La lunga strada verso casa
CowT 13. Week 2
M3: 07. Due o più personaggi viaggiano insieme ed esplorano il loro rapporto lungo la strada.
“Sei sicuro che non vuoi che rimanga?” Hawks appoggiò il borsone sul bracciolo del divano e lo aprì per controllare un’ultima volta di aver raccolto tutte le sue cose.
Seduto a gambe incrociate sulla chaise longue, Touya stava facendo lo stesso.
“Ne abbiamo già parlato, Keigo,” disse, tradendo una serenità che era rara da parte sua. “È una cosa che devo fare da solo.” Chiuse la zip del suo bagaglio, come per sottolineare la definitività della sua decisione. “Inoltre, ti ricordo che hai passato più di un anno a spingermi a farla.”
“Sì, ma era prima che ti rapissi,” ribatté l’Hero.
“Non essere assurdo.” Touya rise, deridendolo un poco. “Anche se ti accusassi di rapimento, non mi crederebbe nessuno.”
Non era verosimile che Hawks potesse sequestrare con la forza Todoroki Touya senza causare due o tre incendi color blu nel processo. E la loro fuga era stata discreta, silenziosa, tanto che nemmeno la Commissione si era accorta di nulla.
“E non abbiamo fatto tutto da soli,” aggiunse Touya. “Ricorda di chi è questa casa e chi ci ha coperti nelle ultime settimane.”
“Shouto…”
“Mio fratello è l’unico che può sfilarsi da questa situazione senza subirne le conseguenze. Non è un Hero professionista, non ha il diploma e non è neanche maggiorenne."
“Solo per un paio di giorni ancora.”
“Shouto non è responsabile per me o per i guai che combino, mio padre sì e ci ha tenuto il gioco per più di un mese.” Touya parlava col sorrisetto soddisfatto di chi li teneva tutti in pugno. E lo faceva, forse con la sola eccezione proprio di Shouto.
Hawks accettò quella realtà senza ribellarsi: l’idea di fuggire e sparire per un po’ era stata sua, Touya si era limitato a proporre la casa al mare della sua famiglia come rifugio. Non se ne pentiva. No, neanche un po’ e se Mera lo fosse venuto a sapere, non sapeva se sarebbe riuscito a mentire a riguardo.
No, basta bugie. La ragione per cui Touya voleva affrontare suo padre da solo era proprio per evitare d’impilare un segreto sopra l’altro come era stato fatto in passato.
Il tempo che avevano passato in quella casa al mare non aveva senso, se non erano disposti ad accettare le lezioni impartite dagli errori di ieri per imparare a costruire un domani migliore.
Cosa ne sarebbe stato di loro due non era certo, ma Hawks era disposto a rischiare, a crederci, anche se lo infastidiva dover battere in ritirata per sgombrare il campo a Touya ed Endeavor. Ma, evidentemente, entrare in quella famiglia significava anche dover accettare che la sua presenza non era molto utile tra due fuochi - letteralmente.
“Tu sai che ti ritroverai faccia a faccia con un concentrato di ansia, vero?” Domandò Hawks, come se l’ansia al pensiero di lasciare padre e figlio da soli non ce l’avesse lui. “Un concentrato infiammabile, per di più.”
Touya scostò la frangia bianca da davanti agli occhi con uno sbuffo.
“Keigo, dai…”
“Sono solo preoccupato per voi.”
“Keigo, davvero, cosa vuoi che succeda?”
Hawks lo guardò in modo molto eloquente.
“Touya, vuoi che ti faccia un recap del vostro storico in ordine cronologico o alfabetico?”
“Sta nevicando.”
“Eh?”
“Sta nevicando,” ripeté Touya.
Hawks si voltò: la leggera pioggerellina che aveva bagnato le finestre per tutta la mattina ora era evidentemente più densa; non era ancora propriamente neve ma lo sarebbe diventata.
“Riesci a volare così?” Domandò Touya.
Hawks si aggiustò la giacca sulle spalle e prese ad abbottonarla.
“È un volo breve da qui alla città, non preoccuparti,” lo rassicurò. “Non lo è altrettanto un viaggio in macchina fino a Musutafu e se cominciano a scendere dei fiocchi in questa regione, significa che più a nord deve aver già imbiancato.”
Touya liquidò il problema con una scrollata di spalle.
“Non guido io.”
“Non è quello che mi preoccupa.”
“Non soffro il freddo.”
“Nemmeno quello.”
Dall’occhiata che l’Hero ricevette, fu evidente che il Todoroki non sarebbe stato paziente nei confronti delle sue proteste ancora per molto. Il viso di Touya tornò a essere il ritratto della noia - la sua espressione di default, quella con cui l’aveva conosciuto - e Hawks seppe di dover addolcire l’atmosfera.
“Vieni qui,” disse, allungando una mano guantata.
“Non mi va.”
Capricci, doveva aspettarselo.
Hawks percorse quei due metri e mezzo che lo separavano dalla chaise longue e si sedette di fronte a Touya.
“Mi mancherà tutto questo,” disse, abbracciando con lo sguardo tutta la zona giorno di quella casa sul mare.
“Non ci stiamo mica dicendo addio,” ribatté Touya. “Non questa volta.”
“No, lo so.” Hawks provò ad aggiustare una ciocca di capelli bianchi dietro l’orecchio di Touya, ma questa si liberò in fretta, indomita e ribelle come lo era il giovane uomo a cui apparteneva. “Ma queste settimane… Questo momento non tornerà mai più e credo proprio che il loro ricordo mi accompagnerà per tutta la vita. Tra molti anni-“
“Molti anni?” Ripeté Touya, con un ghignetto dei suoi.
“-ti guarderò e continuerò a vederti come sei in questo momento.”
Hawks si fece più vicino, tanto da toccare la punta del naso dell’altro con il proprio.
Touya non rispose immediatamente. Spostò lo sguardo sulle finestre - ormai cadevano dei veri e propri fiocchi di neve dal cielo - come se avesse paura che i suoi occhi potessero riflettere troppo. Anche se avesse voluto dire qualcosa, la vibrazione del cellulare di Hawks stroncò ogni suo tentativo di parlare sul nascere.
“È tuo padre,” disse l’Hero, leggendo il messaggio sul cellulare. “In pochi minuti sarà qui.”
Si guardarono. Erano rimasti in quella casa per meno di sei settimane e sembrava dovessero separarsi dopo un’intera vita insieme. Touya si rese conto allora, sulla soglia della fine di quel capitolo della loro storia, che cosa intendesse davvero dire Hawks con questo momento non tornerà mai più.
Una volta uscito da lì, Touya sarebbe salito in macchina con suo padre e avrebbe cominciato a raccontare, dall’inizio, omettendo le parti che nemmeno il genitore più comprensivo avrebbe voluto sapere. Una volta arrivati a casa, quel qualcosa che era stato solo suo e di Hawks non avrebbe più riguardato unicamente loro.
Non era certo che gli piacesse, ma non aveva dubbi sul fatto che fosse necessario.
“È ora che tu vada,” disse Touya, dando all’Hero quel bacio a stampo che aveva cercato qualche istante prima.
Hawks non si accontentò, fece scivolare le dita tra i suoi capelli e chiese di più, mentre Touya sorrideva contro la sua bocca. Quando gli occhiali ricaddero sul naso dell’Hero, si separarono.
“Va bene, va bene,” disse Hawks, alzandosi in piedi. “Me ne vado. Ti prego, chiamami se uno dei due sente la necessità di appiccare un incendio.”
“Sta nevicando,” gli fece notare Touya.
“Come se il ghiaccio ti avesse mai fermato,” disse Hawks, caricandosi in spalla il suo borsone. “Vado, fai il bravo.”
“Se non lo facessi, sai dove venirmi a cercare.”
“Touya…”
“Ciao, Keigo.”
Il Todoroki agitò la mano, invitandolo a prendere la via della porta.
Hawks gli lanciò un’ultima occhiata, come un uomo che non è convinto di quel che fa ma è deciso a compiere un atto di fede.
Non appena gli diede la schiena, Touya venne colto da un pensiero improvviso e aprì alla svelta il proprio borsone.
“Keigo?”
L’Hero si voltò e una t-shirt bianca lo colpì in faccia.
“Nel caso sentissi nostalgia del mio odore,” disse Touya.
Hawks prese l'indumento con la mano libera, capendo il riferimento a quella prima notte che avevano passato insieme sul divano di un locale ormai bruciato.
“L’ultima volta mi hai lasciato l’intimo,” ricordò, provocatorio.
Touya scrollò le spalle.
“Se vuoi che entri in macchina di mio padre senza mutande-“
“La maglietta mi rende felicissimo.”
Hawks mise un piede fuori dalla porta, poi cercò gli occhi turchesi per un ultimo scambio di sguardi.
“Ti cerco io.”
Se Endeavor non viene a cercarmi per primo.
“Ciao, Keigo.”
“Ciao, Touya.”
Touya sentì l’auto parcheggiare davanti le scale del portico appena una decina di minuti dopo. Si affacciò per assicurarsi che fosse chi aspettava e non si mosse dalla finestra per qualche minuto. Quando fu chiaro che suo padre non aveva alcuna intenzione di scendere - le temperature di quel giorno non erano sue alleate - Touya recuperò il borsone dal divano e uscì sul portico. Chiuse la porta d’ingresso a doppia mandata, poi infilò le chiavi nella tasca del giubbotto di pelle.
Puntò al portabagagli, ma lo trovò chiuso. Bussò un paio di volte sul lunotto posteriore e vide la sagoma scura di suo padre che prima si girava a cercare qualcosa a destra, poi a sinistra.
Cominciamo bene, pensò Touya, alzando gli occhi al cielo. Non sa nemmeno come si apre il bagagliaio della sua auto, come è riuscito ad arrivare fino a qui?
I fiocchi di neve ebbero il tempo di ricoprirgli le spalle, prima che il portellone si aprisse. Touya abbandonò il suo bagaglio e lo richiuse, poi aprì la portiera dal lato passeggero e si accomodò con i piedi sul cruscotto.
Sentì lo sguardo allibito di suo padre su di sé per alcuni, lunghissimi, istanti di silenzio e sogghignò compiaciuto.
“Cos’è questo atteggiamento?” Domandò Todoroki Enji.
Touya si decise a guardarlo: era decisamente stanco, coi nervi a fior di pelle e sembrava non radersi da un po’.
“La barba t’invecchia,” commentò. “Già che non parti in vantaggio…”
Il genitore gli diede un colpetto alla gamba.
“Siediti composto e allaccia la cintura di sicurezza.”
Lo guardava a stento, faceva discorsi pratici. Era evidente che non sapeva come cominciare un dialogo e stava prendendo tempo per mettere insieme una battuta di apertura decente. In altre occasioni, Touya avrebbe infierito, ma Hawks aveva ragione, il viaggio che li aspettava era lungo davvero e parlare serviva più a lui che al suo vecchio. Decise di concedere all’Hero Number One una piccola dose della sua pazienza, prese tempo togliendosi il giubbotto per sistemarlo sul sedile posteriore.
“Sei in t-shirt,” gli fece notare suo padre.
Touya non comprese l’obiezione.
“È un crimine?”
“Sta nevicando,” puntualizzò Enji, indicando la spiaggia per metà coperta da un sottile strato di neve e per metà divorata dal mare agitato.
“Mi hai fatto tu, te lo ricorderai che resisto molto al freddo,” disse Touya, sarcastico. “Tutti i problemi sono iniziati proprio da questo fatto, lo hai dimenticato?”
Suo padre si agitò al posto guida.
“Sì, non soffri il freddo, poi ti ammali, quaranta di febbre e corsa al pronto soccorso pediatrico!”
Touya provò a ingoiare una risata, ma non gli riuscì troppo bene.
“Se mi porti al pronto soccorso pediatrico adesso, c’internano tutti e due.”
Enji lo guardò per la prima volta da quando era entrato in macchina. Ora che si era sfogato con un paio di stronzate a caso, Touya poté vedere tutta la preoccupazione che aveva portato alle occhiaie scure sotto i suoi occhi.
“Stai bene?” Domandò l’Hero.
Il giovane annuì, niente veleno, niente sarcasmo.
“Dov’è Hawks?”
“Gli ho detto di tornare a casa. Sta bene anche lui.”
“Non m’interessa come sta lui.”
