Feb. 22nd, 2023

CowT13, Week 1
M2: Tananai



Katsuki era conscio, nonostante fosse circondato da persone che gli volevano bene, di non essere un gran simpaticone. Banalmente, ciò che i più trovavano divertente, per lui era solo fonte di noia o irritazione. Anche in quel momento, seduto nell coffee shop di fronte all’agenzia di Endeavor, non capiva tutta l’ilarità provocata dal giornale scandalistico tra le sue mani. Sollevò lo sguardo in cerca di un segno di comprensione dai suoi commensali, ma non fu felice di scoprire che l’unico a condividere il suo stato d’animo fosse Tenko, schiacciato nell’angolo tra la vetrata e il tavolino da Mirko, che continuava a commentare i dettagli della foto sulla rivista con Burnin’. Entrambe ridevano a crepapelle.
E Katsuki non capiva.
Nel dubbio che gli fosse sfuggito qualcosa, tornò a studiare la copertina ma riuscì a dare voce solo a un pensiero polemico: “i giornalisti non hanno altro di cui parlare?” Domandò, ricevendo subito un’occhiataccia dalle due Heroine. “Noi rischiamo il culo per salvaguardare quello degli altri e la stampa mette in copertina queste stronzate per metterci in ridi-”
“E fattela una risata, Bimbo-Bomba!” Esclamò Mirko, versando del sciroppo d’acero sulle sue frittelle. “Mangia, così smetti di essere acido.”
“Non sono acido!” Ribatté Katsuki, innervosendosi di più a ogni parola. “Ma non si può vivere con questi avvoltoi che fanno scatti a caso e li contestualizzano come cazzo pare a loro!”
“Beh…” Burnin’ si rilassò contro il divanetto. “Lavoro in quest’agenzia da anni, ma tutta quest’attenzione mediatica per il vecchio brontolone non l’ho mai vista!”
“Mi chiedo il perché…” Borbottò Katsuki, sarcastico, leggendo il titolo scritto in rosso e giallo sulla foto scura - sfocata, tra l’altro - piazzata in bella vista: Il Number Two inginocchiato di fronte a un giovane misterioso, seguito da un dov’è Hawks? in caratteri bianchi, più piccoli.
“Io sono quasi sollevata,” ammise Burnin’, ignorando deliberatamente l’occhiata scandalizzata dell’Hero più giovane. “Un tempo, si parlava di lui solo sui quotidiani, roba noiosa… Ci voleva un po’ di brio!”
“Brio?” Katsuki aveva perso il conto delle volte che la sua immagine era comparsa in testa a qualche notizia virale di poco conto - ”gossip,” sentì nella sua testa la voce di Kirishima e Kaminari che lo canzonavano, “si chiamano gossip.” - e questo fantomatico brio non lo aveva mai provato, solo una gran voglia di far esplodere una o due sedi editoriali.
“Avanti, Bimbo-Bomba!” Mirko batté l’indice sopra la rivista. “Se lo sai è divertente!”
A dirla tutta, Katsuki poteva sapere tutta la storia passata e presente di casa Todoroki, ma gli era sempre sfuggita la parte ironica del vociferato flirt tra il Number One e il Number Two. Hawks la prendeva con filosofia. Endeavor un po’ meno. Il Todoroki che si scopava il volatile per davvero - il primo uscito fuori e quello venuto peggio - sfruttava la cosa a mo’ di arma psicologica contro il padre e si divertiva senza metterci la faccia.
La copertina del giornale scandalistico aveva fatto un passo ulteriore in quella faccenda montata sul nulla: non c’erano dubbi sul fatto che l’uomo inginocchiato in mezzo al marciapiedi, come un idiota, fosse Endeavor, ma a Katsuki continuava a sfuggire cosa ci fosse di così divertente quando il ragazzo in cappotto nero che gli stava davanti era clamorosamente Touya.
“Qui si sta scambiando un figlio per un amante,” sibilò il giovane Hero, cercando di non farsi sentire dagli altri clienti del locale.
“Eeeeh!” Esclamò Burnin’.
“Ci sei arrivato!” Si aggiunse Mirko con lo stesso atteggiamento. “Certo,” aggiunse, critica. “Dopo che spieghi una battuta, non fa più ridere, ma-”
“Non è una cazzo di battuta!” Ribatté Katsuki. “E poi non ho capito questa mania di voler appioppare all’energumeno degli amanti poco più di ventenni!”
