fissi sul profilo di quel fanciullo di cui avevi appena scoperto il nome senza chiederglielo.
Levi.
Non ti accorsi nemmeno di star trattenendo il respiro fino a che il tuo Comandante non ti richiamò all’ordine. “Andiamo, Erwin.”
“Agli ordini, Comandante,” risposi con tono automatico, senza nemmeno udire le tue stesse parole.
Non ti mossi, non ancora.
Voltati, pensasti, pregasti quasi. Voltati.
Come se ti avesse udito, il fanciullo dai capelli corvini posò i suoi occhi di ghiaccio sul tuo viso.
Quel sorriso derisorio non era stato per te ma per il nobile uomo che avevi messo in imbarazzo con la tua goffaggine, la stessa che aveva attirato la sua attenzione. Già, avevi attirato l’attenzione di Levi, chiunque fosse e ne eri felice.
Decisi di fare un passo azzardato: sorridesti.
Fui ripagato per il rischio.
Il fanciullo dagli occhi di ghiaccio piegò appena le labbra.
Fu un attimo.
“Levi!”
“Erwin!”
Levi si voltò per primo, ma i suoi occhi rimasero su quelli di Erwin fino all’ultimo.
Divennero amanti senza toccarsi, con uno sguardo ma non lo sapevano ancora.

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