Touya fu sorpreso da quell’uscita.
“Sei arrabbiato con lui e non con me?”
Era una novità che non aveva previsto.
“Tutta questa follia è stata una sua idea, no?”
Sì, era stata la decisione giusta sottrarre Hawks da quell’equazione. Ci sarebbe stato un luogo e un momento per i due Hero di parlare dell’accaduto, ma per il bene dei futuri team-up tra il Number One e il Number Two, Touya doveva smussare qualche angolo.
“Ti ho affidato a lui,” continuo Enji.
“Tecnicamente, la Commissione mi ha affidato a lui.”
E a te.
“Hawks mi ha dato la sua parola!” Insistette Endeavor. “Mi aveva promesso che ti avrebbe protetto!”
Touya prese un respiro profondo.
“Primo, sono qui davanti a te e non mi è successo niente,” disse. “Secondo, solo tu e Keigo potete farvi promesse tanto idiote, quando rischiamo tutti la vita per lavoro ogni giorno. Terzo, so proteggermi da solo.”
“Lo so questo!” Esclamò Enji. “Lo so!”
Strinse le dita intorno al volante con tanta forza che Touya non si sarebbe sorpreso se si fosse staccato dal cruscotto.
“So che non mi crederai, ma non si tratta di non credere in te o nelle tue capacità, Touya,” continuò suo padre, tanto afflitto che sembrava sul punto di spezzarsi da un momento all’altro. “Sì, tutti noi rischiamo la vita per il nostro dovere, ma tuo fratello lo fa sotto i miei occhi, tu no! Posso contarle sulle dita le volte che ti hanno assegnato una missione insieme a me! Magra consolazione, dato che non mi ascolti mai!”
Touya non poteva negarlo.
“L’unica cosa a tenermi sano di mente, quando la Commissione arriva per mandarti non so dove a fare non so cosa, è sapere che Hawks è lì con te!”
“Ed è stato con me per tutto il tempo,” puntualizzò Touya anche se, in quel specifico caso, era più un’aggravante a carico dell’Hero alato piuttosto che una rassicurazione. “Papà sono qui, davanti a te, sto bene.” Non era molto paziente di natura, ma se suo padre avesse attaccato con la sceneggiata del genitore afflitto dalla preoccupazione, ne avrebbero avuto fino a Musutafu. Touya aveva qualcosa da dire, per le lagne di Todoroki Enji ci sarebbe stato tempo più tardi.
“Shouto che cosa ti ha detto?” Domandò.
Era certo che suo fratello non avesse spifferato più di tanto, ma era stato Touya a fare quella telefonata e a esporsi per primo.
“Oh, puoi stare tranquillo, tuo fratello è ormai un criminale consumato! Aspetterebbe di vedermi morire di ansia, prima di venderti!”
“Non è un criminale, è solo il miglior alleato in cui potessi sperare. Lo avessi saputo prima…” Touya rivolse a suo padre un ghignetto. “Dai, in fondo, ti fa piacere.”
Enji lo guardò storto.
“Alleatevi quando vi pare, ma non contro di me!”
“A che serve l’alleanza tra fratelli, se non per metterlo in quel posto ai genitori?”
“Touya, hai ventisei anni, prova a parlare e comportarti come un adulto, per piacere.”
“Ne ho venticinque per altri dieci giorni. Il che mi fa pensare… Spero che Izuku e il cane si siano attivati per organizzare qualcosa per il diciottesimo compleanno di Shouto.”
Non appena nominò gli eredi di AllMight, suo padre si massaggiò la fronte stancamente.
“Devo dirti una cosa…” Mormorò poi, tetro, come se dovesse comunicargli l’imminente funerale di Shouto o di uno degli altri due. “Tuo fratello ha una relazione coi due impiastri. Sembra che Bakugou sia un raro caso di Double Soulmate e ha inciso sulla pelle sia il nome di Shouto che quello di Deku. Non ho ben capito come funziona, ma è una cosa seria da parte di tutti e tre.”
Touya sbatté le lunghe ciglia, canzonandolo in silenzio.
“Lo so già, papà.”
Vista la situazione, era un po’ come dare a Endeavor una seconda pugnalata alle spalle e Touya poteva essere riabilitato abbastanza da starsene seduto in quella macchina a parlare, ma nessuno gli avrebbe tolto il gusto di essere un po’ sadico con suo padre quando si presentava l’occasione.
Enji fece la faccia di uno uomo a cui stava per staccarsi la mandibola.
“Che significa che lo sai?” Domandò, con un filo di voce. “Da quando?”
Touya allargò le braccia.
“Dall’inizio…”
Fu abbastanza pietoso da tenere per sé il fatto che Shouto prendesse degli anticoncezionali ormonali grazie a un permesso firmato da lui. Sadico o no, se Endeavor non fosse stato vivo per ascoltarlo, tutta la sua buona volontà di raccontarsi sarebbe andata in fumo.
Enji prese un respiro profondo e contò fino a dieci, poi cambiò discorso.
“Se Deku e Dynamight stanno organizzando qualcosa per tuo fratello, io non so niente,” disse. “Come sempre…” Aggiunse, funereo.
Questa volta, Touya rise e basta.
“Non c‘è niente di divertente!”
“Dai, parti. Devo arrivare con qualche ora di vantaggio per assicurarmi che mio fratello abbia almeno una torta.”
Sì a Enji quello faceva piacere, tanto, ma i nervi gli imponevano di fare il sostenuto.
“Tuo fratello è anche mio figlio, ti ricordo.”
“È un dettaglio ininfluente. Mio fratello è mio fratello, punto.”
“Ininflu- Come fa a essere ininfluente? Il fatto che io sia il padre sia tuo che di Shouto è la condizione necessaria perché voi siate fratelli!”
“Lo vedi quanto sei megalomane? Tutto ruota intorno a te! No, che non è necessario, basta e avanza che mamma ci abbia partoriti tutti e due.”
Enji aprì e chiuse la bocca un paio di volte, cercando una via d’uscita da quella logica ferrea. Non la trovò e passò oltre.
“Tua madre mi ha detto di controllare questa casa almeno una decina di volte nell’ultimo mese, mentre cercavo di capire dove potessi essere scappato,” disse, guardando l’edificio alle loro spalle attraverso lo specchietto laterale. “Non credevo ti ricordassi della sua esistenza.”
Touya si abbandonò contro il poggiatesta, guardando i fiocchi di neve che si posavano sul cofano scuro per sciogliersi in fretta.
“I ricordi belli ce li ho in testa come un film,” confessò. “Sono pochi e ho provato a cancellarli, ma sono lì e non se ne vanno.”
Non ebbe il coraggio di chiedere a suo padre se avesse conservato nulla di quelle poche estati in cui lui e sua madre si erano sforzati di costruire una famiglia. Qualunque risposta gli avesse dato, gli avrebbe fatto male e Touya non era lì per il loro passato, ma perché doveva dare la possibilità di un futuro a se stesso e Hawks.
“Perché hai scelto proprio questo posto?” Domandò Enji. “Perché hai deciso di portarci Hawks?”
Touya continuò a guardare di fronte a sé, come ipnotizzato dal moto delle onde che, imperterrite, continuavano a combattere contro la terra ferma, infrangendosi inesorabilmente. Forse Hawks aveva ragione e il mare in tempesta assomigliava un po’ a lui, pericoloso e indomabile.
Non disse niente. Afferrò l’orlo della maglietta e lo sollevò, mostrando il fianco destro e il nome Keigo inciso sulla sua pelle. Restò così il tempo necessario perché Enji leggesse e capisse - o perlomeno intuisse - che cosa era successo in quella casa sulla spiaggia nelle ultime cinque settimane e mezzo.
Solo quando la stoffa bianca ricadde al suo posto, Touya tornò a guardare suo padre negli occhi. Era un uomo distrutto, come previsto.
“Prenditi il tempo che ti serve,” disse Touya, simulando una sicurezza che in quel momento non sentiva proprio sua. “Aspetto dietro,” aggiunse, aprendo la portiera. “Sto più comodo.”
Enji mise la macchina in strada senza dire una parola e fece come se suo figlio non fosse nemmeno lì. Per un po’ il rumore dei tergicristalli fu l’unica cosa a spezzare il silenzio.
Touya puntò il gomito nell’angolo tra il finestrino e il sedile e appoggiò il viso al pugno chiuso. Il mutismo da shock era una cosa che si era aspettato, ma per quanto ancora sarebbero andati avanti così? Di pazienza ne aveva poca e la stava perdendo velocemente, senza considerare il pensiero intrusivo che si stava affacciando all’interno della sua mente, suggerendogli che suo padre lo stava scansando di nuovo per qualcosa che il destino aveva deciso senza interpellarlo.
Poi Enji parlò, senza rabbia, ma Touya sussultò come se gli avesse urlato addosso.
“Quando è comparso?”
Il ragazzo impiegò qualche istante per mettere insieme i pensieri, cercò gli occhi di suo padre nel riflesso dello specchietto retrovisore, ma Endeavor guardava la strada.
“Poco dopo che è nato Shouto,” rispose.
Enji corrugò la fronte. “Eri un bambino,” disse, come se la cosa non avesse alcun senso. “Hai chiesto a tua madre di non dirmelo?”
“Mamma non se n’è mai accorta.”
“Com’è possibile, Tou-?”
“Mi scottavo di proposito il fianco perché non si vedesse,” raccontò Touya. “Speravo che continuando a cancellarlo sarebbe sparito. Lo detestavo. Quando è successo quel che è successo, le ustioni hanno coperto tutto.”
“E, dopo la guerra, è ricomparso,” intuì Enji.
Touya annuì.
“Sì, ma ho continuato a bruciarmi per nasconderlo.”
Enji gli lanciò un’occhiata veloce.
“Hai un quirk di guarigione, ora.”
“Se resistevo abbastanza da provocarmi un’ustione di quarto grado, il marchio impiegava qualche giorno a tornare completamente visibile.”
“Touya, per l’amor del-“
“Non lo faccio più,” lo interruppe prontamente Touya. “Non devo più nascondere niente.”
Il sollievo sul viso di Enji fu evidente dal suo riflesso nello specchietto.
“Questo significa che Hawks ha…” Lasciò la frase sospesa.
“Aveva,” puntualizzò Touya, appoggiando la tempia al finestrino freddo. “Il suo marchio era sulla schiena, tra le ali, vicino alla scapola sinistra.” Si tenne per sé la parte della storia in cui s’impegnava a cancellare il suo nome dalla pelle di Hawks con il fuoco, mentre le sue ali divenivano cenere.
Dabi aveva alimentato quelle fiamme con un odio che Touya non provava più.
Enji fu abbastanza gentile da passare oltre.
“E quando… Come…?” Fece un gesto nervoso con la mano. “Ti va di raccontarmi com'è andata?”
Touya era lì appositamente per farlo, ma sul momento gli mancarono le parole. Da dove doveva cominciare? Prima di tutto, pensò fosse importante riabilitare Hawks agli occhi di suo padre e, per farlo, doveva spiegargli le ragioni per cui erano spariti per più di un mese.
“Durante la guerra, mentre Hawks lavorava per la Commissione sotto copertura, mi è capitato di vedere il suo marchio. Touya è un nome come un altro, ma mi è parsa una strana coincidenza. Quando ho scoperto che il suo vero nome è Takami Keigo, ho messo insieme i pezzi.”
“Gliel’hai detto?”
Touya si umettò le labbra.
“Tu sai che io e Keigo ci siamo visti, prima della battaglia decisiva?”
Seguì una pausa troppo lunga, che fu già una risposta di per sé.
“No…” Enji si stava palesemente sforzando di rimanere calmo.
Touya non ne era sorpreso. Ancora una volta, Hawks ci avrebbe solo rimesso nell’essere onesto sul loro legame e aveva avuto già il suo bel da fare col fango che il Villain gli aveva gettato addosso in mondovisione.
“Non è un stato in incontro romantico,” puntualizzò. “Ma, dopo avergli detto il mio vero nome, ha cominciato a pensare alle coincidenze anche lui…”
Il racconto della notte in cui gli aveva chiesto di chiamarlo Touya durante il sesso lo poteva evitare.
“Gli ho mentito. Gli ho detto che non eravamo Soulmate.”
Enji lo spiò attraverso lo specchietto.
“Perché?” Domandò.
Touya inarcò il sopracciglio destro.