Dal suo angolino, Tenko emise un: “in effetti…”
Katsuki lo fulminò con lo sguardo.
“Stai zitto tu!”
L’ex villain gli rispose a tono: “ti stavo dando ragione!”
“Non ho bisogno che tu me la dia!”
“Buoni,” intervenne Mirko, facendo pat-pat sulla testa di Tenko con la mano protesica. Lui provò a scansare il gesto spostando la testa, ma la posizione sacrificata in cui era stato costretto non gli consentì di andare abbastanza lontano.
Ecco, quello era un genere di spettacolo che a Katsuki faceva molto ridere.
“Quanto sei bravo a fare il cane, stronzo,” infierì.
“Mai quanto te, Dynamight.”
Il giovane Hero fu a tanto così da tirargli addosso il tavolo con sopra la colazione di tutti e la dannata rivista, ma l’arrivo di Hawks lo fermò.
“Buongiorno,” disse, col tono di chi non pensava davvero lo fosse, poggiando sul tavolo una tazza di caffè nero che fece inarcare le sopracciglia persino a Katsuki.
Ooooh...” Mirko simulò un’espressione dolente. “Brusco risveglio,” dedusse.
Hawks simulò alla perfezione un sorriso amichevole, che non nascondeva così bene la sua voglia di mandare tutti al diavolo e volare il più lontano possibile dalle sue responsabilità.
“No, è facile rifiutare i bruschi risvegli,” disse, mostrando a tutti il display del cellulare, su cui risultavano ben ventisette notifiche di chiamata senza risposta. “Basta ignorare i problemi.”
Mirko incrociò le braccia sul tavolo e si sporse in avanti.
“Quindi pensi di fuggire in Messico per le prossime due settimane?”
“Fermi!” Ringhiò Katsuki. “Lui non trova questa stronzata divertente, ma non si deve sorbire le vostre critiche canzonatorie?” Domandò, sventolando la rivista con rabbia.
“Lui si prenderà le ondate d’isteria da entrambe le parti,” chiarì Burnin’, concedendo al Number Two un’occhiata comprensiva. “Non ha davvero motivo di ridere.”
“Qui è Endeavor che proprio non riesce a prenderla a ridere,” disse Hawks, facendo segno all’Hero più giovane di passargli la rivista.
“Sentito, Bimbo-Bomba? Touya è più simpatico di te,” disse Mirko, poi si rivolse all’ex villain. “E anche di te.”
Tenko fece una scrollata di spalle.
“Convivici in galera per mesi e poi ne riparliamo,” ribatté.
Hawks ignorò il battibecco per studiare con attenzione il disastro mediatico in formato cartaceo tra le sue mani.
“Oddio…” Sospirò, già stanco a inizio giornata.
“Dammi un’anteprima di quello che troverò al lavoro,” lo punzecchiò Burnin’. “Qual è il motivo per cui il Capo sta dando di matto, il fatto che abbiano scambiato Touya per il suo amante o il SexyShop davanti a cui hanno fatto la scena?”
“Le ventisette chiamate senza risposta sono lì perché non voglio saperlo,” rispose Hawks, senza smettere di sorridere in quel modo finto.
Katsuki alzò gli occhi al cielo: tempo di finire quella tazza di caffé nero e il volatile sarebbe corso - o meglio, volato - in coccorso del suo Todoroki preferito - l’energumeno. Touya era quello con cui Hawks andava a letto, ma ancora insistevano sul dichiararsi antipatia reciproca in pubblico, col risultato che Endeavor era il solo a crederci.
“Hawks, puoi anche girarlo al contrario, il SexyShop sullo sfondo è sempre bello visibile!” Esclamò Mirko, provocando un attacco d’ilarità a se stessa e a Burnin’.
Era la seconda parola che la parola SexyShop veniva pronunciata, ma Katsuki la sentì chiaramente solo in quel momento.
“Che c’entra il SexyShop?” Domandò.
Le due Heroine lo fissarono, esasperate.
“Ha spiegato la battuta senza capirla realmente,” disse Mirko. “Hawks, dai qua!” Strappò la rivista di mano all’Hero alato per obbligare il più giovane ad analizzarla una seconda volta, con rinnovata attenzione.
Katsuki si ritrovò a fissare la faccia stupidamente disperata di Endeavor, mentre se ne stava con un ginocchio a terra, implorante. Perché nessuno si stava chiedendo che cazzo avesse fatto Touya per costringerlo in una simile posizione?
Fece per esprimere tale perplessità ad alta voce, quando Mirko cominciò a battere l’indice su un dettaglio sulla parte alta della foto: l’insegna al neon viola di un SexyShop, insieme al titolo fuorviante della rivista, facevano da cornice alla foto di padre e figlio in un modo che fece venire a Katsuki dei brividi tutt’altro che piacevoli.
Allontanò il giornalaccio con un gesto secco e le altre due risero.
“Ora ha capito,” disse Mirko.
“Sì, ma è comunque troppo per i suoi occhi innocenti,” aggiunse Burnin’.
Risero di nuovo, mentre Katsuki sibilava loro di stare zitte.
Solo l’arrivo di Izuku e Shouto - di ritorno dal turno di notte - riuscì a convincerle ad avere un minimo di ritegno.
“Scusate il ritardo,” disse il primo, con l’educazione che lo contraddistingueva. “Ci hanno trattenuti in ufficio.”
Ufficio. Quello di Endeavor.
Mentre Izuku si sedeva accanto a Burnin’, Katsuki - e il resto del tavolo con lui - lanciò un’occhiata inquisitrice a Shouto, che si lasciò cadere - emettendo un sonoro thud nel processo - alla destra di Hawks. Era sfinito, il viso contratto in un broncio che lui e Izuku conoscevano dall’inizio del liceo e che era sempre segnale di sciagura - spesso familiare.
Le due stronze - Katsuki non sapeva davvero in che altro modo definirle - furono pietose per il tempo di un respiro, ma la mano comprensiva del Number Two raggiunse la spalla del giovane Todoroki prima che potessero aprire bocca e accoglierlo con altre stronzate.
Hawks prese un respiro profondo: “in una scala da uno a dieci, quanto-?”
Troppo,” lo interruppe Shouto, secco.
Katsuki sentì tanto caldo e, subito dopo, tanto freddo e l’esperienza gli suggerì che non poteva trattarsi di semplice soggezione.
Hawks si massaggiò la fronte e il giovane Bakugou poté giurare di sentire la voce dei suoi pensieri che contava fino a dieci.
“Puoi anticiparmi la dinamica degli eventi?” Domandò. Lo sforzo che stava facendo per mostrarsi sorridente e positivo sarebbe stato palese anche all’ultimo dei ciechi.
“Ho messo insieme i pezzi tra un urlo e l’altro,” cominciò a raccontare Shouto, gli occhi eterocromatici fissi in un punto nel vuoto. “Credo…”
Le labbra di Hawks disegnarono di colpo una linea retta.
“Urlava anche Touya?” Domandò, atterrito.
“Non all’inizio,” chiarì Shouto. “All’inizio rideva, prendeva in giro papà, poi penso si sia stufato…”
“Bene,” concluse Hawks, con l’atteggiamento di resa di un condannato a morte. “A tratti benissimo.”
“Hawks, a te faremo il funerale dopo,” disse Mirko, togliendo la rivista a Katsuki per farla scivolare sotto gli occhi di Shouto. “Hai idea del perché fossero lì?” Domandò, malefica, indicando l’insegna viola del SexyShop.
Il viso del giovane Todoroki si animò di nuova vita e guardò la foto come se non l’avesse mai vista prima, anche se Katsuki aveva il sospetto che gran parte delle copie stampate ora fossero nell’ufficio dell’energumeno, per essere sottratte all’occhio pubblico. Come se servisse a qualcosa nell’era del web.
“Non erano ,” disse Shouto. “Erano di passaggio lì davanti, ma non credo siano andati in un SexyShop.”
Katsuki guardò Hawks.
Hawks guardò Katsuki.
Poi entrambi fissarono le due dal lato opposto del tavolo.
“È un negozio come un altro!” Si difese Mirko, come se fosse l’inizio di un discorso contro i perbenisti e il bigottismo.
“Touya ed Endeavor,” disse il Number Two ad alta voce, come se l’idea taciuta non fosse abbastanza orribile così. “In un SexyShop.”
Burnin’ alzò le spalle.