“Papà, ti ricordi la situazione o il trauma ti ha cancellato la memoria?”
L’Hero allargò le braccia, la macchina sbandò e riprese il volante velocemente.
“Potevi usare la cosa a tuo vantaggio. Che ne so?”
Touya decise che non era saggio lasciare al genitore troppo tempo per pensare e arrivò al dunque: “per farla breve, durante l’ultima missione mi sono distratto e Keigo ha letto il suo nome addosso a me. Ha capito che ho mentito per quasi due anni e non l’ha presa bene.”
“Beh… Ha ragione, però-“
“Ah, adesso ha ragione!” Esclamò Touya. “Mezz’ora fa lo odiavi, ma se l’ex Villain brutto e cattivo lo inganna, allora povero Hawks!”
“Se tu e i tuoi fratelli foste brutti, io avrei meno pensieri.”
“Dovevi pensarci mentre ti sceglievi una moglie. Se siamo belli, non è certo grazie a te.”
“Vabbè, Touya, torniamo al punto…”
“Niente, Keigo si è arrabbiato e abbiamo litigato.”
Enji non riusciva a immaginarselo Hawks che litigava. Di norma, era lui a far saltare i nervi agli altri e non il contrario, ma se avesse dovuto analizzare la situazione con sguardo oggettivamente critico - e con Touya di mezzo era difficile - avrebbe detto che il Number Two forse si era sentito tradito. Ciò nonostante, Hawks e suo figlio erano spariti dal radar per settimane, insieme, ingannando la Commissione e trascinando sia lui che Shouto nel complotto - senza contare i due mocciosi di AllMight che non si facevano mai gli affari loro. Non avevano certo scelto di chiudere fuori tutto e tutti in una casa in riva al mare per litigare meglio.
Ma Touya aveva scelto proprio quel punto della storia per fare il timido.
“E che è successo dopo?”
Touya si agitò sul sedile per una manciata di secondi.
“Keigo ha suggerito di scappare per un po’ e affrontare la cosa solo noi due, senza intromissioni esterne.”
Ed era qui che Todoroki Enji doveva affermare la sua posizione di padre ansioso.
“E non potevate farlo a casa nostra?”
Touya gli lanciò un’occhiata obliqua.
“Senza intromissioni esterne,” ripeté, scandendo ogni parola.
Enji si ritenne offeso.
“Quando mai ho-?”
“Papà.”
“Papà, niente!” Tuonò l’Hero Number One, poi passò i seguenti cinque o sei chilometri a ripetere nella sua testa la scena in cui Shouto gli dava dell’ingombrante. Decise che il suo primogenito poteva tranquillamente non esserne informato. “Va bene, posso capire il fascino: una casa lontana da tutto, il silenzio, solo in mare in sottofondo. Davvero, lo posso capire.”
Era evidente dal modo in cui lo diceva che non capiva affatto, ma Touya non poteva pretendere che suo padre scoprisse il romanticismo alla soglia dei cinquant’anni. Anzi, qualcosa gli suggeriva che tutto quel discorso su la casa sul mare venisse da sua madre. L’impegno che ci metteva, però, lo faceva ridere.
“E cosa avete fatto cinque settimane e mezzo per elaborare il fatto che siete Soulmate?” Indagò Enji, ingenuamente.
Touya era indeciso se scoppiare a ridere istericamente o lanciarsi dall’auto in corsa. Scelse una versione più sobria della prima opzione.
“Dai, papà…”
E rideva.
“Dai, papà, cosa?”
Touya si coprì gli occhi con un mano.
“Non lo so nemmeno io. Se non fossimo in quattro a provare il contrario, di te e mamma non avrei mai sospettato.”
Enji fece per chiedere che cosa avessero lui e Rei a che fare con tutta quella storia, poi il suo cervello mise insieme tutti i pezzi da solo, contro la sua volontà. Se ne pentì.
“Non ci posso credere…” Borbottò, come un vecchio incapace di accettare la condotta delle nuove generazioni. Si sentiva idiota da solo, ma questo non gli impediva di provare fastidio.
“Hai appena finito di ricordarmi che tra dieci giorni compio ventisei anni!”
“E allora? Sei piccolo!”
“A ventidue avevi me!”
“Erano altri tempi, c’era la guerra!”
“Che guerra? Quella nella tua testa contro AllMight e la vita?”
“Era un modo di dire!” Enji era a tanto così dall’avere un attacco isterico. “Ma Hawks…”
Touya si sporse in avanti.
“Cos’ha Keigo che non ti sta bene?” Domandò, sinceramente accigliato. “Venera la terra su cui cammini ed è praticamente il tuo unico amico!”
“Appunto, Touya! C’è una legge etica della genitorialità che impedisce ai padri di essere amici delle persone con cui i figli hanno relazioni intime!”
“Mah… A me risulta che si accolgano come figli acquisiti.”
“Quelle sono le madri. Rei sarà felicissima, al settimo cielo. Per lei non avresti potuto scegliere di meglio!”
Touya lo guardò, eloquente.
“Ma tu no, tu sei impossibile d’accontentare! Qualunque cosa facciamo, per te è un errore di dimensioni apocalittiche!”
“Non cominciare anche tu…”
“Chi altro lo ha fatto?” Il ragazzo finse di pensarci. “Fammi indovinare… Shouto! Immagino che Izuku e quell’altro fossero la cosa migliore che fosse capitata al tuo adorato capolavoro, prima che saltasse fuori che se lo baciano!”
“Quell’altro….” Enji ghignò come se avesse già la vittoria in tasca. “Non approvi Dynamight.”
“Nemmeno la madre di Katsuki approva Katsuki,” ribatté suo figlio.
“A detta di Shouto, lei approva molto lui e Deku, però.”
“Grazie al caz-“
“Ragazzino, linguaggio!”
Touya ricadde contro lo schienale del sedile posteriore con uno sbuffo.
“Hai chiesto a Shouto se Izuku e Katsuki lo rendono felice?”
Due battute ed Endeavor aveva già perso il vantaggio. Scelse di rimanere in silenzio, fino a che la soluzione non gli balenò in testa con semplicità disarmante.
“Hawks ti rende felice, Touya?”
Fu il turno del suo primogenito di restare in silenzio.
Enji lo guardò attraverso lo specchietto retrovisore e lo trovò rannicchiato contro il finestrino, gli occhi rivolti all’esterno, corrucciato, con le braccia incrociato sul petto e rosso in viso.
L’Hero rise, impietoso.
“Vaffanculo di cuore, papà,” sibilò Touya, velenoso come una serpe.
“E adesso chi è che è impossibile d’accontentare?” Enji sapeva che se l’avesse presa di petto, non sarebbero andati da nessuna parte. “Sul serio, Hawks ti-“
“Keigo è a posto.”
Uno. Due. Tre.
“Sei innamorato, Touya?”
Poteva andare in due modi: suo figlio poteva chiudere quella discussione con astio e quella porta non si sarebbe riaperta mai più, oppure lo avrebbe lasciato avvicinarsi un pochino.
Da parte sua, Touya si sentiva improvvisamente piccolo. Pensò a quel ragazzino che si strappava i capelli e si massacrava per ottenere l’attenzione del padre e ora Todoroki Enji era lì, a barcamenarsi tra un’uscita idiota e le parole più giuste che avrebbe mai potuto dire. La ragione per cui Touya aveva deciso di dargli una possibilità non era perché gli serviva la sua approvazione, ma perché conosceva la lama a doppio taglio dei segreti e ne aveva abbastanza di ferite inutili.
Ma lì, di fronte a quel barlume di comprensione da parte dell’uomo che gli aveva dato il mondo solo per strapparlo dalle sue mani di bambino, voleva solo gettare l’orgoglio e mettersi a piangere.
Ingoiò aria fino a riempirsi i polmoni e tornò sulla questione che più gli stava a cuore.
“Non sto con Keigo perché aveva il mio nome scritto addosso,” disse, guardando il paesaggio ricoperto di neve che correva fuori dal finestrino. “Da piccolo, quando ho scoperto di avere il suo, l’ho odiato infinitamente, anche se non lo conoscevo. Sapevo che quelle lettere avevano solo il valore che io sarei stato disposto a dargli, ma l’idea stessa di essere marchiato, come un oggetto, una proprietà… Perché doveva essere capitato a me, che dell’amore non sapevo che farmene?” Per un attimo, gli parve di vedere nel riflesso del vetro il tredicenne che aveva versato tutte le sue lacrime, aspettando suo padre al freddo di una sera d’inverno. Si passò una mano tra i capelli e distolse lo sguardo.
“Sono stato io a scegliere Keigo, non il destino,” disse Touya.
“Lo so. Non mi sarei aspettato nulla di diverso da te.”
“Voglio stare con lui, papà. Con lui e basta, nessun altro.”
Se non avesse passato gli ultimi anni a lavorare su se stesso, probabilmente Enji avrebbe espresso ad alta voce il malumore derivato da quelle confessioni profonde. Ora riusciva a capire quanto era infantile quel fastidio e che riguardava solo lui, né Touya né Shouto.
“A me importa solo che tu sia felice, Touya.”
Il suo dovere di padre iniziava e finiva lì, ma non c’era scritto da nessuna parte che non potesse essere curioso.
“Hawks è scappato da solo o lo hai mandato via tu?” Domandò.
Suo figlio ridacchiò.
“L’ho mandato via io, non essere così duro. Se perde la tua stima, potrebbe morirne. Vuoi averlo sulla coscienza?”
“Non ha perso la mia stima,” chiarì Enji. “Ora deve solo stare molto attento a mantenerla.”
“Gli parlerai?”
Ho già pensato a un discorsetto da fargli, pensò l’Hero. “Al momento opportuno, ci scambierò due parole.” Una pausa. “Hai voglia di raccontarmi come è iniziato tutto? Quando parli ho l’impressione che non sia una storia delle ultime settimane.”
“No,” confermò Touya. “È cominciata prima.”
Enji aspettò ma quando suo figlio non articolò la risposta in altro modo, aggrottò la fronte, lanciando l’ennesima un’occhiata allo specchietto retrovisore.
“Cioè… L’anno scorso?” Tentò.
Nella superficie riflettente, vide Touya fare un gesto della mano come a dire molto prima.
“A Tartarus?!”
“Certo, perché con le telecamere anche al bagno e Himiko e Tenko a due passi c’era modo,” lo prese in giro suo figlio.
“A questo punto, non mi sorprende più nien-“
“Ci siamo incontrati poco dopo Kamino, in estate, ma la prima volta che ci siamo messi le bocche addosso è stato a novembre ed è continuata per tutto il periodo della missione sotto copertura di Keigo, fino a che voi Hero non siete marciati su di noi a fine mar-“
La macchina inchiodò, di colpo. Touya si schiantò, di faccia, contro il poggiatesta del sedile davanti. Il colpo fu tanto forte che gli occhi gli si riempirono di lacrime.
“Se… Se me lo hai rotto…” Sibilò, premendo il palmo contro il naso. “Se me lo hai rotto, giuro che-“
Endeavor si era voltato a guardarlo come se avesse appena confessato un crimine inedito, ancora assente nella sua lunga fedina penale.
“T-Tu e H-Hawks…” Balbettò. “Du-Du-Durante la missione sotto copertura…”
E fortuna che non doveva sorprenderti più niente, pensò Touya, allontanando la mano dal viso per cercare eventuali tracce di sangue. Non ve ne erano, forse il suo naso era salvo.
I nervi di suo padre sicuramente no.
“Papà, respira,” gli ricordò annoiato.
“I-Io… I-Io…”
Touya guardò fuori dal finestrino: la strada era deserta, erano nel bel mezzo del nulla e ora nevicava di brutto.
“Papà, se ti prendi un infarto qui, io non ho la patente. Sarò costretto a mangiare il tuo cadavere, aspettando che Shouto mandi i soccorsi.”
Ma Enji era perso in dei flashback di guerra tutti suoi.
“Io ho parlato con Hawks, dopo la missione,” disse, col tono di un uomo che è stato pugnalato alle spalle. “Gli ho chiesto di te… Sapevo che ti conosceva e gli ho chiesto di te…”
Quello era un dettaglio a cui Touya non aveva mai pensato e, di colpo, lo interessò più di ogni cosa. Scese dall’auto, aprì la portiera del lato passeggero e si accomodò accanto a suo padre.