“Magari voleva regalargli una scatola di preservativi formato scorta,” propose. “I SexyShop sono gli unici negozi che fanno quel genere di offerte ed è conveniente, lo consiglio!”
Su Endeavor che regalava dei preservativi a Touya, Hawks abbandonò tutte le armi, incrociò le braccia sul tavolo e vi nascose il viso, come se stesse per mettersi a piangere.
A peggiorare le cose fu Shouto.
“No, non credo. Papà è convinto che siamo tutti illibati,” disse, ingenuamente.
Katsuki ne era certo, se Hawks avesse potuto, sarebbe scivolato sotto il tavolo e sarebbe morto lì. E lui lo avrebbe seguito.
Tanto più quando le due sceme guardarono Shouto con perplessità e sospetto.
“Perché ha parlato al plurale?” Domandò Mirko a Tenko.
Quest’ultimo alzò le mani, come a dire che non aveva nulla da nascondere.
“Io non so niente!” Esclamò, manco lo avessero accusato di un crimine - l’ennesimo - orribile. “Non chiedermi niente!”
Tipico atteggiamento di chi, palesemente, sapeva, eccome se sapeva.
Izuku, che aveva ben pensato di togliersi dall’impaccio per tutta la conversazione fissando qualsiasi cosa che non fosse il viso dei presenti, scelse proprio quel momento per iniziare a panicare.
“O-Ordiniamo che ne pensate?!” Domandò, con una voce di almeno tre ottave più alta del normale.
Katsuki decise di riportare l’ordine spostando l’attenzione di tutti sull’argomento principale di quel teatrino.
“Ma perché Endeavor era in ginocchio?” Domandò, senza gentilezza, come se l’atto l’offendesse in prima persona.
Anche Hawks sollevò il viso, animato dalla stessa curiosità.
“Penso che papà abbia proposto a mio fratello qualcosa, forse prendere un caffè insieme e fare due parole,” rispose Shouto. “Con certezza so solo che Touya gli ha risposto: prova a chiedermelo in ginocchio. E papà si è inginocchiato.”
Fu il turno di Katsuki di avere una crisi di panico.
Premette forte le labbra e cominciò ad affettare le sue frittelle - ormai fredde. Tutto pur di cacciare indietro l’attacco d’ilarità che lo aveva colpito tra capo e collo non appena Shouto aveva finito di parlare. Non sapeva se era la storia in sé o il fatto che potesse vedere la scena davanti ai suoi occhi come un film, ma improvvisamente tutta la storia della foto davanti al SexyShop lo faceva ridere, ma non voleva dare alle due cretine la soddisfazione di scendere al loro livello.
S’infilò un pezzo di frittella in bocca come se dovesse cacciarselo direttamente in gola, e prese a masticare con rabbia. Un po’ alla volta, sentì la tensione delle risa non sfogate passare e s’illuse di essere al sicuro. Prese il bicchiere col succo di frutta alla pesca davanti al suo bicchiere, certo che dopo aver bevuto avrebbe di nuovo avuto il pieno controllo di sé.
Tragicamente, il suo sguardo incrociò quello di Tenko, concentrato quanto lui a non scoppiare a ridere per la ridicola storiella del Todoroki padre col Todoroki figlio.
Capitolarono tutti e due, il giovane Hero più rovinosamente dell’ex villain.
Katsuki un po’ sputò, prendendo Tenko in faccia, un po’ si strozzò col poco succo di frutta che aveva ingoiato. Mentre era certo di morire, qualcuno - forse Hawks - cominciò a prenderlo a pacche sulla schiena.
Mirko, intanto, commentava vittoriosa: “almeno ha riso.”
COWT13, Week 1
M2: Tananai


Todoroki Enji era un genitore ansioso.
Era una realtà con cui era riuscito a fare i conti - per modo di dire - molto tardi, durante l’adolescenza del suo quartogenito che, tanto per facilitare le cose, era avvenuta in parallelo con il più grande conflitto tra Hero e Villain della storia.
Forse era una sorta di effetto compensatorio per le sue mancanze passate o semplice stupidità, magari stava diventando pazzo o, come piaceva sostenere a Touya, era la demenza senile che avanzava, ma Todoroki Enji non poteva dichiarare chiusa la giornata senza sapere con esattezza dove fossero e cosa stessero facendo i suoi figli.
Rei era straordinariamente collaborativa nel tranquillizzarlo, mandandogli un messaggio ogni volta che Fuyumi e Natsuo rientravano a casa dai rispettivi impegni. Col maggiore e il minore, rispettivamente un agente segreto e un giovane Hero debuttante, la storia era completamente diversa.
Enji avrebbe voluto essere semplicemente felice di averli ancora entrambi a casa, con lui, essere orgoglioso di loro e dimostrarlo, ma la verità era che se Touya e Shouto erano in missione, ogni ambulanza che sfrecciava per la strada a sirene spiegate poteva essere per loro. E la colpa era sua, solo sua, perché i suoi figli non si erano messi da soli su quella strada di grandi imprese e pericoli mortali dietro ogni angolo, no, ce li avevi spinti lui - con particolare forza - e ora ne pagava le conseguenze.
Quando Enji era venuto a conoscenza della gravidanza di Touya, superato il trauma iniziale, aveva quasi - quasi - tirato un sospiro di sollievo: la situazione delicata gli concedeva almeno un anno di fronte in cui avrebbe avuto il suo primogenito sotto gli occhi, mentre Shouto, che era leggermente più gestibile, avrebbe continuato a lavorare alle sue dipendenze.
In prima battuta, Enji aveva visto solo il lato positivo - avere Touya a casa, al sicuro, con lui e abbastanza tempo a disposizione per provare a parlare di uno strappo troppo difficile da ricucire - poi la pancia aveva cominciato a vedersi e la realtà lo aveva colpito impietosa.
“Il nostro bambino sta per avere un bambino,” si disperò al telefono, sul marciapiede di fronte alla vetrata della pizzeria in cui aveva portato i ragazzi a mangiare, mentre l’emoji a cuore dell’insegna del SexyShop dall’altra parte della strada lo derideva bellamente.
La risata sobria di Rei lo raggiunse attraverso la cornetta.
“Sì, Enji, me lo ricordo.”
Bene, perfetto, lo prendeva in giro anche lei.
“E tu riesci a dormire sonni tranquilli?” Domandò il Number One. Per lui non era neanche pensabile.
“La tranquillità è una pretesa un po’ superba con dei figli come i nostri,” rispose la sua ex moglie. “E la gravidanza è un momento delicato, so cosa sta vivendo Touya, cosa lo aspetta e questo non può non darmi pensiero.”
Enji infilò la mano libera, quella sana, nella tasca del cappotto.
“Ma sembri accettarlo con tanta serenità…”
La sua era pura invidia. Se fosse riuscito a mettere in fila le sue emozioni in modo da tramutarle in parole, forse non avrebbe versato in uno stato tanto miserabile.
“Perché tu non ci riesci?” Gli domandò Rei, paziente.
Enji lanciò un’occhiata alla pizzeria alle sue spalle: il tavolo dei ragazzi era proprio accanto alla vetrata e Touya era quello seduto più vicino all’ingresso. Trafficava col cellulare - di Shouto, perché a lui non era permesso averne uno - forse per capire che cosa stesse trattenendo Hawks dal raggiungerli. Il Number One avrebbe pagato tutto l’oro del mondo per sapere che cosa gli passasse per la testa ma, occhio e croce, non sembrava afflitto da nemmeno metà dei suoi pensieri.
“Enji?”
Nel sentire la sua ex moglie pronunciare il suo nome, l’Hero si riscosse.
“Sì?”
“Che cos’è che ti spaventa tanto?”
Tutto.
“Appena ieri, Touya aveva cinque anni,” disse Enji, senza pensare. Perché quando il suo primogenito sorrideva - non a lui, mai a lui - non poteva fare a meno di rivedere quel bambino che gli mostrava il pugno avvolto dal fuoco, tutto orgoglioso. Quanto odiava se stesso per non essere riuscito a vedere la perfezione di quei momenti, per aver distrutto quell’innocenza, riducendola in cenere e ombra. Non possedeva ricordi simili con nessun altro dei suoi figli, nemmeno con Shouto.
Enji non era nemmeno sicuro che Shouto gli avesse mai sorriso da bambino.
Ed eccoli lì, i suoi ragazzi, ventisei e diciotto anni, seduti l’uno accanto all’altro in una pizzeria del centro, circondati dagli affetti che si erano creati - compreso quello che li legava l’uno all’altro - mentre lui stava avendo una crisi di panico sul marciapiede.