“E quando gli hai chiesto di me, Keigo cosa ti ha risposto?” Domandò.
Enji boccheggiò un paio di minuti, poi divenne astioso, indice che era particolarmente nervoso.
“Perché sei passato davanti, adesso?”
“Perché non mi metti sicurezza e voglio restare nei pressi del freno a mano,” tagliò corto Touya. “Che cosa ti ha raccontato Keigo di me?”
“Mettiti la cintura di sicurezza,” disse Enji, afferrando il volante con entrambe le mani.
“Prima dimmi che ti ha detto.”
“Mettiti la cintura o non parlo.”
“Adesso scendi ai ricatti, maturo da parte tua.”
“Non mi ha parlato di lui e te!” Tuonò Enji. “Io stavo lì, distrutto per tutta la faccenda e Hawks ha parlato di te mezz’ora, senza dirmi assolutamente niente di voi!”
Touya sospirò, sollevato. Certo, al tempo, l’Hero Number Two avrebbe avuto solo da perderci nel confessare di essere stato l’amante del Villain Dabi, ma, in quel momento, il giovane Todoroki era solo grato che la deferenza di Hawks per suo padre avesse un limite e che tale limite, in qualche modo, fosse lui.
Prima che la discussione vertesse su quella stupida cintura di sicurezza, Touya l’allacciò.
“Riparti.”
“Non darmi ordini, ragazzino,” ribatté Enji, prima di ripartire. Suo figlio lo braccò in silenzio, fissandolo, fino a che non si decise a fare un racconto dettagliato della conversazione che lui e Hawks avevano avuto due anni prima, in ospedale. “Col senno di poi, fece un discorso molto impersonale.”
“Quanto impersonale?”
“Non è stato misterioso sulla modalità in cui vi siete conosciuti. Anche lui ha raccontato di averti incontrato poco dopo Kamino, che vi siete studiati per un po’, prima che tu lo mettessi alla prova.”
“Giocavo…” Mormorò Touya, senza elaborare. “E lui giocava con me.”
Era un sunto della loro storia che a stento toccava la complessità del loro rapporto, ma se Hawks non era entrato nei dettagli con suo padre, allora non avrebbe cominciato a farlo lui.
“Mi ha anche chiesto scusa per non essere riuscito a scoprire la tua identità in tempo,” aggiunse Enji. “Come se fosse colpa sua…”
Il Todoroki più giovane non ne era sorpreso.
“Pensava che lo fosse perché gli avevo raccontato tutto, papà,” spiegò. “Gli avevo raccontato di un uomo che mi aveva tradito, che mi aveva amato per poi gettarmi via e che le ustioni che mi ricoprivano erano una diretta conseguenza di quel dolore. Quindi, sì, Keigo sapeva ma, no, non aveva capito. Non poteva.”
Suo padre gli lanciò un’occhiata veloce.
“E perché lo feci?”
Touya piegò le labbra in un sorriso amaro.
“La logica di qualunque cosa ci sia stata tra me e Keigo in quel periodo penso che sfugga anche a noi,” ammise. “Non avevo un’unica percezione di lui. Lo vedevo sotto una luce diversa ogni volta che lo guardavo, a secondo dell’umore del momento. Lo chiamavo Icaro, sai? Mi piaceva l’idea di provocare la caduta di un Hero tanto forte e amato, poi è saltato fuori che tu eri il suo eroe, che lo avevi salvato da bambino e, alla fine, che era un tuo alleato. Dal mio punto di vista era il gioco sadico per eccellenza. Gli ho detto il mio nome mentre bruciava tra le mie fiamme perché volevo che sapesse che era stato proprio il suo eroe a generare la sua rovina. Era la trama perfetta per una tragedia epica, non serviva nemmeno aggiungere il dettaglio che fossimo predestinati l’uno all’altro.”
Enji accettò quella versione dei fatti senza giudicare. Touya era stato Dabi e tentare di cancellare quella scomoda verità avrebbe finito per danneggiarli di nuovo. Il passato non si poteva cambiare e se suo figlio riusciva a concedergli brevi parentesi di fiducia per parlargli del capitolo più oscuro della sua vita, doveva esserne grato e basta.
“Però c’era anche qualcos’altro,” aggiunse Touya, a voce più bassa, spostando lo sguardo sul finestrino in un gesto che tradiva un poco d’imbarazzo. “Sopravvivere non era nei piani, vendicarmi di te con tutto quello che avevo, invece, sì. A un certo punto, Keigo è entrato a far parte di quella vendetta ma, al contempo, c’erano dei momenti fugaci in cui stavo con lui e riuscivo a non pensare a te.” Ingoiò a vuoto per allentare il nodo che gli stringeva la gola. “L’odio è sfinente, papà, come il dolore. Keigo mi permetteva di riprendere fiato. Sia ben chiaro, la tentazione di vivere non mi ha mai toccato, nemmeno quando riuscivamo a ridere insieme. Tuttavia, mi sono detto che se proprio dovevo morire, almeno avrei saputo cosa si prova nell’essere stretto tra le braccia di qualcuno.”
Enji non disse niente e Touya continuò a guardare fuori dal finestrino, indisturbato. Si voltò solo quando sentì il suo vecchio tirare su col naso e lo trovò che piangeva a dirotto, con gli occhi fissi sulla strada. Se Touya aveva creduto che ci fosse un limite al dramma…
“Papà…” Buttò lì, sinceramente esasperato.
“Shhh… Zitto!”
“Zitto un corno, mi metti in imbarazzo così!”
“Con chi? Siamo nel bel mezzo del nulla!”
Touya si massaggiò il naso, ricordandosi che l’intelligenza di suo padre - già opinabile di base - subiva un grosso tracollo ogni volta che si lasciava andare a uno di quei piagnistei.
“Sei un piagnone anche tu,” gli ricordò la voce di Keigo nella sua testa.
“Mi disse che eri troppo consumato dall’odio,” disse Enji, “che se avessi permesso a Shouto di affrontarti con l’obiettivo di salvarti, vi avrei persi entrambi.”
Come previsto, Hawks aveva coperto tutto quello che c’era stato con un’analisi molto lucida. Touya non poteva biasimarlo.
“Beh… Aveva ragione,” disse.
La neve li rallentò al punto che quando raggiunsero Hiroshima era ormai buio. Enji lasciò il cellulare a Touya perché indagasse sulle ultime notizie del meteo, solo per scoprire che il maltempo aveva reso internet inutilizzabile. Accesero la radio e il primo notiziario che trovarono non preannunciò una notte adatta ai lunghi viaggi.
“Se continua così, mi toccherà davvero mangiare il tuo cadavere,” disse Touya, sempre pronto a mantenere i suoi standard di allegria altissimi.
“Non siamo in Siberia,” ribatté Enji, sporgendosi oltre il volante per cercare di vedere meglio la strada. “Non c‘è pericolo che accada.”
“Se avessi uno yen per ogni volta che qualcuno ha detto non c’è pericolo che accada poco prima di una tragedia.”
“Una cosa è certa, tutti e due di freddo non muoriamo.”
Touya smise di smanettare col cellulare: la linea non funzionava e cercare di dare un senso alle scritte sul display, mentre l’auto procedeva come una nave in mezzo a un mare in tempesta, gli aveva fatto venire la nausea. Guardò fuori, certo che il malessere se ne sarebbe andato da solo. Non accadde. Anzi, nel giro di un paio di chilometri peggiorò drasticamente.
Chiedere aiuto non era la reazione spontanea di Touya di fronte alle difficoltà, così provò a risolvere da solo piegando le ginocchia contro il cruscotto.
“E stai seduto composto!” Lo rimproverò suo padre. “Se inchiodo, rischi di farti molto male alle gambe così!”
Touya non lo ascoltò. Era già troppo che riuscisse a respirare.
Quando avvertì una sensazione spiacevole, bruciante, in fondo alla gola, seppe che non se la sarebbe cavata ignorando il problema e basta. Istintivamente, abbassò il finestrino, bisognoso di aria fresca.
Dal posto del guidatore, Enji lo tirò su.
“Sei impazzito?” Domandò irritato. “Vuoi farci assiderare tutti e due?”
“Non c’è pericolo che accada…” Lo canzonò Touya, troppo nauseato per condire le parole con il giusto sarcasmo.
Enji fece per rispondergli male, ma il pallore improvviso di suo figlio lo zittì.
“Touya…” Allungò la mano per stringere quella del figlio. “Stai bene?”
Il ragazzo prese un respiro profondo.
“Devo vomitare,” gemette a bassa voce.
“Eh?”
“Accosta l’auto, papà, devo vomitare…”
Endeavor fece come richiesto e l’auto scivolò a bordo della strada per qualche metro, prima di fermarsi del tutto. Non ebbe neanche il tempo di slacciarsi la cintura che Touya era già fuori, una mano appoggiata sul cofano, mentre riversava sulla neve tutto ciò che il suo stomaco conteneva.
“Touya…” Enji lo raggiunse, il cuore in gola. Sapeva che suo figlio non soffriva il freddo, ma vederlo in preda agli spasmi con solo una misera t-shirt addosso gli fece venire l’angoscia. “Sono qui, Touya,” disse, passando la mano sulla schiena del figlio in un gesto di conforto, sebbene non riuscisse nemmeno a rassicurare se stesso. “Sono qui…”
Quando il conato di vomito finì, Touya rimase chino per riprendere fiato. L’aria gelida che gli riempiva i polmoni fu come una benedizione.
“Va meglio?” Domandò suo padre, passandogli un fazzoletto per pulirsi.
Touya accettò l’offerta e annuì.
Cinque minuti dopo, si rimisero in marcia.
Nonostante la sua risaputa resistenza al freddo, il Todoroki più giovane si ritrovò a tremare. Non era a causa delle temperature, ma una conseguenza fisiologica del malore che aveva avuto. Quando nemmeno il giubbotto di pelle servì a dargli qualche conforto, Enji allungò il braccio.
“Dammi la mano,” gli disse.
Touya lo guardò storto.
“Non ho bisogno del tuo aiuto.”
“Lo so, ora dammi la mano.”
Il giovane si concesse un altro istante di ostinazione, poi accettò la proposta del padre. Sentì il suo calore risalire lungo il braccio e propagarsi in tutto il corpo.
Un istante e Touya smise di tremare.
Cinquanta chilometri dopo Hiroshima, Enji gettò le armi.
“Cerchiamo un albergo,” propose, imboccando la prima uscita dall’autostrada che incontrarono.
“Massì!” Esclamò Touya, di nuovo padrone di se stesso. “Facciamoci vedere in pubblico, così domani comparirò sulle copertine di tutte le riviste scandalistiche del paese come il nuovo amante segreto di Endeavor!”
“Non dire sciocchezze, Touya!” Ribatté Enji con forza, per nulla divertito. “Se passo una notte in albergo con mio figlio non c’è nulla di scandaloso!”
“I paparazzi vedono solo quello che vogliono.”
Non che i Todoroki non avessero mai dato scandalo, ma Enji la trovava un’esagerazione.
“Magari non ci riconosceranno neppure.”
Bastò che varcassero la porta scorrevole del piccolo albergo - non poteva avere più di venti stanze - perché si scatenasse il panico.
La signora dietro la scrivania della reception diedi di matto ancora prima che Enji avesse il tempo di aprire bocca per chiedere se una camera fosse disponibile per la notte.
“Ma lei è Endeavor!” Esplose, come una bomba, scatenando un panico che il Number One non ricordava dalla fine della guerra. In men che non si dica, tutti i presenti nell’edificio li circondarono, dal personale alla clientela impegnata a cenare nel ristorante adiacente all’ingresso.
Ed Enji se ne rimase lì, fermo in mezzo alla stanza, mente decine di sconosciuti lo toccavano e chiedevano il suo autografo. Non aveva importanza che facesse l’Hero da trent’anni, quella era e sarebbe sempre stata la parte peggiore del suo lavoro. Cercò Touya e si accorse che, quatto quatto, suo figlio lo aveva lasciato da solo a gestire quel marasma mentre lui, con i capelli bianchi nascosti da un berretto di lana, faceva il check-in armato del suo portafoglio - quando diamine glielo aveva preso?
La scena si concluse con Touya che abbandonava l’ingresso indisturbato, salutandolo con la mano libera. Lo derideva, il moccioso.
“Touuuuya!”
Troppo tardi, suo figlio era già sparito dentro l’ascensore.
M3: 07. Due o più personaggi viaggiano insieme ed esplorano il loro rapporto lungo la strada.
“Sei sicuro che non vuoi che rimanga?” Hawks appoggiò il borsone sul bracciolo del divano e lo aprì per controllare un’ultima volta di aver raccolto tutte le sue cose.
Seduto a gambe incrociate sulla chaise longue, Touya stava facendo lo stesso.
“Ne abbiamo già parlato, Keigo,” disse, tradendo una serenità che era rara da parte sua. “È una cosa che devo fare da solo.” Chiuse la zip del suo bagaglio, come per sottolineare la definitività della sua decisione. “Inoltre, ti ricordo che hai passato più di un anno a spingermi a farla.”
“Sì, ma era prima che ti rapissi,” ribatté l’Hero.
“Non essere assurdo.” Touya rise, deridendolo un poco. “Anche se ti accusassi di rapimento, non mi crederebbe nessuno.”
Non era verosimile che Hawks potesse sequestrare con la forza Todoroki Touya senza causare due o tre incendi color blu nel processo. E la loro fuga era stata discreta, silenziosa, tanto che nemmeno la Commissione si era accorta di nulla.
“E non abbiamo fatto tutto da soli,” aggiunse Touya. “Ricorda di chi è questa casa e chi ci ha coperti nelle ultime settimane.”
“Shouto…”
“Mio fratello è l’unico che può sfilarsi da questa situazione senza subirne le conseguenze. Non è un Hero professionista, non ha il diploma e non è neanche maggiorenne."
“Solo per un paio di giorni ancora.”
“Shouto non è responsabile per me o per i guai che combino, mio padre sì e ci ha tenuto il gioco per più di un mese.” Touya parlava col sorrisetto soddisfatto di chi li teneva tutti in pugno. E lo faceva, forse con la sola eccezione proprio di Shouto.
Hawks accettò quella realtà senza ribellarsi: l’idea di fuggire e sparire per un po’ era stata sua, Touya si era limitato a proporre la casa al mare della sua famiglia come rifugio. Non se ne pentiva. No, neanche un po’ e se Mera lo fosse venuto a sapere, non sapeva se sarebbe riuscito a mentire a riguardo.
No, basta bugie. La ragione per cui Touya voleva affrontare suo padre da solo era proprio per evitare d’impilare un segreto sopra l’altro come era stato fatto in passato.
Il tempo che avevano passato in quella casa al mare non aveva senso, se non erano disposti ad accettare le lezioni impartite dagli errori di ieri per imparare a costruire un domani migliore.
Cosa ne sarebbe stato di loro due non era certo, ma Hawks era disposto a rischiare, a crederci, anche se lo infastidiva dover battere in ritirata per sgombrare il campo a Touya ed Endeavor. Ma, evidentemente, entrare in quella famiglia significava anche dover accettare che la sua presenza non era molto utile tra due fuochi - letteralmente.
“Tu sai che ti ritroverai faccia a faccia con un concentrato di ansia, vero?” Domandò Hawks, come se l’ansia al pensiero di lasciare padre e figlio da soli non ce l’avesse lui. “Un concentrato infiammabile, per di più.”
Touya scostò la frangia bianca da davanti agli occhi con uno sbuffo.
“Keigo, dai…”
“Sono solo preoccupato per voi.”
“Keigo, davvero, cosa vuoi che succeda?”
Hawks lo guardò in modo molto eloquente.
“Touya, vuoi che ti faccia un recap del vostro storico in ordine cronologico o alfabetico?”
“Sta nevicando.”
“Eh?”
“Sta nevicando,” ripeté Touya.
Hawks si voltò: la leggera pioggerellina che aveva bagnato le finestre per tutta la mattina ora era evidentemente più densa; non era ancora propriamente neve ma lo sarebbe diventata.
“Riesci a volare così?” Domandò Touya.
Hawks si aggiustò la giacca sulle spalle e prese ad abbottonarla.
“È un volo breve da qui alla città, non preoccuparti,” lo rassicurò. “Non lo è altrettanto un viaggio in macchina fino a Musutafu e se cominciano a scendere dei fiocchi in questa regione, significa che più a nord deve aver già imbiancato.”
Touya liquidò il problema con una scrollata di spalle.
“Non guido io.”
“Non è quello che mi preoccupa.”
“Non soffro il freddo.”
“Nemmeno quello.”
Dall’occhiata che l’Hero ricevette, fu evidente che il Todoroki non sarebbe stato paziente nei confronti delle sue proteste ancora per molto. Il viso di Touya tornò a essere il ritratto della noia - la sua espressione di default, quella con cui l’aveva conosciuto - e Hawks seppe di dover addolcire l’atmosfera.
“Vieni qui,” disse, allungando una mano guantata.
“Non mi va.”
Capricci, doveva aspettarselo.
Hawks percorse quei due metri e mezzo che lo separavano dalla chaise longue e si sedette di fronte a Touya.
“Mi mancherà tutto questo,” disse, abbracciando con lo sguardo tutta la zona giorno di quella casa sul mare.
“Non ci stiamo mica dicendo addio,” ribatté Touya. “Non questa volta.”
“No, lo so.” Hawks provò ad aggiustare una ciocca di capelli bianchi dietro l’orecchio di Touya, ma questa si liberò in fretta, indomita e ribelle come lo era il giovane uomo a cui apparteneva. “Ma queste settimane… Questo momento non tornerà mai più e credo proprio che il loro ricordo mi accompagnerà per tutta la vita. Tra molti anni-“
“Molti anni?” Ripeté Touya, con un ghignetto dei suoi.
“-ti guarderò e continuerò a vederti come sei in questo momento.”
Hawks si fece più vicino, tanto da toccare la punta del naso dell’altro con il proprio.
Touya non rispose immediatamente. Spostò lo sguardo sulle finestre - ormai cadevano dei veri e propri fiocchi di neve dal cielo - come se avesse paura che i suoi occhi potessero riflettere troppo. Anche se avesse voluto dire qualcosa, la vibrazione del cellulare di Hawks stroncò ogni suo tentativo di parlare sul nascere.
“È tuo padre,” disse l’Hero, leggendo il messaggio sul cellulare. “In pochi minuti sarà qui.”
Si guardarono. Erano rimasti in quella casa per meno di sei settimane e sembrava dovessero separarsi dopo un’intera vita insieme. Touya si rese conto allora, sulla soglia della fine di quel capitolo della loro storia, che cosa intendesse davvero dire Hawks con questo momento non tornerà mai più.
Una volta uscito da lì, Touya sarebbe salito in macchina con suo padre e avrebbe cominciato a raccontare, dall’inizio, omettendo le parti che nemmeno il genitore più comprensivo avrebbe voluto sapere. Una volta arrivati a casa, quel qualcosa che era stato solo suo e di Hawks non avrebbe più riguardato unicamente loro.
Non era certo che gli piacesse, ma non aveva dubbi sul fatto che fosse necessario.
“È ora che tu vada,” disse Touya, dando all’Hero quel bacio a stampo che aveva cercato qualche istante prima.
Hawks non si accontentò, fece scivolare le dita tra i suoi capelli e chiese di più, mentre Touya sorrideva contro la sua bocca. Quando gli occhiali ricaddero sul naso dell’Hero, si separarono.
“Va bene, va bene,” disse Hawks, alzandosi in piedi. “Me ne vado. Ti prego, chiamami se uno dei due sente la necessità di appiccare un incendio.”
“Sta nevicando,” gli fece notare Touya.
“Come se il ghiaccio ti avesse mai fermato,” disse Hawks, caricandosi in spalla il suo borsone. “Vado, fai il bravo.”
“Se non lo facessi, sai dove venirmi a cercare.”
“Touya…”
“Ciao, Keigo.”
Il Todoroki agitò la mano, invitandolo a prendere la via della porta.
Hawks gli lanciò un’ultima occhiata, come un uomo che non è convinto di quel che fa ma è deciso a compiere un atto di fede.
Non appena gli diede la schiena, Touya venne colto da un pensiero improvviso e aprì alla svelta il proprio borsone.
“Keigo?”
L’Hero si voltò e una t-shirt bianca lo colpì in faccia.
“Nel caso sentissi nostalgia del mio odore,” disse Touya.
Hawks prese l'indumento con la mano libera, capendo il riferimento a quella prima notte che avevano passato insieme sul divano di un locale ormai bruciato.
“L’ultima volta mi hai lasciato l’intimo,” ricordò, provocatorio.
Touya scrollò le spalle.
“Se vuoi che entri in macchina di mio padre senza mutande-“
“La maglietta mi rende felicissimo.”
Hawks mise un piede fuori dalla porta, poi cercò gli occhi turchesi per un ultimo scambio di sguardi.
“Ti cerco io.”
Se Endeavor non viene a cercarmi per primo.
“Ciao, Keigo.”
“Ciao, Touya.”
Touya sentì l’auto parcheggiare davanti le scale del portico appena una decina di minuti dopo. Si affacciò per assicurarsi che fosse chi aspettava e non si mosse dalla finestra per qualche minuto. Quando fu chiaro che suo padre non aveva alcuna intenzione di scendere - le temperature di quel giorno non erano sue alleate - Touya recuperò il borsone dal divano e uscì sul portico. Chiuse la porta d’ingresso a doppia mandata, poi infilò le chiavi nella tasca del giubbotto di pelle.
Puntò al portabagagli, ma lo trovò chiuso. Bussò un paio di volte sul lunotto posteriore e vide la sagoma scura di suo padre che prima si girava a cercare qualcosa a destra, poi a sinistra.
Cominciamo bene, pensò Touya, alzando gli occhi al cielo. Non sa nemmeno come si apre il bagagliaio della sua auto, come è riuscito ad arrivare fino a qui?
I fiocchi di neve ebbero il tempo di ricoprirgli le spalle, prima che il portellone si aprisse. Touya abbandonò il suo bagaglio e lo richiuse, poi aprì la portiera dal lato passeggero e si accomodò con i piedi sul cruscotto.
Sentì lo sguardo allibito di suo padre su di sé per alcuni, lunghissimi, istanti di silenzio e sogghignò compiaciuto.
“Cos’è questo atteggiamento?” Domandò Todoroki Enji.
Touya si decise a guardarlo: era decisamente stanco, coi nervi a fior di pelle e sembrava non radersi da un po’.
“La barba t’invecchia,” commentò. “Già che non parti in vantaggio…”
Il genitore gli diede un colpetto alla gamba.
“Siediti composto e allaccia la cintura di sicurezza.”
Lo guardava a stento, faceva discorsi pratici. Era evidente che non sapeva come cominciare un dialogo e stava prendendo tempo per mettere insieme una battuta di apertura decente. In altre occasioni, Touya avrebbe infierito, ma Hawks aveva ragione, il viaggio che li aspettava era lungo davvero e parlare serviva più a lui che al suo vecchio. Decise di concedere all’Hero Number One una piccola dose della sua pazienza, prese tempo togliendosi il giubbotto per sistemarlo sul sedile posteriore.
“Sei in t-shirt,” gli fece notare suo padre.
Touya non comprese l’obiezione.
“È un crimine?”
“Sta nevicando,” puntualizzò Enji, indicando la spiaggia per metà coperta da un sottile strato di neve e per metà divorata dal mare agitato.
“Mi hai fatto tu, te lo ricorderai che resisto molto al freddo,” disse Touya, sarcastico. “Tutti i problemi sono iniziati proprio da questo fatto, lo hai dimenticato?”
Suo padre si agitò al posto guida.
“Sì, non soffri il freddo, poi ti ammali, quaranta di febbre e corsa al pronto soccorso pediatrico!”
Touya provò a ingoiare una risata, ma non gli riuscì troppo bene.
“Se mi porti al pronto soccorso pediatrico adesso, c’internano tutti e due.”
Enji lo guardò per la prima volta da quando era entrato in macchina. Ora che si era sfogato con un paio di stronzate a caso, Touya poté vedere tutta la preoccupazione che aveva portato alle occhiaie scure sotto i suoi occhi.
“Stai bene?” Domandò l’Hero.
Il giovane annuì, niente veleno, niente sarcasmo.
“Dov’è Hawks?”
“Gli ho detto di tornare a casa. Sta bene anche lui.”
“Non m’interessa come sta lui.”
Touya fu sorpreso da quell’uscita.