Appena ieri, Touya era morto. Fu quello che Enji non disse. Appena ieri, Touya era Dabi.
Quando Rei parlò di nuovo, l’Hero percepì il sorriso nella sua voce e la stessa amarezza che appesantiva il suo cuore: “Touya è diventato grande, Enji,” mormorò. “Fino a poco tempo fa, pensavamo che questo ci fosse stato strappato per sempre. Guardalo…”
Enji lo fece: Touya stava ancora digitando un messaggio sul display del cellulare ma quando Shouto allungò la mano sotto il tavolo per accarezzargli la pancia, si sorrisero l’un l’altro per un breve istante.
“Non pensi sia bellissimo?” Domandò Rei nel suo orecchio.
Enji distolse immediatamente lo sguardo per non dover affrontare una crisi di pianto nel bel mezzo della strada. Si schiarì la voce con un colpo di tosse.
“Porta quella pancia con una naturalezza…” Bofonchiò, quando fu di nuovo in grado di parlare.
“Si vede appena,” ridacchiò Rei.
“Io la vedo eccome,” ribatté Enji. “Non posso fare a meno di guardarla.” Una pausa. “C’è un bambino lì dentro, Rei.”
Punto a capo. E il delirio ricominciava, ma la sua ex moglie ormai rideva bonariamente della sua stupidità.
“Ci vorrà tempo per abituarsi all’idea,” gli concesse Rei. “Siamo solo all’inizio, forse nemmeno Touya e Hawks si rendono conto di quello che sta succedendo, ma è facile che felicità e paura si sovrappongano durante una gravidanza e anche dopo, quando ti ritrovi un bambino tra le braccia che dipende da te e non hai idea di cosa fare. Siamo gli unici genitori che hanno, dobbiamo rimanere saldi, per loro.”
Più che saldo, Enji si sentiva sull’orlo di un precipizio, ma era troppo orgoglioso per ribadirlo. L'obiettivo, in fin dei conti era sempre lo stesso: doveva - e voleva - esserci per Touya, anche se suo figlio lo avrebbe odiato per il resto della vita.
“Papà?”
Fu proprio il suo primogenito ad affacciarsi per accertarsi di cosa stesse facendo.
“Stai parlando con Keigo?” Indagò.
Enji sapeva di essere paranoico ma, prima di rispondere, lo squadrò da capo a piedi per valutare se la felpa nera che aveva addosso fosse sufficiente a coprire la pancia. Oggettivamente lo era, eppure il Number One continuava a vedere cosa ci era nascosto sotto.
“Papà?” Lo richiamò Touya, insofferente,
Enji sussultò.
“Sì?”
“Stai parlando con Keigo?”
“No, con tua madre.”
“Ah…” Commentò suo figlio, deluso. “Rientra, almeno ordiniamo. Stiamo tutti morendo di fame.”
Perché Touya non poteva avere un figlio con un bravo ragazzo qualunque, no, doveva mettere su famiglia con l’Hero Number Two del paese, addestrato dal governo stesso, coinvolto in faccende di cui Enji non poteva sapere i dettagli per la sua sicurezza e quella nazionale. In conclusione, non solo si preoccupava per Touya e per Shouto, ma si dava pensiero anche per Hawks. Poi c’erano i giorni in cui Deku e Dynamight decidevano di provare a morire sul posto di lavoro e…
Enji scosse la testa: era troppo stanco per riflettere su tutti i possibili futuri tragici dei ragazzi.
“Rei?”
“Sei più tranquillo ora?”
Decise di essere onesto: “farò finta di esserlo.”
“Hai portato i ragazzi fuori?”
“Io e AllMight abbiamo deciso di offrire a tutti una pizza.”
Faceva già ridere così, senza ulteriori spiegazioni.
“Divertitevi, allora.”
Tra un pensiero paranoico e l’altro, pensò Enji.
“Grazie, Rei.”
“Quando hai bisogno, chiama.”
Rei era una spalla in tutto ciò che riguardava i ragazzi e il Number One non si sarebbe mai permesso di chiederle qualcosa di più, anche se Touya non rendeva le cose facili a nessuno dei due.
Entrando in pizzeria, fu accolto dalle lamentele rabbiose di Katsuki, accompagnate da quelle più contenute di Touya. Izuku gli fece piacere di quietare il suo amico d’infanzia, mentre Tenko beveva la sua acqua come se non lo avesse neppure visto.