“Sei arrabbiato con lui e non con me?”
Era una novità che non aveva previsto.
“Tutta questa follia è stata una sua idea, no?”
Sì, era stata la decisione giusta sottrarre Hawks da quell’equazione. Ci sarebbe stato un luogo e un momento per i due Hero di parlare dell’accaduto, ma per il bene dei futuri team-up tra il Number One e il Number Two, Touya doveva smussare qualche angolo.
“Ti ho affidato a lui,” continuo Enji.
“Tecnicamente, la Commissione mi ha affidato a lui.”
E a te.
“Hawks mi ha dato la sua parola!” Insistette Endeavor. “Mi aveva promesso che ti avrebbe protetto!”
Touya prese un respiro profondo.
“Primo, sono qui davanti a te e non mi è successo niente,” disse. “Secondo, solo tu e Keigo potete farvi promesse tanto idiote, quando rischiamo tutti la vita per lavoro ogni giorno. Terzo, so proteggermi da solo.”
“Lo so questo!” Esclamò Enji. “Lo so!”
Strinse le dita intorno al volante con tanta forza che Touya non si sarebbe sorpreso se si fosse staccato dal cruscotto.
“So che non mi crederai, ma non si tratta di non credere in te o nelle tue capacità, Touya,” continuò suo padre, tanto afflitto che sembrava sul punto di spezzarsi da un momento all’altro. “Sì, tutti noi rischiamo la vita per il nostro dovere, ma tuo fratello lo fa sotto i miei occhi, tu no! Posso contarle sulle dita le volte che ti hanno assegnato una missione insieme a me! Magra consolazione, dato che non mi ascolti mai!”
Touya non poteva negarlo.
“L’unica cosa a tenermi sano di mente, quando la Commissione arriva per mandarti non so dove a fare non so cosa, è sapere che Hawks è lì con te!”
“Ed è stato con me per tutto il tempo,” puntualizzò Touya anche se, in quel specifico caso, era più un’aggravante a carico dell’Hero alato piuttosto che una rassicurazione. “Papà sono qui, davanti a te, sto bene.” Non era molto paziente di natura, ma se suo padre avesse attaccato con la sceneggiata del genitore afflitto dalla preoccupazione, ne avrebbero avuto fino a Musutafu. Touya aveva qualcosa da dire, per le lagne di Todoroki Enji ci sarebbe stato tempo più tardi.
“Shouto che cosa ti ha detto?” Domandò.
Era certo che suo fratello non avesse spifferato più di tanto, ma era stato Touya a fare quella telefonata e a esporsi per primo.
“Oh, puoi stare tranquillo, tuo fratello è ormai un criminale consumato! Aspetterebbe di vedermi morire di ansia, prima di venderti!”
“Non è un criminale, è solo il miglior alleato in cui potessi sperare. Lo avessi saputo prima…” Touya rivolse a suo padre un ghignetto. “Dai, in fondo, ti fa piacere.”
Enji lo guardò storto.
“Alleatevi quando vi pare, ma non contro di me!”
“A che serve l’alleanza tra fratelli, se non per metterlo in quel posto ai genitori?”
“Touya, hai ventisei anni, prova a parlare e comportarti come un adulto, per piacere.”
“Ne ho venticinque per altri dieci giorni. Il che mi fa pensare… Spero che Izuku e il cane si siano attivati per organizzare qualcosa per il diciottesimo compleanno di Shouto.”
Non appena nominò gli eredi di AllMight, suo padre si massaggiò la fronte stancamente.
“Devo dirti una cosa…” Mormorò poi, tetro, come se dovesse comunicargli l’imminente funerale di Shouto o di uno degli altri due. “Tuo fratello ha una relazione coi due impiastri. Sembra che Bakugou sia un raro caso di Double Soulmate e ha inciso sulla pelle sia il nome di Shouto che quello di Deku. Non ho ben capito come funziona, ma è una cosa seria da parte di tutti e tre.”
Touya sbatté le lunghe ciglia, canzonandolo in silenzio.
“Lo so già, papà.”
Vista la situazione, era un po’ come dare a Endeavor una seconda pugnalata alle spalle e Touya poteva essere riabilitato abbastanza da starsene seduto in quella macchina a parlare, ma nessuno gli avrebbe tolto il gusto di essere un po’ sadico con suo padre quando si presentava l’occasione.
Enji fece la faccia di uno uomo a cui stava per staccarsi la mandibola.
“Che significa che lo sai?” Domandò, con un filo di voce. “Da quando?”
Touya allargò le braccia.
“Dall’inizio…”
Fu abbastanza pietoso da tenere per sé il fatto che Shouto prendesse degli anticoncezionali ormonali grazie a un permesso firmato da lui. Sadico o no, se Endeavor non fosse stato vivo per ascoltarlo, tutta la sua buona volontà di raccontarsi sarebbe andata in fumo.
Enji prese un respiro profondo e contò fino a dieci, poi cambiò discorso.
“Se Deku e Dynamight stanno organizzando qualcosa per tuo fratello, io non so niente,” disse. “Come sempre…” Aggiunse, funereo.
Questa volta, Touya rise e basta.
“Non c‘è niente di divertente!”
“Dai, parti. Devo arrivare con qualche ora di vantaggio per assicurarmi che mio fratello abbia almeno una torta.”
Sì a Enji quello faceva piacere, tanto, ma i nervi gli imponevano di fare il sostenuto.
“Tuo fratello è anche mio figlio, ti ricordo.”
“È un dettaglio ininfluente. Mio fratello è mio fratello, punto.”
“Ininflu- Come fa a essere ininfluente? Il fatto che io sia il padre sia tuo che di Shouto è la condizione necessaria perché voi siate fratelli!”
“Lo vedi quanto sei megalomane? Tutto ruota intorno a te! No, che non è necessario, basta e avanza che mamma ci abbia partoriti tutti e due.”
Enji aprì e chiuse la bocca un paio di volte, cercando una via d’uscita da quella logica ferrea. Non la trovò e passò oltre.
“Tua madre mi ha detto di controllare questa casa almeno una decina di volte nell’ultimo mese, mentre cercavo di capire dove potessi essere scappato,” disse, guardando l’edificio alle loro spalle attraverso lo specchietto laterale. “Non credevo ti ricordassi della sua esistenza.”
Touya si abbandonò contro il poggiatesta, guardando i fiocchi di neve che si posavano sul cofano scuro per sciogliersi in fretta.
“I ricordi belli ce li ho in testa come un film,” confessò. “Sono pochi e ho provato a cancellarli, ma sono lì e non se ne vanno.”
Non ebbe il coraggio di chiedere a suo padre se avesse conservato nulla di quelle poche estati in cui lui e sua madre si erano sforzati di costruire una famiglia. Qualunque risposta gli avesse dato, gli avrebbe fatto male e Touya non era lì per il loro passato, ma perché doveva dare la possibilità di un futuro a se stesso e Hawks.
“Perché hai scelto proprio questo posto?” Domandò Enji. “Perché hai deciso di portarci Hawks?”
Touya continuò a guardare di fronte a sé, come ipnotizzato dal moto delle onde che, imperterrite, continuavano a combattere contro la terra ferma, infrangendosi inesorabilmente. Forse Hawks aveva ragione e il mare in tempesta assomigliava un po’ a lui, pericoloso e indomabile.
Non disse niente. Afferrò l’orlo della maglietta e lo sollevò, mostrando il fianco destro e il nome Keigo inciso sulla sua pelle. Restò così il tempo necessario perché Enji leggesse e capisse - o perlomeno intuisse - che cosa era successo in quella casa sulla spiaggia nelle ultime cinque settimane e mezzo.
Solo quando la stoffa bianca ricadde al suo posto, Touya tornò a guardare suo padre negli occhi. Era un uomo distrutto, come previsto.
“Prenditi il tempo che ti serve,” disse Touya, simulando una sicurezza che in quel momento non sentiva proprio sua. “Aspetto dietro,” aggiunse, aprendo la portiera. “Sto più comodo.”
Enji mise la macchina in strada senza dire una parola e fece come se suo figlio non fosse nemmeno lì. Per un po’ il rumore dei tergicristalli fu l’unica cosa a spezzare il silenzio.
Touya puntò il gomito nell’angolo tra il finestrino e il sedile e appoggiò il viso al pugno chiuso. Il mutismo da shock era una cosa che si era aspettato, ma per quanto ancora sarebbero andati avanti così? Di pazienza ne aveva poca e la stava perdendo velocemente, senza considerare il pensiero intrusivo che si stava affacciando all’interno della sua mente, suggerendogli che suo padre lo stava scansando di nuovo per qualcosa che il destino aveva deciso senza interpellarlo.
Poi Enji parlò, senza rabbia, ma Touya sussultò come se gli avesse urlato addosso.
“Quando è comparso?”
Il ragazzo impiegò qualche istante per mettere insieme i pensieri, cercò gli occhi di suo padre nel riflesso dello specchietto retrovisore, ma Endeavor guardava la strada.
“Poco dopo che è nato Shouto,” rispose.
Enji corrugò la fronte. “Eri un bambino,” disse, come se la cosa non avesse alcun senso. “Hai chiesto a tua madre di non dirmelo?”
“Mamma non se n’è mai accorta.”
“Com’è possibile, Tou-?”
“Mi scottavo di proposito il fianco perché non si vedesse,” raccontò Touya. “Speravo che continuando a cancellarlo sarebbe sparito. Lo detestavo. Quando è successo quel che è successo, le ustioni hanno coperto tutto.”
“E, dopo la guerra, è ricomparso,” intuì Enji.
Touya annuì.
“Sì, ma ho continuato a bruciarmi per nasconderlo.”
Enji gli lanciò un’occhiata veloce.
“Hai un quirk di guarigione, ora.”
“Se resistevo abbastanza da provocarmi un’ustione di quarto grado, il marchio impiegava qualche giorno a tornare completamente visibile.”
“Touya, per l’amor del-“
“Non lo faccio più,” lo interruppe prontamente Touya. “Non devo più nascondere niente.”
Il sollievo sul viso di Enji fu evidente dal suo riflesso nello specchietto.
“Questo significa che Hawks ha…” Lasciò la frase sospesa.
“Aveva,” puntualizzò Touya, appoggiando la tempia al finestrino freddo. “Il suo marchio era sulla schiena, tra le ali, vicino alla scapola sinistra.” Si tenne per sé la parte della storia in cui s’impegnava a cancellare il suo nome dalla pelle di Hawks con il fuoco, mentre le sue ali divenivano cenere.
Dabi aveva alimentato quelle fiamme con un odio che Touya non provava più.
Enji fu abbastanza gentile da passare oltre.
“E quando… Come…?” Fece un gesto nervoso con la mano. “Ti va di raccontarmi com'è andata?”
Touya era lì appositamente per farlo, ma sul momento gli mancarono le parole. Da dove doveva cominciare? Prima di tutto, pensò fosse importante riabilitare Hawks agli occhi di suo padre e, per farlo, doveva spiegargli le ragioni per cui erano spariti per più di un mese.
“Durante la guerra, mentre Hawks lavorava per la Commissione sotto copertura, mi è capitato di vedere il suo marchio. Touya è un nome come un altro, ma mi è parsa una strana coincidenza. Quando ho scoperto che il suo vero nome è Takami Keigo, ho messo insieme i pezzi.”
“Gliel’hai detto?”
Touya si umettò le labbra.
“Tu sai che io e Keigo ci siamo visti, prima della battaglia decisiva?”
Seguì una pausa troppo lunga, che fu già una risposta di per sé.
“No…” Enji si stava palesemente sforzando di rimanere calmo.
Touya non ne era sorpreso. Ancora una volta, Hawks ci avrebbe solo rimesso nell’essere onesto sul loro legame e aveva avuto già il suo bel da fare col fango che il Villain gli aveva gettato addosso in mondovisione.
“Non è un stato in incontro romantico,” puntualizzò. “Ma, dopo avergli detto il mio vero nome, ha cominciato a pensare alle coincidenze anche lui…”
Il racconto della notte in cui gli aveva chiesto di chiamarlo Touya durante il sesso lo poteva evitare.
“Gli ho mentito. Gli ho detto che non eravamo Soulmate.”
Enji lo spiò attraverso lo specchietto.
“Perché?” Domandò.
Touya inarcò il sopracciglio destro.
“Papà, ti ricordi la situazione o il trauma ti ha cancellato la memoria?”
L’Hero allargò le braccia, la macchina sbandò e riprese il volante velocemente.
“Potevi usare la cosa a tuo vantaggio. Che ne so?”
Touya decise che non era saggio lasciare al genitore troppo tempo per pensare e arrivò al dunque: “per farla breve, durante l’ultima missione mi sono distratto e Keigo ha letto il suo nome addosso a me. Ha capito che ho mentito per quasi due anni e non l’ha presa bene.”
“Beh… Ha ragione, però-“
“Ah, adesso ha ragione!” Esclamò Touya. “Mezz’ora fa lo odiavi, ma se l’ex Villain brutto e cattivo lo inganna, allora povero Hawks!”
“Se tu e i tuoi fratelli foste brutti, io avrei meno pensieri.”
“Dovevi pensarci mentre ti sceglievi una moglie. Se siamo belli, non è certo grazie a te.”
“Vabbè, Touya, torniamo al punto…”
“Niente, Keigo si è arrabbiato e abbiamo litigato.”
Enji non riusciva a immaginarselo Hawks che litigava. Di norma, era lui a far saltare i nervi agli altri e non il contrario, ma se avesse dovuto analizzare la situazione con sguardo oggettivamente critico - e con Touya di mezzo era difficile - avrebbe detto che il Number Two forse si era sentito tradito. Ciò nonostante, Hawks e suo figlio erano spariti dal radar per settimane, insieme, ingannando la Commissione e trascinando sia lui che Shouto nel complotto - senza contare i due mocciosi di AllMight che non si facevano mai gli affari loro. Non avevano certo scelto di chiudere fuori tutto e tutti in una casa in riva al mare per litigare meglio.
Ma Touya aveva scelto proprio quel punto della storia per fare il timido.
“E che è successo dopo?”
Touya si agitò sul sedile per una manciata di secondi.
“Keigo ha suggerito di scappare per un po’ e affrontare la cosa solo noi due, senza intromissioni esterne.”
Ed era qui che Todoroki Enji doveva affermare la sua posizione di padre ansioso.
“E non potevate farlo a casa nostra?”
Touya gli lanciò un’occhiata obliqua.
“Senza intromissioni esterne,” ripeté, scandendo ogni parola.
Enji si ritenne offeso.
“Quando mai ho-?”
“Papà.”
“Papà, niente!” Tuonò l’Hero Number One, poi passò i seguenti cinque o sei chilometri a ripetere nella sua testa la scena in cui Shouto gli dava dell’ingombrante. Decise che il suo primogenito poteva tranquillamente non esserne informato. “Va bene, posso capire il fascino: una casa lontana da tutto, il silenzio, solo in mare in sottofondo. Davvero, lo posso capire.”
Era evidente dal modo in cui lo diceva che non capiva affatto, ma Touya non poteva pretendere che suo padre scoprisse il romanticismo alla soglia dei cinquant’anni. Anzi, qualcosa gli suggeriva che tutto quel discorso su la casa sul mare venisse da sua madre. L’impegno che ci metteva, però, lo faceva ridere.
“E cosa avete fatto cinque settimane e mezzo per elaborare il fatto che siete Soulmate?” Indagò Enji, ingenuamente.
Touya era indeciso se scoppiare a ridere istericamente o lanciarsi dall’auto in corsa. Scelse una versione più sobria della prima opzione.
“Dai, papà…”
E rideva.
“Dai, papà, cosa?”
Touya si coprì gli occhi con un mano.
“Non lo so nemmeno io. Se non fossimo in quattro a provare il contrario, di te e mamma non avrei mai sospettato.”
Enji fece per chiedere che cosa avessero lui e Rei a che fare con tutta quella storia, poi il suo cervello mise insieme tutti i pezzi da solo, contro la sua volontà. Se ne pentì.
“Non ci posso credere…” Borbottò, come un vecchio incapace di accettare la condotta delle nuove generazioni. Si sentiva idiota da solo, ma questo non gli impediva di provare fastidio.
“Hai appena finito di ricordarmi che tra dieci giorni compio ventisei anni!”
“E allora? Sei piccolo!”
“A ventidue avevi me!”
“Erano altri tempi, c’era la guerra!”
“Che guerra? Quella nella tua testa contro AllMight e la vita?”
“Era un modo di dire!” Enji era a tanto così dall’avere un attacco isterico. “Ma Hawks…”
Touya si sporse in avanti.
“Cos’ha Keigo che non ti sta bene?” Domandò, sinceramente accigliato. “Venera la terra su cui cammini ed è praticamente il tuo unico amico!”
“Appunto, Touya! C’è una legge etica della genitorialità che impedisce ai padri di essere amici delle persone con cui i figli hanno relazioni intime!”
“Mah… A me risulta che si accolgano come figli acquisiti.”
“Quelle sono le madri. Rei sarà felicissima, al settimo cielo. Per lei non avresti potuto scegliere di meglio!”
Touya lo guardò, eloquente.
“Ma tu no, tu sei impossibile d’accontentare! Qualunque cosa facciamo, per te è un errore di dimensioni apocalittiche!”
“Non cominciare anche tu…”
“Chi altro lo ha fatto?” Il ragazzo finse di pensarci. “Fammi indovinare… Shouto! Immagino che Izuku e quell’altro fossero la cosa migliore che fosse capitata al tuo adorato capolavoro, prima che saltasse fuori che se lo baciano!”
“Quell’altro….” Enji ghignò come se avesse già la vittoria in tasca. “Non approvi Dynamight.”
“Nemmeno la madre di Katsuki approva Katsuki,” ribatté suo figlio.
“A detta di Shouto, lei approva molto lui e Deku, però.”
“Grazie al caz-“
“Ragazzino, linguaggio!”
Touya ricadde contro lo schienale del sedile posteriore con uno sbuffo.
“Hai chiesto a Shouto se Izuku e Katsuki lo rendono felice?”
Due battute ed Endeavor aveva già perso il vantaggio. Scelse di rimanere in silenzio, fino a che la soluzione non gli balenò in testa con semplicità disarmante.
“Hawks ti rende felice, Touya?”
Fu il turno del suo primogenito di restare in silenzio.
Enji lo guardò attraverso lo specchietto retrovisore e lo trovò rannicchiato contro il finestrino, gli occhi rivolti all’esterno, corrucciato, con le braccia incrociato sul petto e rosso in viso.
L’Hero rise, impietoso.
“Vaffanculo di cuore, papà,” sibilò Touya, velenoso come una serpe.
“E adesso chi è che è impossibile d’accontentare?” Enji sapeva che se l’avesse presa di petto, non sarebbero andati da nessuna parte. “Sul serio, Hawks ti-“
“Keigo è a posto.”
Uno. Due. Tre.
“Sei innamorato, Touya?”
Poteva andare in due modi: suo figlio poteva chiudere quella discussione con astio e quella porta non si sarebbe riaperta mai più, oppure lo avrebbe lasciato avvicinarsi un pochino.
Da parte sua, Touya si sentiva improvvisamente piccolo. Pensò a quel ragazzino che si strappava i capelli e si massacrava per ottenere l’attenzione del padre e ora Todoroki Enji era lì, a barcamenarsi tra un’uscita idiota e le parole più giuste che avrebbe mai potuto dire. La ragione per cui Touya aveva deciso di dargli una possibilità non era perché gli serviva la sua approvazione, ma perché conosceva la lama a doppio taglio dei segreti e ne aveva abbastanza di ferite inutili.
Ma lì, di fronte a quel barlume di comprensione da parte dell’uomo che gli aveva dato il mondo solo per strapparlo dalle sue mani di bambino, voleva solo gettare l’orgoglio e mettersi a piangere.
Ingoiò aria fino a riempirsi i polmoni e tornò sulla questione che più gli stava a cuore.
“Non sto con Keigo perché aveva il mio nome scritto addosso,” disse, guardando il paesaggio ricoperto di neve che correva fuori dal finestrino. “Da piccolo, quando ho scoperto di avere il suo, l’ho odiato infinitamente, anche se non lo conoscevo. Sapevo che quelle lettere avevano solo il valore che io sarei stato disposto a dargli, ma l’idea stessa di essere marchiato, come un oggetto, una proprietà… Perché doveva essere capitato a me, che dell’amore non sapevo che farmene?” Per un attimo, gli parve di vedere nel riflesso del vetro il tredicenne che aveva versato tutte le sue lacrime, aspettando suo padre al freddo di una sera d’inverno. Si passò una mano tra i capelli e distolse lo sguardo.
“Sono stato io a scegliere Keigo, non il destino,” disse Touya.
“Lo so. Non mi sarei aspettato nulla di diverso da te.”
“Voglio stare con lui, papà. Con lui e basta, nessun altro.”
Se non avesse passato gli ultimi anni a lavorare su se stesso, probabilmente Enji avrebbe espresso ad alta voce il malumore derivato da quelle confessioni profonde. Ora riusciva a capire quanto era infantile quel fastidio e che riguardava solo lui, né Touya né Shouto.
“A me importa solo che tu sia felice, Touya.”
Il suo dovere di padre iniziava e finiva lì, ma non c’era scritto da nessuna parte che non potesse essere curioso.
“Hawks è scappato da solo o lo hai mandato via tu?” Domandò.
Suo figlio ridacchiò.
“L’ho mandato via io, non essere così duro. Se perde la tua stima, potrebbe morirne. Vuoi averlo sulla coscienza?”
“Non ha perso la mia stima,” chiarì Enji. “Ora deve solo stare molto attento a mantenerla.”
“Gli parlerai?”
Ho già pensato a un discorsetto da fargli, pensò l’Hero. “Al momento opportuno, ci scambierò due parole.” Una pausa. “Hai voglia di raccontarmi come è iniziato tutto? Quando parli ho l’impressione che non sia una storia delle ultime settimane.”
“No,” confermò Touya. “È cominciata prima.”
Enji aspettò ma quando suo figlio non articolò la risposta in altro modo, aggrottò la fronte, lanciando l’ennesima un’occhiata allo specchietto retrovisore.
“Cioè… L’anno scorso?” Tentò.
Nella superficie riflettente, vide Touya fare un gesto della mano come a dire molto prima.
“A Tartarus?!”
“Certo, perché con le telecamere anche al bagno e Himiko e Tenko a due passi c’era modo,” lo prese in giro suo figlio.
“A questo punto, non mi sorprende più nien-“
“Ci siamo incontrati poco dopo Kamino, in estate, ma la prima volta che ci siamo messi le bocche addosso è stato a novembre ed è continuata per tutto il periodo della missione sotto copertura di Keigo, fino a che voi Hero non siete marciati su di noi a fine mar-“
La macchina inchiodò, di colpo. Touya si schiantò, di faccia, contro il poggiatesta del sedile davanti. Il colpo fu tanto forte che gli occhi gli si riempirono di lacrime.
“Se… Se me lo hai rotto…” Sibilò, premendo il palmo contro il naso. “Se me lo hai rotto, giuro che-“
Endeavor si era voltato a guardarlo come se avesse appena confessato un crimine inedito, ancora assente nella sua lunga fedina penale.
“T-Tu e H-Hawks…” Balbettò. “Du-Du-Durante la missione sotto copertura…”
E fortuna che non doveva sorprenderti più niente, pensò Touya, allontanando la mano dal viso per cercare eventuali tracce di sangue. Non ve ne erano, forse il suo naso era salvo.
I nervi di suo padre sicuramente no.
“Papà, respira,” gli ricordò annoiato.
“I-Io… I-Io…”
Touya guardò fuori dal finestrino: la strada era deserta, erano nel bel mezzo del nulla e ora nevicava di brutto.
“Papà, se ti prendi un infarto qui, io non ho la patente. Sarò costretto a mangiare il tuo cadavere, aspettando che Shouto mandi i soccorsi.”
Ma Enji era perso in dei flashback di guerra tutti suoi.
“Io ho parlato con Hawks, dopo la missione,” disse, col tono di un uomo che è stato pugnalato alle spalle. “Gli ho chiesto di te… Sapevo che ti conosceva e gli ho chiesto di te…”
Quello era un dettaglio a cui Touya non aveva mai pensato e, di colpo, lo interessò più di ogni cosa. Scese dall’auto, aprì la portiera del lato passeggero e si accomodò accanto a suo padre.