“Smettetela di fare casino e decidete cosa ordinare,” disse Enji, prendendo posto accanto all’unico uomo che, insieme a lui, alzava notevolmente l’età media di tutto il tavolo.
“Un’emergenza?” Domandò AllMight gentilmente.
Sapeva bene che i turni di un Hero erano solo una bella bugia per illudersi di avere una routine e più si era in alto in classifica, meno era facile avere una vita. Enji non si era mai fermato a rifletterci, ma l’uomo mingherlino che gli era accanto era l’unico Hero in vita, insieme a lui, a conoscere il peso del titolo di Number One.
“No,” rispose Endeavor. “Era mia moglie.”
Ex-Moglie. Doveva ancora farci l’abitudine.
“Ti hanno fatto impazzire?” Aggiunse, come se tutti e cinque i ragazzi seduti al tavolo fossero roba sua e la loro condotta fosse una sua responsabilità.
“Oh, no, i tuoi ragazzi sono molto tranquilli e quando è in compagnia, Tenko parla a stento,” rispose AllMight. “È il giovane Bakugou a portare scompiglio con i suoi malumori, di solito e il giovane Midoriya, per cercare di calmarlo, contribuisce alla confusione, ma è un terreno su cui so come muovermi.”
Già, si ricordò Enji, i due impiastri freschi di diploma che aveva assunto insieme a suo figlio si potevano definire entrambi eredi di AllMight. A volte lo dimenticava, forse perché li aveva avuti sotto gli occhi dal loro primo anno di liceo.
“So che ci siamo già visti dopo la notizia del futuro lieto evento, ma non abbiamo avuto modo di parlarne,” disse l’ex Number One, azzardando un’amichevole pacca sulla spalla del suo successo. “Congratulazioni.”
Istintivamente, Enji guardò Touya, che stava di nuovo cercando tracce di Hawks nell’archivio messaggi del cellulare di Shouto.
“Grazie,” rispose, senza nessuna particolare informazione.
“Il giovane Touya sembra stare bene,” aggiunse AllMight.
Enji non poteva dirgli che viveva nel terrore che Touya non stesse affatto bene, ma non glielo dicesse.
“Pensi che si veda?” Domandò, invece.
L’uomo al suo fianco lo guardò con perplessità.
“Prego?”
“La pancia ha cominciato a vedersi nell’ultima settimana,” spiegò Enji, cercando di celare l’imbarazzo. “Vorrei capire se un occhio esterno è in grado di notare qualcosa.”
“Ammetto che quando si è alzato per chiamarti, nulla mi è saltato all’occhio,” disse AllMight.
“Bene.”
“Quando dovrebbe nascere?”
“Ad agosto.”
“I ragazzi mi hanno detto che già sapete il sesso.”
“Sì,” confermò Enji. “È un maschio.”
La notizia lo aveva gelato senza un reale motivo. L’idea astratta di un bambino che cresceva nella pancia del suo primogenito era già traumatica di per sé, sapere che era un maschietto aveva dato a tutto maggiore concretezza. Era stato lo stesso per Hawks, ma la sua reazione non era stata quella di uno stupido pezzo di ghiaccio. No, il Number Two si era emozionato ed Enji poteva giurare di non averlo mai visto così.
Ordinarono e non appena il cameriere si fu allontanato, il Number One scorse i nomi delle pizze scritte sul menù-tovaglietta per controllare gli ingredienti di quella ordinata dal suo primogenito. C’erano alimenti pericolosi per la gravidanza e la sua ansia gli ordinava di assicurarsi che Touya non si fosse distratto nella scelta.
Gli venne un dubbio.
“Scusami,” disse, rivolgendosi ad AllMight, poi tirò fuori il cellulare dalla tasca. Questa volta, certo che sarebbe stato una conversazione veloce, non si alzò.
Rei rispose dopo tre squilli.
“Enji?”
“Rei, hai idea se Touya possa mangiare piccante?”
“Se ne ha voglia, sì, basta che sia tutto cotto. Ma, Enji, io sono certa che Touya sappia benissimo cosa può mangiare e cosa no.
“Lui sì, io no.”
E la sua mania del controllo gli imponeva di cercare certezze anche negli affari che non lo riguardavano.