“E quando gli hai chiesto di me, Keigo cosa ti ha risposto?” Domandò.
Enji boccheggiò un paio di minuti, poi divenne astioso, indice che era particolarmente nervoso.
“Perché sei passato davanti, adesso?”
“Perché non mi metti sicurezza e voglio restare nei pressi del freno a mano,” tagliò corto Touya. “Che cosa ti ha raccontato Keigo di me?”
“Mettiti la cintura di sicurezza,” disse Enji, afferrando il volante con entrambe le mani.
“Prima dimmi che ti ha detto.”
“Mettiti la cintura o non parlo.”
“Adesso scendi ai ricatti, maturo da parte tua.”
“Non mi ha parlato di lui e te!” Tuonò Enji. “Io stavo lì, distrutto per tutta la faccenda e Hawks ha parlato di te mezz’ora, senza dirmi assolutamente niente di voi!”
Touya sospirò, sollevato. Certo, al tempo, l’Hero Number Two avrebbe avuto solo da perderci nel confessare di essere stato l’amante del Villain Dabi, ma, in quel momento, il giovane Todoroki era solo grato che la deferenza di Hawks per suo padre avesse un limite e che tale limite, in qualche modo, fosse lui.
Prima che la discussione vertesse su quella stupida cintura di sicurezza, Touya l’allacciò.
“Riparti.”
“Non darmi ordini, ragazzino,” ribatté Enji, prima di ripartire. Suo figlio lo braccò in silenzio, fissandolo, fino a che non si decise a fare un racconto dettagliato della conversazione che lui e Hawks avevano avuto due anni prima, in ospedale. “Col senno di poi, fece un discorso molto impersonale.”
“Quanto impersonale?”
“Non è stato misterioso sulla modalità in cui vi siete conosciuti. Anche lui ha raccontato di averti incontrato poco dopo Kamino, che vi siete studiati per un po’, prima che tu lo mettessi alla prova.”
“Giocavo…” Mormorò Touya, senza elaborare. “E lui giocava con me.”
Era un sunto della loro storia che a stento toccava la complessità del loro rapporto, ma se Hawks non era entrato nei dettagli con suo padre, allora non avrebbe cominciato a farlo lui.
“Mi ha anche chiesto scusa per non essere riuscito a scoprire la tua identità in tempo,” aggiunse Enji. “Come se fosse colpa sua…”
Il Todoroki più giovane non ne era sorpreso.
“Pensava che lo fosse perché gli avevo raccontato tutto, papà,” spiegò. “Gli avevo raccontato di un uomo che mi aveva tradito, che mi aveva amato per poi gettarmi via e che le ustioni che mi ricoprivano erano una diretta conseguenza di quel dolore. Quindi, sì, Keigo sapeva ma, no, non aveva capito. Non poteva.”
Suo padre gli lanciò un’occhiata veloce.
“E perché lo feci?”
Touya piegò le labbra in un sorriso amaro.
“La logica di qualunque cosa ci sia stata tra me e Keigo in quel periodo penso che sfugga anche a noi,” ammise. “Non avevo un’unica percezione di lui. Lo vedevo sotto una luce diversa ogni volta che lo guardavo, a secondo dell’umore del momento. Lo chiamavo Icaro, sai? Mi piaceva l’idea di provocare la caduta di un Hero tanto forte e amato, poi è saltato fuori che tu eri il suo eroe, che lo avevi salvato da bambino e, alla fine, che era un tuo alleato. Dal mio punto di vista era il gioco sadico per eccellenza. Gli ho detto il mio nome mentre bruciava tra le mie fiamme perché volevo che sapesse che era stato proprio il suo eroe a generare la sua rovina. Era la trama perfetta per una tragedia epica, non serviva nemmeno aggiungere il dettaglio che fossimo predestinati l’uno all’altro.”
Enji accettò quella versione dei fatti senza giudicare. Touya era stato Dabi e tentare di cancellare quella scomoda verità avrebbe finito per danneggiarli di nuovo. Il passato non si poteva cambiare e se suo figlio riusciva a concedergli brevi parentesi di fiducia per parlargli del capitolo più oscuro della sua vita, doveva esserne grato e basta.
“Però c’era anche qualcos’altro,” aggiunse Touya, a voce più bassa, spostando lo sguardo sul finestrino in un gesto che tradiva un poco d’imbarazzo. “Sopravvivere non era nei piani, vendicarmi di te con tutto quello che avevo, invece, sì. A un certo punto, Keigo è entrato a far parte di quella vendetta ma, al contempo, c’erano dei momenti fugaci in cui stavo con lui e riuscivo a non pensare a te.” Ingoiò a vuoto per allentare il nodo che gli stringeva la gola. “L’odio è sfinente, papà, come il dolore. Keigo mi permetteva di riprendere fiato. Sia ben chiaro, la tentazione di vivere non mi ha mai toccato, nemmeno quando riuscivamo a ridere insieme. Tuttavia, mi sono detto che se proprio dovevo morire, almeno avrei saputo cosa si prova nell’essere stretto tra le braccia di qualcuno.”
Enji non disse niente e Touya continuò a guardare fuori dal finestrino, indisturbato. Si voltò solo quando sentì il suo vecchio tirare su col naso e lo trovò che piangeva a dirotto, con gli occhi fissi sulla strada. Se Touya aveva creduto che ci fosse un limite al dramma…
“Papà…” Buttò lì, sinceramente esasperato.
“Shhh… Zitto!”
“Zitto un corno, mi metti in imbarazzo così!”
“Con chi? Siamo nel bel mezzo del nulla!”
Touya si massaggiò il naso, ricordandosi che l’intelligenza di suo padre - già opinabile di base - subiva un grosso tracollo ogni volta che si lasciava andare a uno di quei piagnistei.
“Sei un piagnone anche tu,” gli ricordò la voce di Keigo nella sua testa.
“Mi disse che eri troppo consumato dall’odio,” disse Enji, “che se avessi permesso a Shouto di affrontarti con l’obiettivo di salvarti, vi avrei persi entrambi.”
Come previsto, Hawks aveva coperto tutto quello che c’era stato con un’analisi molto lucida. Touya non poteva biasimarlo.
“Beh… Aveva ragione,” disse.
La neve li rallentò al punto che quando raggiunsero Hiroshima era ormai buio. Enji lasciò il cellulare a Touya perché indagasse sulle ultime notizie del meteo, solo per scoprire che il maltempo aveva reso internet inutilizzabile. Accesero la radio e il primo notiziario che trovarono non preannunciò una notte adatta ai lunghi viaggi.
“Se continua così, mi toccherà davvero mangiare il tuo cadavere,” disse Touya, sempre pronto a mantenere i suoi standard di allegria altissimi.
“Non siamo in Siberia,” ribatté Enji, sporgendosi oltre il volante per cercare di vedere meglio la strada. “Non c‘è pericolo che accada.”
“Se avessi uno yen per ogni volta che qualcuno ha detto non c’è pericolo che accada poco prima di una tragedia.”
“Una cosa è certa, tutti e due di freddo non muoriamo.”
Touya smise di smanettare col cellulare: la linea non funzionava e cercare di dare un senso alle scritte sul display, mentre l’auto procedeva come una nave in mezzo a un mare in tempesta, gli aveva fatto venire la nausea. Guardò fuori, certo che il malessere se ne sarebbe andato da solo. Non accadde. Anzi, nel giro di un paio di chilometri peggiorò drasticamente.
Chiedere aiuto non era la reazione spontanea di Touya di fronte alle difficoltà, così provò a risolvere da solo piegando le ginocchia contro il cruscotto.
“E stai seduto composto!” Lo rimproverò suo padre. “Se inchiodo, rischi di farti molto male alle gambe così!”
Touya non lo ascoltò. Era già troppo che riuscisse a respirare.
Quando avvertì una sensazione spiacevole, bruciante, in fondo alla gola, seppe che non se la sarebbe cavata ignorando il problema e basta. Istintivamente, abbassò il finestrino, bisognoso di aria fresca.
Dal posto del guidatore, Enji lo tirò su.
“Sei impazzito?” Domandò irritato. “Vuoi farci assiderare tutti e due?”
“Non c’è pericolo che accada…” Lo canzonò Touya, troppo nauseato per condire le parole con il giusto sarcasmo.
Enji fece per rispondergli male, ma il pallore improvviso di suo figlio lo zittì.
“Touya…” Allungò la mano per stringere quella del figlio. “Stai bene?”
Il ragazzo prese un respiro profondo.
“Devo vomitare,” gemette a bassa voce.
“Eh?”
“Accosta l’auto, papà, devo vomitare…”
Endeavor fece come richiesto e l’auto scivolò a bordo della strada per qualche metro, prima di fermarsi del tutto. Non ebbe neanche il tempo di slacciarsi la cintura che Touya era già fuori, una mano appoggiata sul cofano, mentre riversava sulla neve tutto ciò che il suo stomaco conteneva.
“Touya…” Enji lo raggiunse, il cuore in gola. Sapeva che suo figlio non soffriva il freddo, ma vederlo in preda agli spasmi con solo una misera t-shirt addosso gli fece venire l’angoscia. “Sono qui, Touya,” disse, passando la mano sulla schiena del figlio in un gesto di conforto, sebbene non riuscisse nemmeno a rassicurare se stesso. “Sono qui…”
Quando il conato di vomito finì, Touya rimase chino per riprendere fiato. L’aria gelida che gli riempiva i polmoni fu come una benedizione.
“Va meglio?” Domandò suo padre, passandogli un fazzoletto per pulirsi.
Touya accettò l’offerta e annuì.
Cinque minuti dopo, si rimisero in marcia.
Nonostante la sua risaputa resistenza al freddo, il Todoroki più giovane si ritrovò a tremare. Non era a causa delle temperature, ma una conseguenza fisiologica del malore che aveva avuto. Quando nemmeno il giubbotto di pelle servì a dargli qualche conforto, Enji allungò il braccio.
“Dammi la mano,” gli disse.
Touya lo guardò storto.
“Non ho bisogno del tuo aiuto.”
“Lo so, ora dammi la mano.”
Il giovane si concesse un altro istante di ostinazione, poi accettò la proposta del padre. Sentì il suo calore risalire lungo il braccio e propagarsi in tutto il corpo.
Un istante e Touya smise di tremare.
Cinquanta chilometri dopo Hiroshima, Enji gettò le armi.
“Cerchiamo un albergo,” propose, imboccando la prima uscita dall’autostrada che incontrarono.
“Massì!” Esclamò Touya, di nuovo padrone di se stesso. “Facciamoci vedere in pubblico, così domani comparirò sulle copertine di tutte le riviste scandalistiche del paese come il nuovo amante segreto di Endeavor!”
“Non dire sciocchezze, Touya!” Ribatté Enji con forza, per nulla divertito. “Se passo una notte in albergo con mio figlio non c’è nulla di scandaloso!”
“I paparazzi vedono solo quello che vogliono.”
Non che i Todoroki non avessero mai dato scandalo, ma Enji la trovava un’esagerazione.
“Magari non ci riconosceranno neppure.”
Bastò che varcassero la porta scorrevole del piccolo albergo - non poteva avere più di venti stanze - perché si scatenasse il panico.
La signora dietro la scrivania della reception diedi di matto ancora prima che Enji avesse il tempo di aprire bocca per chiedere se una camera fosse disponibile per la notte.
“Ma lei è Endeavor!” Esplose, come una bomba, scatenando un panico che il Number One non ricordava dalla fine della guerra. In men che non si dica, tutti i presenti nell’edificio li circondarono, dal personale alla clientela impegnata a cenare nel ristorante adiacente all’ingresso.
Ed Enji se ne rimase lì, fermo in mezzo alla stanza, mente decine di sconosciuti lo toccavano e chiedevano il suo autografo. Non aveva importanza che facesse l’Hero da trent’anni, quella era e sarebbe sempre stata la parte peggiore del suo lavoro. Cercò Touya e si accorse che, quatto quatto, suo figlio lo aveva lasciato da solo a gestire quel marasma mentre lui, con i capelli bianchi nascosti da un berretto di lana, faceva il check-in armato del suo portafoglio - quando diamine glielo aveva preso?
La scena si concluse con Touya che abbandonava l’ingresso indisturbato, salutandolo con la mano libera. Lo derideva, il moccioso.
“Touuuuya!”
Troppo tardi, suo figlio era già sparito dentro l’ascensore.