“Oh, Enji, questo bambino non lo devi mica partorire tu-“
Rei lo prese in giro, poi tentò di tranquillizzarlo ma Enji si perse a metà del discorso: Hawks varcò l’ingresso della pizzeria con ancora la divisa da Hero addosso e Touya si decidete a restituire il cellulare al fratello minore.
Il suo primogenito fu contenuto, non disse niente, ma lo sguardo dei suoi occhi turchesi espresse quanto bastava.
“Mi hanno convocato per dei documenti urgenti per il tuo congedo parentale,” disse Hawks, tirando fuori tre fogli dalla tasca interna della giacca. “Due firme e poi mangiamo la pizza.”
Touya alzò gli occhi al cielo, afferrando la penna che il compagno gli offriva.
Appena il tempo di scrivere Todoroki sul primo spazio in bianco che Shouto s’intromise: “quello non è un documento per il congedo parentale.”
La mano di Touya smise di scrivere immediatamente, guardò suo fratello e poi si disturbò a leggere cosa stava firmando.
Enji vide i suoi occhi turchesi animarsi di una luce che non conosceva.
Touya abbandonò la penna sul tavolo e quando cercò lo sguardo di Hawks, era palesemente senza parole. Shouto, accanto a lui, versava nel medesimo stato.
Enji non capiva che cosa stesse succedendo. Continuava a sentire la voce di Rei nel suo orecchio, ma non riusciva a capire neanche una parola.
In quell’atmosfera attonita, Dynamight allungò il collo per capire che cosa ci fosse scritto su quei fogli di tanto sconvolgente. Tenko cercò di fare la stessa cosa, ma in modo più discreto. Quando Deku se ne accorse e li rimproverò tutti e due, era già troppo tardi.
Ci fu un breve coro di: “Ma che cazz-“
Interrotto da Hawks che si rivolgeva a Touya con fare solenne.
“Dì di sì.”
Touya si decise ad aprire la bocca, ma gli uscì solo una risata nervosa.
“Non me lo hai chiesto neanche,” obiettò.
“Vuoi che te lo chieda come comanda la tradizione? Va bene.”
Non appena Hawks appoggiò un ginocchio a terra, Enji ebbe una vaga idea di quello che stava accadendo davanti ai suoi occhi e si sentì morire.
“Todoroki Touya.” Hawks prese la mano di suo figlio come se fosse sua e ne avesse il diritto. “Vorresti essere mio complice in questa pazzia e sposarmi?”
Era quello il momento in cui Enji, in quanto padre, si alzava e tuonava un io mi oppongo? Saperlo non gli sarebbe servito a niente, perché non riusciva a respirare, figurarsi a parlare.
Preso dall’emozione della scena, AllMight mise da parte le formalità e gli strinse un braccio. Deku ebbe la stessa reazione, aggrappandosi a Katsuki a destra e a Tenko a sinistra.
Mentre tutti i presenti nella pizzeria avevano abbandonato la loro cena per essere testimoni della scena, tra qualcuno che gridava ”ma è Hawks!” e qualcun altro che ribatteva ”ma quello è il figlio di Endeavor!”, come se Enji non fosse lì di persona, ad appena un metro, Touya si decise a dischiudere le labbra per rispondere…
“Avete il Sexy Shop dietro,” disse Tenko, sollevando l’indice per indicare l’insegna che, oltre la vetrata, faceva da cornice superiore alla scena romantica. “Number Two, stai facendo la proposta di matrimonio con il SexyShop sullo sfon-“
Un bicchiere volò in direzione di Tenko, lo colpì sul naso e poi andò in mille pezzi sul pavimento.
L’atmosfera era stata distrutta e Touya, per carattere, non concedeva il perdono a nessuno.
“Ma tu perché non sei morto quando dovevi morire?” Sibilò.
“Potrei dire la stessa cosa di te!” Ribatté Tenko, con voce nasale, mentre si copriva il naso leso.
Deku si aggrappò al braccio di Tenko e AllMight corse in suo soccorso, mentre Shouto e Hawks cercavano di tenere Touya seduto.
Dynamight era l’unico personaggio in scena apparentemente felice: “rissa!” Esclamò, battendo le mani sul tavolo.
“Enji!”
La voce allarmata di Rei riscosse Endeavor dal suo stato catatonico.
“Enji, sei ancora lì? Che sta succedendo?”
“…Ti richiamo.”

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odetjoy

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